Uno Spazio per la Figura è il titolo della mostra di disegni che lo Spazio Lavit di Varese dedica a Giancarlo Sangregorio.
Figure di mugnai e di raccoglitori di semi, un paesaggio ancora priva del dominio tecnologico, montagne e alpeggi lontani sono i protagonisti delle opere in mostra. Un marcato intento narrativo si ravvsa anche nelle opere più lontane dal figurativo.

Francesca Marcellini, curatrice della rassegna aperta al pubblico fino al 17 dicembre, ha scelto di commentarla così: "Se la scultura esige un corpo a corpo con la materia e un tempo di realizzazione che non è lo stesso della sua "pensabilità", nel disegno Sangregorio abbandona ogni rigidità e in un certo qual modo si alleggerisce per aderire al flusso della sua mente in presa diretta, alle idee nel momento stesso del loro farsi luce.
Animali, mitologie, paesaggi, racconti di figure e figure-recipienti, sono alcuni tra gli elementi iconografici sui quali Sangregorio torna più volte, in tempi e modi differenti, in una fitta rete di rimandi.
Ogni passaggio corrisponde a un'esigenza tutta sua di immergersi in profondità per riappropriarsi delle origini di una certa realtà che via via affronta.
Un percorso che comincia con i primi inchiostri e carboni su carta da pacco dell'estate del 1945, quando il giovane scultore si ritrova nella casa di Druogno, in Val Vigezzo e mette in posa familiari e conoscenti, per proseguire instancabilmente nel corso degli anni.
Chiedersi se i disegni di Sangregorio siano per lo più astratti o figurativi non è questione significativa nel senso che l'artista si serve di componenti dell'uno e dell'altro e non pone limiti e vincoli quando si trova il foglio davanti.
Certamente la necessità spesso "narrativa" di Sangregorio, la volontà di raccontare un viaggio, un mito, una storia, lo porta verso una figura più riconoscibile, perentoria a volte, drammatica e vulnerabile altre.
Come nel ciclo di lavori, i più rappresentativi dei quali sono presentati in mostra allo Spazio Lavit, che parte dalla storia di un vecchio mulino, noto come "Mulin dul Tacc" oggi restaurato a Malesco, in Valle Vigezzo.
Sangregorio prende le mosse ancora una volta da un territorio a lui caro, approfondisce la conoscenza e si lascia sedurre da questo luogo arcaico tanto importante nella storia dell'uomo.
Le grandi macine in pietra, il frantoio e l'ambiente tutto, evocano in lui una serie di immagini rinnovate che traduce in forme concrete, sentendo il richiamo all'azione".