Mario Airò al MAGa di GallarateMario Airò al MAGa di Gallarate

"Pensa e presenta qualcosa, un progetto, un'opera che ti piacerebbe far vedere a Paolo Consolandi". Questo è stato l'invito rivolto agli artisti invitati al MAGa al primo degli incontri della serie "Mi tormento invano? Incontri con gli artisti della domenica pomeriggio". Ad incontrare il pubblico e a parlare in un "incontro ravvicinato" del tutto informale, Mario Airò, Eva Marisaldi, Elisabetta Di Maggio, Marcella Vanzo e Marta Dell'Angelo.

Non solo cervello – "Mi sembra che ultimamente la produzione artistica abbia insistito soprattutto sulla ricerca intellettuale a discapito dell'attività pratica, del pensiero operativo, potremmo dire". Per Mario Airò, insomma, l'arte viene insegnata nelle Accademie e fruita nelle gallerie e nei musei soprattutto con il cervello: tutto "cibo concettuale", insomma, e poca pratica e concretezza. "L'arte, invece, credo che sia innanzitutto un pensiero che fa le cose", ha spiegato Airò che ha portato alcuni suoi lavori anche alla collettiva milanese "La scultura italiana del XXI secolo" e nella rassegna "Il Museo Privato. La passione per l'arte contemporanea nelle collezioni bergamasche". "In questo periodo – ha precisato Airò – sto lavorando ad un progetto specifico con dieci giovani autori. All'Hangar Bicocca sono esposti alcuni lavori nella collettiva "Le soluzioni vere vengono dal basso".

"Da Paolo Consolandi, che ho personalmente conosciuto e "scortato" in giro per mostre – ha spiegato Marcella

Uno dei video presentati al pubblicoUno dei video presentati al pubblico

Vanzo – ho imparato che cosa sia realmente la passione del collezionista. Il mio percorso, che prende forma anche nell'opera esposta ora al MAGa, segue soprattutto la tematica dei legami fra esseri umani". E se foste stati al MAGa domenica pomeriggio, probabilmente sareste stati coinvolti dall'autrice in una performance di legami intessuti… fra le mani.

L'installazione che Eva Marisaldi ha presentato è, invece, un formicaio sotterraneo, un tunnel dove sono ricoverati alla rinfusa oggetti di affezione, frammenti di disegni, uno spazio mentale, un labirinto di immagini, un viaggio in movimento tra memoria e realtà. Sembrano merletti ma invece sono vecchi muri: sono i lavori di Elisabetta Di Maggio, che si velano di significati vicini alla questione femminile, alla volontà di autodeterminazione e autorappresentazione della donna oggi. La Di Maggio, che ha esposto anche nella collettiva del 2006 "Il potere delle donne" alla Galleria Civica di Arte Contemporanea di Trento, usa mascherine per antichi merletti e intaglia col bisturi la carta velina o l'intonaco delle pareti. "Amo frequentare luoghi affascinanti, dove il tempo si stratifica sui muri – ha spiegato l'artista – dove si vedono le case aggredite dall'umidità e la densità di vita e tempo si accumulano". Così, l'autrice pare trasfigurare un vecchio muro, ottenendo un traforo che ricorda gli ornamenti architettonici medievali e orientali.

Marta Dell'Angelo ha concluso il pomeriggio con una serie di "parole performate" e recitate a due voci come nelle vecchie litanie cantilenate. Un pomeriggio ad alto tasso artistico che ha dato anche l'abbrivio ad una serie di considerazioni e domande sul mondo del collezionismo e sulla figura complessa ed affascinante di Paolo Consolandi, mecenate, appassionato frequentatore di artisti, collezionista in grado di capire l'arte con lo orecchie oltre che con gli occhi.