Un frammento dell'antologica di RichardsonUn frammento dell'antologica
di Richardson

Quaestio – "Does It Offend You?" L'apprensiva domanda, la quasi-sfida, il quesito se ne sta lì sulla soglia, appena un poco sopra l'ingresso. Benvenuti alla Sourmilk di Menzago di Sumirago che fino all'11 febbraio ospita la rassegna fotografica di Mark Richardson batterista del gruppo Skunk Anansie. Lo spazio è quello di una dimora con sedute in velluto colorato adagiate sugli scalini, citazioni di e da Andrè Breton sparse in molti punti, tende rosse e blu che introducono alle stanze. E sopra ogni ingresso, la sovrapporta in legno dipinto.

Maneggiare con cura – Sourmilk non è solo galleria espositiva ma anche House Bar, Cinestore & Bookshop. Naturale dunque trovare la fortunata serie di pills firmata da Dana Wyse, sorta di farmacopea contemporanea dissacrante, ironica e cinica q.b. Sourmilk si propone quale contenitore di idee, esponente delle lande di controcultura e sottocultura, di sentieri "deviati" o "alternativi", come dichiarano gli stessi padroni di casa. Qui c'è posto per tutto e per tutti. Ognuno farà la propria scelta o la propria cernita.

Gli scatti firmati da Mark Richardson si inseriscono come tarsìe negli ambienti della villa. Momenti pre- e post- show, con il famoso gruppo Skunk Anansie, sono disseminati per le scale e nei diversi ambienti (interessante la serie

In visita alla Sourmilk di SumiragoIn visita alla Sourmilk di Sumirago

dedicata agli zoom di texture come la fanghiglia solcata dalle tracce di un trattore). Richardson si dimostra più attratto dai singoli particolari – tanto di cose quanto di persone – dalle luci e dalle ombre che oggetti banali e feriali portano addosso, dai non-luoghi sfiorati tra una tournèe e l'altra. "Dialettica e poesia metropolitane", verrebbe da scrivere.

Quella di Richardson è solo "l'ultima perla" (forse quella più "in bonaccia") di caratura internazionale dell'Art Gallery di Menzago di Sumirago che, tra un passaparola e un "Mi Piace" di fb, ha già catalizzato l'attenzione delle provincia e non solo. Sarà merito delle scelte curatoriali indipendenti e provocatorie, o forse di una certa morbosa e pruriginosa curiosità, o forse di un'atmosfera tanto domestica quanto snuff. Ma qualche pensiero sintetico sulle mostre fin qui allestite mi arriva alle orecchie, senza nessuna pretesa: non sono un addetto ai lavori.

Niente da dire sulla libertà di scelta – anche controcorrente, anche a rischio della deriva. La risposta al quesito iniziale è: "No, it doesn't offend me". Ma questa è solo una voce personale.
La pretesa di internazionalità e l'intuizione potente che hanno dato avvio alle mostre forse richiederebbe obiettivi che mantengano fede all'attesa. Talvolta è come se prevalesse solo la preoccupazione dello scandalo, con i suoi effetti speciali, le proibizioni, i suoi colpi di scena, le monotonie e gli abissi di de Sade.
Ed è un peccato perché con quella libertà e con quello scatto verso l'alto, davvero, per quel che mi riguarda, la Sourmilk potrebbe rimettere l'arte nel circolo della vita giovane.