Si definiva un animale politico Erich Lessing, più che un fotografo. E come tale, finita la guerra, il fotoreporter austriaco costretto a fuggire in Palestina era tornato in Europa, annusava l'aria, convinto che da un giorno all'altro qualcosa di grosso, brutto, grave sarebbe successo.

Scelse di monitorare quei paesaggi che in quegli anni erano indubbiamente i più prossimi a scoppiare o forse a morire, quelli dentro alla cortina di ferro: "Nel 1956, avevo chiara la sensazione che nell'Est europeo stesse per accadere qualcosa di importante così proposi a "Life" una serie di reportage sui quattro principali paesi comunisti: DDR, Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria.

E' così che Lessing, già esponente di punta dell'agenzia Magnum, collaboratore di spicco per "Life", "Paris Match", "Picture Post", l'italiana "Epoca", si trova, al pari dell'altro gigante della fotografia Mario De Biasi, al centro della rivoluzione ungherese. Budapest, la rivolta comincia il 23 ottobre. Terminerà in un bagno di sangue restaurativo il 10 novembre. Di quei giorni Lessing è riuscito a dare testimonianze impressionanti, anche se forse meno della tristemente celeberrima sequenza di De Biasi dell'uomo trascinato e appeso all'albero, umiliato e offeso per l'occhio del fotografo.

Il cardinale MindszentyIl cardinale Mindszenty

Ma di quei tempi seppe trovare con quell'umanità in lotta intimità rare: con Imre Nagy, ad esempio, o Mátyás Rákosi negli ultimi giorni del suo potere; ha fotografato uomini in lotta e nel riposo disperato, i rottami, le rovine, l'enfasi rivoluzionaria, la disperazione più cupa. Sua l'immagine toccante del cardinale Mindszenty, liberato dalla prigione. Per questo reportage Lessing, nello stesso anno vinse l’American Art Editor’s Award.

Queste testimonianze provenienti dal suo archivio vengono ora riproposte a Palazzo Marliani Cicogna grazie a una mostra studiata e inaugurata questa estate per il Meeting di Rimini organizzato da Comunione e Liberazione, e grazie all'impegno dello storico cattolico Sandro Chierici che ha voluto accostare alle circa cento immagini i comunicati delle radio ufficiali e di quelle libere nate con la rivoluzione, da un lato e dall’altro,  le voci della poesia ungherese, da Sándor Petöfi a Gyula Illyés a Sándor Marai.

La mostra Budapest 1956. La rivoluzione, tocca a Palazzo Marliani Cicogna la sua ultima dopo essere stata vista, oltrechè a Rimini anche a Trieste, Torino, Seriate, L'Aquila e Viterbo, grazie anche a Ultreya, società milanese specializzata nella realizzazione di eventi espositivi, libri fotografici di grande nitore e raffinatezza, fondata da sempre attenta alle questioni culturali, sociali e spirituali.

Budapest 1956. La rivoluzione
Busto Arsizio – Palazzo Marliani Cicogna
a cura di Sandro Chierici
orari: da martedì a sabato 15-19; domenica 10-12/16-19
Info: 0331-390243