La storia del Gospel parte da lontano, dallo spiritual. I primi africani arrivati nel Nuovo Mondo erano quasi tutti schiavi. Insieme frequentavano le chiese e le “case di lode” delle piantagioni, per cantare e ballare. Non potevano usare strumenti e, in coro, condividevano gioie, dolori e speranze. Nel 1865, quando venne abolita la schiavitù, gli afroamericani cominciarono a frequentare scuole e università; con il sostegno economico dei loro istituti, educatori e studenti intrapresero lunghi viaggi in America e in Europa cantando gli “spirituals”. La diffusione di questi inni non fu accolta da tutti con pari entusiasmo: se da una parte i cori venivano apprezzati dal pubblico e nascevano nuove chiese che prevedevano celebrazioni con grida, applausi e balli ritmici, dall’altra non si volevano ricordare i duri giorni della schiavitù.

Alcuni musicisti seppero però arrangiare gli spirituals in un modo nuovo, più simile alla musica classica europea. Gli anni ’20 del XX secolo furono caratterizzati da un movimento artistico e culturale relativo alla poesia e alla musica denominato “Harlem Renaissance” o “Rinascimento nero”, codificato negli scritti del filosofo, educatore e mecenate statunitense Alain LeRoy Locke. Locke sostenne artisti, scrittori e musicisti afroamericani incoraggiandoli a guardare all’Africa come a una fonte d’ispirazione per le loro opere. In quella che Locke definì “l’evidenza di uno spirito di razza rinnovato”, gli africani d’America capirono che le loro radici in Africa erano profonde. Questo migliorò il modo di cantare e interpretare gli spirituals: se ne comprese il significato storico e nacquero delle canzoni cristiane ispirate al Vangelo e legate alla vita quotidiana.

Il Gospel, ovvero il Canto del Vangelo, è qiundi il risultato dei cambiamenti sociologici avvenuti all’interno della comunità nera. Un dato importante fu poi la maggiore emigrazione da Sud delle persone di colore in cerca di migliori opportunità economiche e di libertà. Portarono con sé anche le loro tradizioni religiose e questo favorì il pieno sviluppo della Musica Gospel. Il predicatore cantava e gli astanti partecipavano al canto con entusiasmo.

Si volevano esprimere con la musica i propri sentimenti più profondi e il proprio coinvolgimento emotivo. Negli anni Trenta Thomas A. Dorsey di Chicago mise a punto lo ‘stile gospel’, fatto di grida di lode, di gioia e di grande fervore emotivo, che si univa allo stile popolare dell’epoca. Dorsey, chiamato il Padre della Musica Gospel Contemporanea, seppe fondere ritmo, armonia e abbellimenti melodici con i testi religiosi. Scrisse centinaia di canzoni gospel, che venivano riproposte quanto i pezzi nati dall’improvvisazione dei fedeli nelle chiese.

Nei decenni successivi molti gruppi gospel iniziarono a esibirsi in America e in Europa. A fianco dei cori acquisirono notorietà i quartetti, che combinavano le performance di solisti virtuosi con le innovazioni ritmico armoniche. Alla fine degli anni ’50 raggiunsero il successo anche interpreti femminili come la grande Mahalia Jackson, Bessie Griffin e Clara Ward.

Data giugno 1966 la prima esibizione di un coro gospel al Madison Square Garden di New York: fu un’occasione storica che segnò il debutto di Edwin Hawkins e del suo Northern California State Youth Choir: un coro di 50 voci! La loro interpretazione della celebre “Oh Happy Day” venne trasmessa dalle radio e la fama del Choir raggiunse vertici inattesi. Lo stile di Hawkins conquistò anche gli appassionati del rock’n’roll, del jazz, del folk e della musica gospel tradizionale. Era infatti una perfetta armonia tra le liriche religiose e i ritmi rock contemporanei, suonati da strumenti ritmici che non erano mai stati utilizzati nel gospel, come il basso e la batteria. Sulla scia di questo rinnovato interesse si formarono quindi dei cori che proponevano inni gospel tradizionali insieme con interpretazioni più sincopate e innovative, arrangiate in modo elaborato. Da allora questi meravigliosi brani percorrono il mondo.

In Italia il gospel piace per la bellezza e la forza delle esibizioni. Privato delle connotazioni ideologiche è divenuto oggetto di grandi festival e le sue avvolgenti armonie sono per noi legate alle festività natalizie: è bello ascoltare il gospel aspettando la vigilia. Per questo i teatri del nostro territorio ospitano ogni anno dei cori giunti direttamente dagli Stati Uniti.

The Harlem Voices

Al Teatro Galleria di Legnano l’appuntamento con il gospel degli Harlem Voices, New York sarà venerdì 22 dicembre. La band è costituita da 7 elementi: 5 voci e una sezione ritmica tastiera/basso e batteria. La formazione – che vanta un’esperienza ventennale e ha accompagnato i tour di artisti come Mariah Carey, Shakira e gli U2 – unisce alle melodie del gospel anche pezzi r’n’b, soul e funky. A guidare il canto il pastore Eric B. Turner, da anni lead singer dei Temptations e dei Drifters e attore in diversi musical e celebri serie televisive come “Law&Order” e “CSI: NY”.

The Benedict Gospel Choir

Al Teatro Openjobmetis di Varese il gospel sarà invece in scena sabato 23 dicembre. Le 35 voci che formano il Benedict Gospel Choir from South Carolina – USA attingeranno ai generi più diversi, mescolando gospel, spirituals, blues, reggae e musica africana tradizionale. Il coro si è esibito in tutto il mondo, ha vinto sette volte il prestigioso concorso “Black Music Caucus Gospel Choir” di New York e ha cantato con star internazionali, oltre a partecipare a eventi come il Concerto di Natale in Vaticano 2000, trasmesso in mondovisione.

E anche quest’anno il gospel potrà arrivarci dritto al cuore, comunicando un messaggio importante di tolleranza e umanità.

The Harlem Voices, 22 dicembre – ore 21, Teatro Galleria, Legnano

Benedict Gospel Choir, 23 dicembre – ore 21, Teatro Openjobmetis, Varese

Chiara Ambrosioni