Il dipinto ritenuto scomparso. E' ancora parzialmente coperto da uno strato di intonaco, ma si lascia già ammirare, in tutta la sua espressiva qualità. Nascosta tra le pieghe della storia e delle Cronache di Varese, l'Ultima Cena dipinta da Pietro Antonio Magatti, pittore chiave del Settecento varesino, è stata ri-scoperta durante i lavori di riqualificazione dell'ex Villa Dandolo a Varese.
Anche quell'anno era "giubilare". La dipinse per i Frati Minori Osservanti, sulla parete di fondo dell'antico refettorio del convento detto dell'Annunciata. Era il 1725, durante il Giubileo indetto da papa Benedetto XIII Orsini.
La fama del pittore dilaga, da un monastero all'altro. Come risulta dalle cronache, il pittore risulta attivo per vari conventi dell'ordine dei Frati Minori Osservanti a partire dal 1715 circa, riscuotendo molto successo. Inevitabilmente il Magatti lavora con grande assiduità sopratuttto nel convento del borgo nativo, appunto. Una preziosa cronaca, scritta dal frate minore francescano Benvenuto Silvola, ricorda parecchie opere realizzate per l'Annunciata di Varese, tra le quali due tele in pendant raffiguranti San Pasquale Baylon e il Beato Andrea Conti, il Cenacolo (portato oggi alla luce), la Via Crucis, e con ogni probabilità sul finire degli anni venti esegue anche il San Francesco sulla porta della sagrestia, gli affreschi nella cappella di Sant'Antonio con le storie del Santo, le due Immacolate nell'infermeria, e, nel "pulpitino", un'Addolorata.

L'altro Cenacolo, al Sacro Monte. Il confronto con il Cenacolo del'Annunciata si instaura con l'Ultima Cena dipinta l'anno successivo per il refettorio del Monastero delle Romite Ambrosiane di Santa Maria del Monte e più ancora con la tradizione del Seicento lombardo, una componente per nulla trascurabile del registro espressivo magattiano.

Da convento a villa. In seguito alla soppressione Napoleonica (Editto di Compiègne) degli istituti religiosi, l'area e il convento furono acquistati nel 1810 da Vincenzo Dandolo per realizzare la propria residenza demolendo la chiesa e gran parte del convento, di cui restano alcuni ambienti al piano terra.

La soprintendenza indaga. Nel 2008 l'area viene acquistata da una società e da quella data iniziarono le fasi preliminari di progettazione secondo quanto previsto dal piano di recupero. Durante le fasi di piano attuativo è stato richiesto l'intervento della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici, al fine di valutare il reale valore storico artistico presente sull'area. Da un'attenta analisi storica condotta dai funzionari addetti, è emerso che la sagoma del corpo principale dell'edificio potesse coincidere con parte del sedime del convento dell'annunciata. Il progetto è stato quindi modificato, predendendo la coservazione integrale di tutte le porzioni soggette a vincolo.

Lo scavo. I lavori iniziarono nel 2013 prevedendo fasi di scavo e consolidamento dei fronti edilizi da conservare. L'indagine archeologica ha messo in luce varie strutture murarie databili a partire dall'epoca rinascimentale, pertinenti ad ambienti legati al complesso e purtroppo conservate solo nei livelli di fondazione, alcune sepolture e strutture fognarie di epoca recente. Nessun livello pavimentale era conservato. L'identificazione degli ambienti, modificati in varie fasi, rimane problematica, data la scarsità degli elementi strutturali e dei reperti datanti.

Una scoperta inaspettata e interessante che premia lo studio storico e le ricerche stratigrafiche – richieste dalla Soprintendenza – e restituisce alla città un'opera d'arte di cui si avevano notizie nei documenti e nelle cronache ma che fino ad ora si credeva persa.

Per rendere partecipi tutti della scoperta, verrà organizzata prossimamente una giornata di studio sul Magatti.