Un momento della conferenzaUn momento della conferenza

Alla fine di un percorso – Ha inaugurato l'edizione 2010 de "I giovedì del museo" la dottoressa Gabriella Nebuloni (direttrice del Museo civico "G. Sutermeister" di Legnano e responsabile di servizio presso l'Ufficio Cultura del Comune), spiegando che "il ciclo di quest'anno verte sulle sedi terrene degli dei: i santuari, segno dell'importanza dei culti ufficiali, della devozione popolare e della dimensione spirituale degli antichi popoli italici, a completamento di un percorso ideale, iniziato nel 2008 con le conferenze sulle dimore dei potenti e delle loro sepolture". E dunque quali erano i culti arcaici, quali le espressioni artistiche, prima che Roma diventasse caput mundi? A spiegarcelo è stata la dottoressa Cristina Chiaramonte Treré, ricercatrice di etruscologia e antologia italica, nonché insegnante di culture italiche presso lo IULM di Milano, che ha illustrato l'argomento attraverso i resti ritrovati a Lavinio: la "città santa" alle porte di Roma arcaica.

Mitica fondazione – Lavinio, o forse sarebbe meglio dire Anzio per intenderci, fu sede e luogo santo dei Latini, l'antico popolo italico che cercò con tutti i mezzi di frenare l'aggressività dei Romani, lontani solo 28 km dal centro lavinate. Le fonti antiche, tra le quali Dionigi di Alicarnasso, indicano in Enea il mitico fondatore di Lavinium. Parole queste confermate da reperti archeologici rinvenuti in fase di scavo, come due monete dell'epoca di Antonino Pio, che riproducono l'immagine della leggendaria fondazione della città su di un colle a 4 km dal mare, e soprattutto la presenza dell'Heron (santuario) di Enea. L'archeologia ha dato ragione anche alle fonti che parlano di questa città alle porte della Roma arcaica, come di un luogo "santo" che riuniva il cuore della latinità antica. Un'équipe di archeologi dell'Università La Sapienza di Roma ha infatti ritrovato l'antico santuario federale di Minerva.

Un altro momento della conferenzaUn altro momento della conferenza

Il santuario di Minerva – Un ritrovamento del tutto casuale, dovuto alla scoperta di un centinaio di statue in terracotta scoperte in un affossamento del terreno, qui scaricate come fossero immondizia, trecento anni dopo la loro realizzazione. Dal rinvenimento delle terrecotte a quello dei tredici altari dedicati a Minerva e del santuario di Enea il passo è stato breve. La scoperta è stata indubbiamente sensazionale: se gli altari sono testimonianza della religiosità latina (sono molto simili a quelli etruschi), le statue, ricomposte dai singoli frammenti, sono espressione, oltre che del culto, dell'arte e della rudezza del popolo italico prima della netta influenza ellenistica e romano imperiale.

Dee, madri e vergini – Vestite con chitoni o agghindate con gioielli molto pesanti ed appariscenti, piuttosto che acconciate con stili diversi, espressione ciascuna capigliatura di uno status quo: le statue rinvenute nel cumulo costituivano l'insieme decorativo del santuario di Minerva. Erano non solo raffigurazioni di dee, ma anche di madri e di vergini, piuttosto che di semplici mani con in mano offerte votive per le divinità. Presso l'antico santuario di Minerva, frequentato dall'VIII al IV secolo a.C. circa, si legge l'evoluzione di un popolo e dei suoi rapporti con il mondo ellenistico. Nell'assenza di movimento plastico, nella durezza delle linee, in dettagli ornamentali di alcune terrecotte traspare il vero senso della ruvidità italica, che si smorza e perde di originalità, aprendosi progressivamente alle novità del mondo ellenistico prima e soccombendo, dunque, di fronte alla via via sempre più imperante aggressività romana che determinò il definivo tramonto di Lavinium come "città santa".

Nei prossimi incontri, Marina Castoldi e Anna Maria Fedeli presenteranno "I giardini di Hera. Santuari e culti a Poseidonia" e "La natura cede al sacro. Il Santuario della Fortuna Primigenia a Praeneste", rispettivamente giovedì 11 febbraio e giovedì 18 marzo, ore 21 a Palazzo Leone da Perego a Legnano, via Gilardelli 10.