Un'opera diManca in mostraUn’opera diManca in mostra

Trent'anni di associazione – La mostra di Bruno Manca al liceo scientifico Arturo Tosi, prorogata fino al 16 dicembre, è un omaggio ai trent'anni dalla fondazione dell'Associazione Liberi Artisti di Varese. Un appunto che Manca ci tiene a sottolineare e mettere bene in evidenza. Si tratta di un anniversario importante. E per questo la sede della scuola bustocca assurge a veicolo di informazione per i più giovani, per avvicinarli all'arte e alle sue molteplici espressioni. Manca espone le sue opere in una cornice molto particolare: a contorno infatti le sculture di due artisti di grande calibro, Istvan Madarassy e Harry Rosenthal.

Parole primitive – Nella grande sala messa a disposizione dalla scuola, i quadri di Manca lanciano messaggi trasversali. "La vita è fatta di pagine che devono essere sfogliate", commenta Manca di fronte alle tele squarciate da cui emergono parole, fogli di giornale, scritte a mano come lettere e poesie dirette a chi osserva. Ma queste pagine non devono essere dimenticate, queste parole vanno rilette, giorno dopo giorno e impresse nella memoria. Ogni giorno è una pagina da scrivere, da meditare, da ricordare. I quadri dell'artista sono così originali da lasciare un segno indelebile, nella loro estrema semplicità: sul colore compaiono segni primitivi, come graffiti emersi dalle profondità di una caverna preistorica per un ritorno alle origini della natura umana. Semplice e al contempo complesso è invece il materiale che Manca usa sulla tela, fatto di polveri sapientemente lavorate e mescolate, con gettate di colore che mano a mano si stemperano fondendosi con il pensiero dell'artista che attende, osserva, finchè il quadro, strato dopo strato, si asciuga per consentire un nuovo intervento. Un lavoro lungo e incessante, fatto di pause e di ripensamenti, di guizzi creativi.

Un'opera di MadarassyUn’opera di Madarassy

Budapest, mon amour – A cornice della mostra di Manca, nel corridoio adiacente, il visitatore rimane stupito e assorto di fronte alle sculture di Istvan Madarassy, artista ungherese famoso a Budapest, che è accorso a Busto Arsizio subito dopo aver smontato la sua mostra a Parma per regalare emozioni attraverso le sue opere bizzarre. Mani che si protendono fuori da cornici dorate, busto di Giuseppe Verdi, angeli in volo su lastre di rame iridescenti. Madarassy colpisce per la sua eccentricità a cui si contrappone la stilizzata produzione scultorea di Harry Rosenthal, artista austriaco, nato a Vienna nel 1922, che dal 1959 vive e lavora a Milano.

L'insostenibile leggerezza dell'essere – Le opere di Rosenthal hanno quel non so che di leggero, di liberatorio: la materia (bronzo e ferro) anziché appesantire dando spessore alle sue figure, le anima di una levità unica, e di una sorprendente valenza spaziale, intrecciate a presenze astratte come cerchi e spirali. Il bronzo e il vetro si fondono rendendo palpabile l'idea di un gesto, di uno slancio, e sono il risultato di una lunga riflessione sulla vita e i rapporti umani. Diventano così la trasposizione di sentimenti forti dell'esistenza come l'amore, l'amicizia, la fedeltà e la speranza. Fondamentale e sapiente è in Rosenthal lo studio dei rapporti tra vuoti e pieni, con una predilezione sempre più marcata per i vuoti.