L.Reali, 'Santa Lucia e altri Santi'L.Reali, 'Santa Lucia e altri Santi'

Edoardo Villata è docente universitario di Storia dell'Arte Moderna e di Storia dell'Arte Lombarda presso l'Università Cattolica di Milano. Ha curato, insieme con Vanna Arrighi e Anna Bellinazzi, la mostra "Leonardo da Vinci: La vera immagine. Documenti e testimonianze sulla vita e sull'opera" presso l'Archivio di Stato di Firenze (19 ottobre 2005 – 28 gennaio 2006). Ha al suo attivo numerose pubblicazioni tra le quali "Leonardo da Vinci. I documenti e le testimonianze contemporanee" (Ente Raccolta Vinciana, Milano 1999); il volume monografico su Macrino d'Alba (Savigliano 2000); "Gaudenzio Ferrari, Gerolamo Giovenone, Un avvio e un percorso", in collaborazione con Simone Baiocco (Torino 2004); "Leonardo" (Milano 2005).

Partiamo dal titolo: "rinnegato e girovago" e forse, ai più, anche sconosciuto. Chi è Luigi Reali "florentinus"?

"La mostra è un ristretto ma significativo dossier che indaga e presenta, per la prima volta, la fase iniziale e fin qui ignota della carriera di Luigi Reali. Ho cercato nei registri di battesimo di Santa Maria del Fiore, in un arco di tempo tra 1580 e 1620, notizie che aiutassero a far luce su questo artista e ho potuto trovare la data di nascita, avvenuta a Firenze il 2 luglio 1602. Fino a questo momento, la sua produzione conosciuta e la relativa vicenda biografica erano limitate tra il 1637 (quando compare a S. Maurizio della Costa di Ghiffa) e il 1660 (data della sua ultima opera a Pasturo). Ora, le recenti acquisizioni documentarie e le attribuzioni di nuove opere tra 1633 e 1636 – come gli affreschi nel chiostro di Bellinzona recentemente restaurato o la tela con la Pentecoste proveniente da Rivera e visibile in mostra – permettono di comprendere meglio il suo percorso artistico, localizzato per buona parte nei centri dell'Ossola, in Valsassina, Valsesia e nella zona del Verbano. Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, inoltre, il Reali godette di una cospicua fortuna critica a partire dalla prima segnalazione ad opera del Rosci nel catalogo della Pinacoteca di Varallo Sesia del 1960, dove veniva presentato lo Sposalizio della Vergine, firmato e datato 1641. Numerosi sono stati i contributi di studiosi che hanno indagato la figura del Reali: Bertamini, Debiaggi, Canestro Chiovenda e G. F. Bianchetti, fino ad arrivare alla mostra monografica di Lecco del 1989. Davvero importanti, nel percorso di studi degli ultimi vent'anni, sono stati i ritrovamenti documentari resi noti da Mauro Natale nel catalogo della mostra su Francesco Mola dell'1989. In particolare la testimonianza del 1634 che ci indica gli affreschi, perduti o forse mai realizzati, del Reali a Lugano. Ma soprattutto la sua presenza ticinese in quell'anno".

'I Santi Sebastiano e Rocco', Bironico'I Santi Sebastiano e Rocco', Bironico

Le opere del Reali attingono dalla cultura tardo-manierista. Ma quanto pesano, nella sua esperienza artistica, le suggestioni fiorentine e quanto quelle del Piemonte e della Lombardia?

"Luigi Reali lascia ben presto Firenze e in quella città non risulta mai iscritto alla compagnia di S. Luca. Nelle sue opere sono visibili agganci al manierismo pisano e lucchese e influssi cromatici – come i rossi accesi – che rimandano a Cesare Dandini o a Francesco Curradi. Ben presto queste caratteristiche si mescolano più o meno felicemente e si stratificano con lo stile dei Fiammenghini e del Morazzone. In mostra è visibile anche una scultura lignea di S. Antonio da Padova proveniente da Vacallo, restaurata in occasione dell'esposizione di Rancate. È un'opera interessante perché è una vera e propria traduzione tridimensionale delle figure dipinte da Reali: e in questo modo, si fa strada l'ipotesi secondo la qualche il maestro possa aver fornito il disegno per la scultura. Se volessimo caratterizzare la figura del Reali lo potremmo dire un "cantore di piccole piazze", quasi un madonnaro che dimostra accanita fedeltà verso la committenza rurale di confraternite e piccoli oratori. Non è certo un gigante della storia dell'arte, ma forse sì della storia della religiosità laica di piccoli centri prealpini e dei laghi".

Le opere in mostra sono tutte del territorio del Cantone Ticino. Una scelta mirata.

"Si sono volute riunire ed esporre opere presenti sul territorio, idea guida in netta controtendenza a quanto spesso accade. E anche le istituzioni che hanno promosso la mostra, e gli studiosi che hanno partecipato indicano precisamente questo carattere di mostra – dossier, di esplicito taglio territoriale e di tutela, oltre che di storia della cultura: la Pinacoteca Cantonale che Mariangela Agliati ha ormai consegnato a una dimensione centrale per qualità e novità delle proposte espositive, l'Ufficio Beni Culturali del Cantone, presente non solo attraverso i restauri effettuati ma anche attraverso l'attiva collaborazione di Lara Calderari e Patrizio Pedrioli. In un certo senso, anche se fornita a titolo di studioso esperto, anche la partecipazione di un sacerdote – storico dell'arte come Claudio Premoli (che da parroco ha recuperato la Pentecoste di Rivera che per certi versi è l'opera centrale della mostra), acquista particolare pregnanza. E mi permetta di non dimenticare la elegante e assai densa introduzione che ci ha voluto regalare uno studioso come Roberto Contini".

Luigi Reali, 'Pentecoste', 1633 RiveraLuigi Reali, 'Pentecoste', 1633 Rivera

Quali novità e contributi portano i nuovi studi e le scoperte su Luigi Reali?

"I pochi stravolgimenti e distruzioni che hanno coinvolto gli arredi liturgici hanno permesso un'interessante stratificazione storica e artistica rilevabile in pochi altri casi. Terra di emigrazione da sempre, il Ticino si offre come frontiera storico-artistica ancora tutta da indagare anche sul versante della committenza degli emigranti (famiglie, confraternite, compagnie), secondo le linee-guida individuate da tempo da Laura Damiani Cabrini. Le ricerche su Luigi Reali, infatti, permettono di comprendere meglio anche le numerose opere di artisti "forestieri" presenti nel territorio del Ticino. Si tratta di una "duplice rimessa", come era stata definita nel catalogo della mostra "Seicento ritrovato" allestita a Rancate nel 1996. Un primo caso di importazione vede stuccatori, decoratori e pittori che, avendo trovato fortuna in Piemonte, in Sicilia, ma anche Spagna e Moravia, attuano il voto di ringraziamento al patrono del paese natale con opere eseguite gratuitamente. Un secondo caso vede confraternite laiche di doganieri, facchini e muratori che si autotassano per acquistare opere a Roma, Genova, Livorno o a Firenze da inviare in patria. In questo modo, si trova in Ticino una singolare stratificazione di opere fiorentine e centro italiane, come il caso della Crocifissione di Santi di Tito a Brissago o della Madonna della Quercia – tipica del viterbese – di un maestro vicino al Curradi".