Chi si è mosso, se pur con incedere rapido, all’interno della biografia di Fjodor Dostoevskij avrà colto la maniacalità del giocatore d’azzardo.

La roulette, la sua dannazione.

Arrivava a perdere i denari che la moglie gli inviava per acquistare i biglietti ferroviari per ritornare a casa.

Ne “Il Giocatore” (Biblioteca Moderna Mondadori, pp. 154, Euro 3) traduzione di Alfredo Polledro con introduzione di Remo Cantoni, Dostoevskij (Mosca 1821-Pietroburgo 1881) con misurate pennellate distingue e anima i personaggi che attorniano il protagonista ergendo a spartiacque, tra sé e gli altri, la figura della nonna della quale lui solo coglie l’ironia e la levatura culturale mentre tutti gli altri la credono decrepita e attendono la sua morte per spartirsi l’eredità.

A insinuarsi nella vita del Giocatore, due figure femminili M.lle Blanche e Polina che solo per poco lo distoglieranno dalla sua malattia.

Costretto da un contratto capestro con un editore privo di scrupoli, Dostoevskij scrive “Il Giocatore” in breve tempo, ma non per questo si deve commettere l’errore di considerarlo uno testo minore.

L’autore guarda con affetto e indulgenza la vita del protagonista e di tutti gli altri giocatori, poiché cosciente che quella pallina ruotante, all’interno della roulette, assume simbolicamente la bizzarria del destino che diviene cifra logica nel momento in cui questa si ferma nell’incavo di un numero, lasciando intendere come ogni essere umano, più o meno consciamente, arriva a sperare che quella minuscola sfera, nel suo scombinato ruotare si assesti sul numero desiderato.

Fjodor Dostoevskij – “Il Giocatore” (Biblioteca Moderna Mondadori, pp. 154, Euro 3)