Un'opera dell'artistaUn'opera dell'artista

Tra arte ed etnografia – "L'idea dell'incudine, mi è venuta vedendo la proiezione di un cortometraggio (…). Il film descriveva un museo etnografico della bassa padana e lì ho visto un'infilata di incudini che mi ha colpito e mi ha fatto nascere l'idea di lavorare su quell'oggetto che ho subito abbinato al mito di Efesto". Così recentemente Gianpiero Colombo spiegava in una intervista rilasciata al critico d'arte Mauro Bianchini, la genesi del ciclo di opere che l'artista di Marano Ticino ha realizzato tra il 2004 e il 2006 e che ora saranno presentate presso la Cesare da Sesto.

Apotropaico
– Lo spazio gestito da una commissione di saggi guidata da Gian Barbieri riapre alle mostre di qualità dopo un periodo di pausa invernale e lo fa presentando un artista che muove sul crinale della figurazione e della reiterazione simbolica-rituale dell'oggetto. Appassionato di archeologia, da quando a partire dalla fine degli anni settanta ha collaborato come rilevatore e fotografo con la missione archeologica dell'Università Statale di Milano a Ischia di Castro, e in seguito alle campagne di scavo in Puglia, Colombo ha sempre ravvisato la cifra apotropaica, magica degli oggetti, con una particolare sensibilità vero la dimensione mitologica.

Inquietudine e insicurezzaEfesto, appunto; nel nome del mitico dio del fuoco, il dio storpio, ma dalla prodigiosa abilità nel forgiare i metalli, Colombo racchiude la sua ricerca sull'entità metaforica del suo attributo iconografico, l'incudine. E sono incudini i disegni su carta, le tele, ma soprattutto le presenze fisiche dell'oggetto; collocato per terra o piuttosto appese al soffitto, sospese sulla testa dell'osservatore: "in modo da creare un percorso dove chi passa sotto dovrebbe provare inquietudine e insicurezza", spiegava l'artista a Mauro Bianchini.

Il recupero della memoria
– "Gli dei non sono morti", scrive invece Fabrizio Parachini, presentandolo alla Cesare da Sesto. Anzi vivono, rivivono, sotto mentite spoglie, in questo recupero fabrile di oggetti che parlano di stratificazioni nel tempo, di eredità dimenticate ma non per questo meno persuasive. E anche Efesto ritorna a significare quel bisogno di conoscenza pratica, una conoscenza manuale, paziente, fisica, faticosa, quel ragionare intorno ad una forma e al suo significato che non puà prescindere dalla realtà concreta.

Gianpiero Colombo. Efesto
Spazio Cesare Da Sesto
piazza Mazzini Sesto Calende
dal 2 al 17 febbraio
inaugurazione sabato 2 febbraio ore 17
a cura di Fabrizio Parachini
orari: da mercoledì a venerdì 17-19; sabato e festivi 10.30.12.30/17-19