'Sul terrazzo', 1934'Sul terrazzo', 1934

Per ricordare – 'Varesino di Trevisago, artista di valore e significato nazionale ed Europeo', così la figura di Innocente Salvini nelle parole di Silvio Zanella nel 1980. Esattamente un anno dopo la scomparsa dell'artista, che lì, a Trevisago, ha trascorso i suoi giorni. Per non dimenticare questa figura tutta varesina, ancora oggi c'è il mulino, simbolo atemporale di un uomo semplice e introverso. Un giovane che sfiora il mondo dell'arte, e che ne realizza l'intensità sul finire del '47 grazie a personalità come Giuseppe Talamona e Carlo Accetti, quest'ultimo Presidente della Famiglia Artistica Milanese, per lungo tempo a fianco del pittore. Con qualche esperienza espositiva alle spalle, nel 1948 Salvini corona la sua prima mostra importante, alla Galleria Annunciata di Milano, dove ottiene grande riconoscimento dal pubblico. Da quella data finalmente lo attendono, almeno in parte, i successi e la stima fin lì radi. Nel '66 la visita di Monsignor Pasquale Macchi e la scelta di alcuni suoi quadri per i Musei Vaticani; nel '69 la mostra organizzata dal Comune di Varese e dall'Ente Provinciale Turismo nel Salone dell'Azienda Autonoma Soggiorno; nel '71 l'affresco Il taglio della polenta ad Arcumeggia, fino alla mostra antologica, l'anno seguente, presso il Palazzo della Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente di Milano. Ed è ancora Varese a rendergli omaggio nel 2006 con la grande mostra al Castello di Masnago, a cura di Anna Visconti e Flavio Arensi. 'Peccato, è bello vivere e dipingere. Ma tocca a me ormai; così è la vita', confessa, l'artista novantenne, pochi giorni prima della morte, alla nipote Carla.

La casa – Nella sua casa al mulino, si sente aria familiare, di un luogo intriso di storia, arte, pensieri, idee, amore. Lo stesso sentimento di passione e affetto che ancora oggi caratterizza i familiari del maestro, attivi per mantenere viva la sua arte, i suoi colori, i suoi quadri che ancora nelle sale del museo sono conservati. Su quelle pareti fredde, spesse tipiche delle dimore di un tempo, piccole e grandi cornici racchiudono gli affetti dell'artista. La madre, i nipoti, la sorella, quelle stesse figure che aveva nel cuore, si tramutano con i vivaci e caldi colori, tipici della tavolozza di Salvini. "Il piccolo Van Gogh locale", l'ha definito Raffaele De Grada nel 1992. E poi nelle

In udienza da Papa Paolo VI, 1976In udienza da Papa Paolo VI, 1976

parole di Piero Chiara ad un mese dalla scomparsa: "il mulino era in verità il deposito delle tele di grande dimensione che il Salvini aveva dipinto in tanti anni e che teneva gelosamente per sé, sempre in attesa di quelle grandi mostre nazionali e internazionali che un giorno o l'altro avrebbero rotto il silenzio su di lui, o meglio l'equivoco del pittore mugnaio, che macinatore non era mai stato, ma solo pittore, pieno d'entusiasmo per l'arte e accanito nell'inseguirla, nell'identificarla e nell'adattarla al suo estro e alle sue visioni, se non forse nell'adattare estri e visioni sue al modello ideale dell'arte".

Scritti firmati da Salvini – Di vitale importanza e fonte continua di nuove scoperte, il lavoro di catalogazione dell'archivio Salvini, da parte dello Centro Studi e documentazione per la Valcuvia e l'Alto Varesotto Giancarlo Peregalli. In ultimo, il fitto rapporto epistolare tra Innocente e il critico varesino, Emilio Zanzi, pubblicato di recente sulla rivista 'Terra e Gente', per opera della studiosa Serena Contini. "Il lavoro di riordino e di catalogazione del materiale dell'artista è quasi terminato", spiega Gianni Pozzi, presidente del Centro Studi. "Sicuramente ricordaremo Salvini con la presentazione dell'archivio su cui si sta lavorando, oltre ad una mostra al mulino", conferma Anna Visconti, responsabile del Museo. Un progetto, quello ancora in atto, che in realtà non si ferma con il semplice riordino perchè, spiega ancora Pozzi, "molteplici sono ancora i rapporti da indagare soprattutto quelli tra tra Salvini e la critica del tempo, così come è già stato fatto per Zanzi".