Secondo le notizie documentarie, la consuetudine di realizzare presepi di carta fu avviata nel Seicento e specialmente diffusa nel secolo successivo. Si tratta di immagini calcografiche incollate su cartoncino; o, nel caso di strutture più corpose – tali da apparire come composizioni scultoree- di pitture ad olio su cartapesta incollata sopra il legno: e questa è appunto la tecnica del Presepe di San Marco a Milano, a pochi passi da Brera.

La collocazione di opere di questo tipo nelle chiese o in ambienti legati al culto era tipica delle regioni centro-meridionali. Ed è appunto per l'esperienza di soggiorni a Roma e a Napoli che si ritiene che Francesco Londonio abbia maturato le sue predilezioni iconografiche, oltre che particolari cadenze del suo stile.

Nato a Milano nel 1723, il Londonio aveva poi compiuto numerosi viaggi, incrociando maestri di scuole diverse, e si era va via orientato verso soggetti contadini, interpretandoli con il puntiglio descrittivo della pittura di genere ma ingentilito da intonazioni arcadiche, e con una speciale capacità di cogliere le caratteristiche degli animali raffigurati.

Per ragioni stilistiche, oltre che per le affinità tematiche e

fisionomiche, tradizionalmente, con ampio consenso della critica, si è attribuito al Londonio il bellissimo Presepe della chiesa di San Marco, riferibile alla metà del XVIII secolo.

La scena è densa di figure, elegantemente scalate sino a consentire un'ampia visione della Sacra Famiglia che chiude il triangolo compositivo. Ogni personaggio è caratterizzato da gesti semplici, immediati, in grado di dare concretezza a una storia tante volte narrata, capaci di evocare il Mistero dell'incarnazione di Dio. Quello stesso bisogno di "rappresentazione" , del resto, che già aveva spinto san Francesco a ricreare a Greccio la scena della Natività, piangendo di felicità davanti alla greppia.
Nel percorso del tempo il Presepe aveva subito interventi di ritocco sulla superficie pittorica, che ne avevano indebilito quando non alterato la fisionomia. Opportunamente restaurato, il Presepe ha ritrovato i suoi colori smaglianti, i suoi toni sfumati, testimonianza per nulla minore della pittura milanese del XVIII secolo. E riscoprirlo è veramente una gioia per gli occhi.
C'è la versione incentrata sulla Natività, sull'annuncio ai pastori e la loro venuta alla grotta, con le pecore, il bue e l'asinello, un san Giuseppe che osserva un po' in disparte,

intenerito, paziente… E in più c'è la scena dell'Epifania, con i Magi venuti da Oriente, accompagnati da un corteo variopinto e festoso… Un presepe, insomma, sbalorditivo, di rara bellezza.

L'arte del Londonio era arte che oggi verrebbe definita "frivola e teatrale": vedute arcadiche, paesaggi idilliaci, pastori e contadini… Un mondo rurale raffigurato più nel suo aspetto decorativo, che in quello della realtà. Una serenità di orizzonti e di volti in cui, a ben osservare, è accuratamente tralasciata la durezza del lavoro nei campi, l'insicurezza di una vita difficile, il sudore e la fatica. Londonio, insomma, non fu certo un artista di denuncia sociale: non ne ebbe la statura, e, soprattutto, non ne ebbe l'interesse. Pienamente figlio del suo tempo, celebrato artista della Milano dei Lumi, scenografo della Scala, il Londonio si limitò a fare al meglio un'arte patrizia per i suoi committenti patrizi. Ciò nonostante non bisogna forse essere troppo severi con il nostro pittore. Perché le sue figure, e il presepe di San Marco è lì a testimoniarlo, non paiono comunque né false né finte, ma hanno la semplicità e la dignità degli umili, gli stessi a cui per primi fu rivelato il lieto annunzio.