Domenica 2 marzo, dalle 16 alle 18, come tutte le prime domeniche del mese fino a novembre, sarà possibile visitare la chiesa di Santa Maria della Neve di Cislago, in località S. Maria Inziata/via Magenta.
Con la bella stagione si potrà ammirare la splendida facciata di cui recentemente è terminato il restauro mentre si stanno reperendo finanziamenti tramite sovvenzioni e attività per por terminare il lavoro, intervenendo sul campanile e il lato nord.

Le prime fonti ne citano l'esistenza già nel 1256 col nome di S. Maria del Siate. L'ordine degli Umiliati insedia in questa chiesa una confraternita laica detta Scuola di S. Maria che amministrerà questa chiesa e i suoi beni fino al 1806.
Tra il '400 e il '500 l'edificio fu interessato da un intervento di ampliamento di tutta l'aula che portò la chiesa ad avere così 7 nicchie semicircolari che vennero dipinte nel 1525. Nel 1620 venne ampliato il presbiterio e innalzata la volta; mentre nel 1731 si abbatterono due nicchie laterali per cotruire la cappella di S.Antonio.

La chiesa era completamente affrescata dal soffitto al pavimento e sulle pareti si ripeteno i dipinti della Madonna come protettrice della maternità (Madonna del Latte, della Tenerezza , delle Rose….) e dei santi ausiliatori della peste.

Molti di questi dipinti sono attribuiti a Giangiacomo Lampugnani. Il recente restauro ne ha riportato alla luce l'antico splendore.

Il bellissimo altare ligneo barocco presenta la rarissima immagine della Madonna del Parto o incinta (ne sono conservate una trentina in tutto il mondo).
Il prototipo dell'immagine della Madonna del parto risale all'epoca paleocristiana e si trova esattamente a Roma su un arcosolio del Cimitero Maggiore.
Questa immagine del IV secolo rappresenta la Vergine orante con il Cristo bambino dinanzi al petto ed è il più antico tentativo pervenutoci di raffigurare la maternità di Maria come soggetto isolato. Date le violente controversie cristologiche e mariologiche sorte da numerosi movimenti ereticali, nel 431 al concilio di Efeso, venne proclamato il dogma della divina maternità di Maria.

Lo schema adottato nella Madonna orante del Cimitero Maggiore divenne l'emblema iconografico della dottrina ufficiale ortodossa, secondo la quale Cristo e Maria erano "una sola carne". Da esso discenderà una delle iconografie più diffuse nei territori influenzati da Bisanzio: quello della "PLATYTERA"(= più ampia dei cieli), che raffigura la Vergine orante col Bambino racchiuso in un disco.
L'espediente simbolico dell'effige del bambino applicata al corpo della Vergine apparve, per tutto il medioevo e oltre, la soluzione più efficace tanto da esser utilizzata, in certi casi, anche nell'iconografia dell'Annunciazione e in quella della Visitazione. Tra l'ottavo e il nono secolo il movimento iconoclasta nel mondo bizantino portò alla distruzione sistematica di tutte le immagini sacre; ma è certo che la Madonna Platytera era già diffusa nell'ottavo secolo perché ad essa si ispira una variante della Madonna della misericordia, che al soggetto della Madonna che accoglie i fedeli sotto il suo manto unisce il motivo della mandorla contenente Gesù Bambino. Questa immagine della Madonna Platytera della misericordia fa la sua comparsa in Spagna nel VIII secolo, nei codici del Beatus, e in Italia si diffonde tra la fine del XIV e l'inizio del XV secolo soprattutto nell'area adriatica compresa tra le Marche e Venezia, cioè in quei territori che avevano mantenuto i rapporti commerciali con l'oriente. Verso la fine del XIV secolo ritroviamo lo stesso motivo anche in Toscana con la differenza che l'espediente della mandorla viene quì sostituito con il motivo naturalistico della cinta alta e ricurva sopra il ventre leggermente

sporgente di Maria.

Un altro espediente era la rappresentazione del Cristo in forma simbolica o con il monogramma IHS. Mentre in Toscana già dalla prima metà del Trecento circolava la raffigurazione realistica della Vergine incinta. Questo soggetto iconografico venne chiamato Madonna del parto e rappresenta la Madonna da sola, in piedi, in posizione frontale e visibilmente incinta. L'unico elemento che la distingue da una normale donna incinta è il libro chiuso appoggiato sul ventre, allusione al Verbo Incarnato; il libro infatti rappresenta il Vecchio Testamento e dunque la parola di Dio che, attraverso la Vergine, si incarna e discende tra gli uomini.
Non si conosce esattamente quanto questa rappresentazione fosse diffusa, poiché nel Cinquecento, con il concilio di Trento, fu ritenuta non ortodossa e molte Madonne del parto vennero distrutte o modificate.

Gli esemplari superstiti sono quasi tutti di scuola toscana. Le poche opere di artisti non toscani raffigurarono la Madonna del parto seduta, come la Madonna dipinta a Cislago. La ragione di questo nuovo modo di raffigurazione è da ricollegare alle ennesime dispute teologiche a cui si opposero soprattutto i francescani. La nuova iconografia della Madonna del parto fu dunque ideata per ribadire, nuovamente, il principio dell'unione indissolubile di Cristo e di Maria. All'inizio del XIV secolo le prime immagini dell'Immacolata Concezione vennero collegate alle immagini contemporanee della Madonna Incinta; infatti la figura dell'Immacolata veniva associata alla "donna incinta" dell'Apocalisse. Nacque una disputa teologica sull'Immacolata e fu così violenta che papa Sisto IV fu costretto a vietarne qualsiasi rappresentazione pittorica. Al concilio di Trento (1545-1563) molte immagini religiose finirono nel mirino degli inquisitori e fra queste figurarono la Madonna del parto, la Madonna Platytera della Misericordia e la Donna dell'Apocalisse. Anche se non si conoscono documenti sulla loro definitiva interdizione, a partire dalla fine del Cinquecento, di esse, in Italia, non avremo più traccia.

Visite guidate a cura della Proloco di Cislago.
Info al 3485944384