Un'opera di FabbriUn'opera di Fabbri

Scultura espressionista – La materia è informale, ma non lontana, non troppo lontana dalle esigenze espressioniste. E poi la scultura, la scultura, quella di Agenore Fabbri,  di un artista che forse "è tra i pochi scultori espressionisti italiani del dopoguerra", parola di Gianni Robusti, organizzatore di questa originale rassegna, che segna il secondo appuntamento della stagione estiva alle Fornaci Ibis di Cunardo.

Albisola
– Sculture in cotto, e poi opere pittoriche dei periodi 1952, 1960, 1990, 1993. Periodi, alcuni dei quali, poco noti anche agli stessi specialisti d'arte, provenienti dalla Galleria Morone di Milano e dalle Ceramiche San Giorgio di Albissola Marina, luogo buono, se ce n'è uno, in merito alla lavorazione della ceramica –  tecnica di cui Cunardo è notoriamente depositaria di un antica e sapienziale cultura – e dove l'artista di Pistoia si formò visse per lunghi tratti della sua vita.

La maledione della decorazione – Eppure l'arte in cotto, in terracotta policroma, di Fabbri – ed è questo la scommessa culturale sottesa alla provocazione di Gianni Robusti e del fratello Giorgio Robustelli – stanno lì a dimostrare che esistono declinazioni in cui l'acribia artigianale diventa urgenza esistenziale. Il tormento, e la poca estasi, di Agenore, non a caso artista amatissimo dalla cultura nord europea – mostre, volumi, la compartecipazione al recente Premio Agenore Fabbri portano il marchio tedesco – denotano la possibilità di uscire dalla maledizione del materiale di darsi solo come decorativo. E di farsi invece veicolo delle più stridenti tensioni, dei più laceranti drammi.

La belva feroce – L'uomo, le belve, gli insetti. Le stagioni scultoree di Fabbri, non solo quelle in terracotta, ma anche in bronzo, non conoscono scelte 'classiche'. Ogni essere vivente può darsi come emblema di una torsione e dramma interiore-esteriore. Ecco allora, il cane, la belva ferita, imperioso e feroce, che sfida con lo sguardo il visitatore, più una minaccia che un guardiano.

Il cane di Agenore FabbriIl cane di Agenore Fabbri

Forse informale – Poi il Fabbri della fase 'forse' informale, nella bidimensione del quadro che non è mai superficie e basta ma è piano carico ancora di sovrapposizioni, di significati, di disarmonie, di rotture brusche, di memorie e di dialoghi con Burri, con Fontana, con i più alti pensatori delle rotture degli equilibri formali del Novecento italiano. Ma in pieno disassamento, se vogliamo, con il romanzo figurativo fin lì svolto dalla la sua plastica di rimando popolare.

L'incoerenza della coerenza
– E l'ultimo Agenore, infine, quello che ammette, in fondo la razionalità dell'uomo, dietro a tanto orrore e terrore. Quello, che dopo aver superato i settant'anni ritrova il gusto del colore, della sperimentazione, dello stordimento pittorico, confermando un assunto che, secondo i curatori, è alla base dell'intera mostra: "l'incoerenza della coerenza in assoluta libertà". La lezione di uno degli artisti più inquieti del nostro dopoguerra.

Agenore Fabbri alle Fornaci di Cunardo
fino al 5 agosto
da martedì a sabato 9-12/14.30-18.30; domenica 15.30-18.30
info: 0332-716018