Un libro tutt'altro che semplice, il suo; molto denso, pieno di riferimenti filosofici e letterari, di cui l'Autore si serve per analizzare movimenti, stili, progetti, soffermandosi sul cambiamento del ruolo del critico nel tempo, sulla svalutazione del linguaggio, sullo slittamento verso un nichilismo di fondo con esiti talora paradossali, fino alla disillusione o all'illusione totale. Un libro per esperti del settore ma anche per chi non abbia timore di affrontare, attraverso un discorso multidisciplinare, una dimensione più ampia in grado di dare un'interpretazione allo sviluppo urbanistico e territoriale del nostro Paese, e non solo, magari non sempre condivisibile, ma decisamente stimolante.

L'Autore ne ha discusso con Italo Rota, Marco De Michelis e Stefano Boeri. L'idea base di Mosco è stata quella di analizzare le vicende politico sociali degli ultimi quarant'anni mettendole in parallelo con quelle dell'architettura, cercando di individuare un disegno complessivo che, alla fine, sembra simile a un arabesco e che mette in evidenza un eclettismo e una vitalità di fondo dell'architettura italiana.
Non sono mancate voci discordanti in merito a questa impostazione. L'architetto Italo Rota ha trovato eccessivamente forzata l'idea di voler collegare aspetti politici e scelte architettoniche. Inoltre, non ha riconosciuto la centralità del ruolo svolto da Renzo Piano e Massimiliano Fuksas, pur senza negare le qualità dei due personaggi. Rota, pur apprezzando il lavoro compiuto dall'Autore, si attendeva un maggiore respiro nel delineare gli orizzonti dell'analisi svolta, comprendendo anche categorie trascurate, come, ad esempio, l'architettura di interni. Anche Marco De Michelis, professore all'Università di Venezia, pur riconoscendo l'originalità e l'audacia della scelta compiuta da Mosco, si mostra più pessimista e riconosce che dagli anni Novanta l'architettura italiana si trova ad affrontare una crisi drammatica. Aumentano gli studenti in questa materia ma mancano i sistemi di selezione, come i concorsi. In Italia ci sono più architetti che nell'intera Comunità europea. Ma i lavori sono pochi e quelli più importanti vengono attribuiti agli studi sulla base del fatturato realizzato, escludendo automaticamente dal giro i giovani architetti. Valerio Paolo Mosco, per rispondere alle critiche, ha tenuto a precisare che il suo non è stato volutamente un lavoro di taglio storico ma ispirato a un principio critico, di stampo crociano, rileggendo il passato attraverso una rivisitazione di avvenimenti significativi della vita politica, economica, sociale del paese che hanno in qualche modo condizionato i progetti, le mostre, i testi teorici di questa disciplina.

Il libro era inizialmente nato per presentare l'architettura italiana agli studenti spagnoli ai quali insegnava, e per farlo Mosco si è servito di alcuni espedienti, operando anche delle manipolazioni, senza attribuire valore di ricostruzionestorica alla sua ricerca, ma con l'intento di cogliere un certo rispecchiamento tra l'egemonia culturale della sinistra e le vicende legate all'architettura.

 
Anche Stefano Boeri, intervenuto successivamente, ha colto l'originalità del contributo del libro di Mosco, segnalando che forse sarebbe stato opportuno ricordare tra gli altri anche Giò Ponti e Vico Magistretti che nel disegno complessivo delineato dall'Autore mancano.

L'opera, in ogni caso, al di là di qualche lacuna, proprio per la capacità di stimolare osservazioni e interpretazioni diverse, merita di essere letta, anche per la scorrevolezza del testo e i numerosissimi riferimenti alle idee, ai dibattiti di cui Mosco si fa portatore tra continuità e discontinuità del passato, tra modernità e post moderno, nel nome di un eclettismo che l'Autore auspica comunque venga superato per far ritrovare all'architettura italiana nuove possibilità espressive.

Valerio Paolo Mosco
Architettura italiana dal postmoderno ad oggi

Skira Editore
Pag. 184, euro 23,50