Le violon d'Ingres, 1924, new print 1980 ca. Courtesy FondazioneLe violon d'Ingres, 1924, new print 1980 ca.
Courtesy Fondazione Marconi, Milano
Man Ray Trust/ Prolitteris, Zurigo

La mostra curata da Guido Comis, Marco Franciolli e Janus in collaborazione con la Fondazione Marconi di Milano presenta una ricca selezione del lavoro di Man Ray, affiancando alle opere più note come Le violon d'Ingres e Cadeau, ormai diventate icone del Novecento, opere che ripercorrono i vari periodi di attività dell'artista e che evidenziano la presenza di temi costanti all'interno della sua produzione fotografica, pittorica e cinematografica, come la maschera e il rapporto tra realtà e finzione.

Il percorso espositivo, articolato in quattordici sezioni, parte dagli anni '10 quando l'artista, nato nel 1890 da una famiglia di immigrati russi di origine ebraica, decise di dedicarsi all'arte e iniziò a sperimentare le più svariate tecniche, dalla pittura al collage all'uso dell'aerografo, dimostrando fin da subito il suo spirito anticonvenzionale. Nel 1911 Man Ray conobbe il fotografo Alfred Stieglitz, che nella sua galleria esponeva fotografi e artisti d'avanguardia, e nel 1915 Marcel Duchamp, con cui strinse un forte rapporto di

Cadeau, 1974 (replica dell’originale, 1921) Courtesy FondazionCadeau, 1974 (replica dell'originale, 1921)
Courtesy Fondazione Marconi, Milano
Man Ray Trust/ Prolitteris, Zurigo

amicizia oltre che di collaborazione artistica e con cui condivise la passione per gli scacchi. Sono questi solo due dei significativi incontri che la mostra ripercorre attraverso i ritratti scattati da Man Ray ad alcuni dei più importanti protagonisti del mondo artistico e letterario a lui contemporaneo, tra cui André Breton, Alberto Giacometti, Pablo Picasso e Henry Matisse, esposti insieme alle opere del periodo dadaista e surrealista. Tra queste alcuni dei suoi più noti oggetti d'affezione, oggetti trovati e modificati dall'artista e intitolati con giochi di parole, come Cadeau, un ferro da stiro reso inutilizzabile da una fila di chiodi saldati sulla piastra e Oggetto da distruggere, un metronomo alla cui asta è stato aggiunto un occhio, motivo ricorrente nell'opera di Man Ray che spesso ha sottolineato ironicamente l'aspetto voyeuristico del lavoro dell'artista e del fotografo.

Ampio spazio è riservato anche alle nuove tecniche sperimentate dall'artista, da cui nascono le sue rayografie, realizzate senza l'uso della macchina fotografica appoggiando oggetti direttamente sulla carta sensibile, e alle celebri immagini che ritraggono l'universo femminile, dai primi piani di volti alle fotografie di nudo, di cui sono protagoniste le sue modelle preferite come Kiki de Montparnasse e Meret Oppenheim.

"Dipingo quello che non può essere fotografato. Fotografo quello che non voglio dipingere. Dipingo l'invisibile. Fotografo il visibile": la macchina fotografica nelle mani di Man Ray non è mai semplice strumento di registrazione del reale. Come negli oggetti d'affezione, il visibile spesso si trasforma e assume sembianze inaspettate.

Man Ray
Museo d'Arte, Lugano
Dal 26 marzo al 19 giugno 2011
a cura di Guido Comis, Marco Franciolli e Janus
in collaborazione con la Fondazione Marconi, Milano
Orari: da martedì a domenica 10.00 – 18.00; venerdì 10.00 – 21.00;
lunedì chiuso (tranne il 25 aprile e il 13 giugno)
Notte dei musei 14 maggio 10.00 – 18.00 e 19.30 – 01.00