Paesaggio, 1911. Pinacoteca di Brera, ph. Ar. Fot. BreraPaesaggio, 1911. Pinacoteca di Brera,
ph. Ar. Fot. Brera

Rapporto esclusivo – Già nel 1970, Lamberto Vitali premise alla sua monografia, "Giorgio Morandi pittore", pubblicata dalle Edizioni del Milione, la premessa che "forse il libro su Morandi verrà soltanto fra una cinquantina d'anni, quando le prospettive si saranno assestate e molti fatti (…) si saranno chiariti". Di anni oggi ne sono passati poco meno di quaranta e forse possiamo credere che alcune di quelle prospettive si siano davvero assestate e i fatti per molti versi si vadano chiarendo. L'intento della mostra che Villa Panza dedica al solitario bolognese sembra andare in questa direzione. Lungo quel versante di ricerca, ad esempio, che chiarisce la vicenda del pittore mettendo in luce lo stretto ancorché esclusivo rapporto tra Morandi e i suoi selezionati, lungimiranti collezionisti, nel tempo entrati nella ristretta cerchia di frequentazioni amicali del maestro.

Lo spazio da riempire – "Giorgio Morandi. Collezionisti e amici", racconta, in particolare nell'indagine condotta da Flavio Fergonzi in catalogo, della precoce relazione che si instaura tra un artista apparentemente pedante con un bozzolo di innamorati di quel suo fare calmo, pittoricamente parlando e non, presente a se stesso, tanto nella giovanile meditazione sugli esempi francesi, poi sino al finire degli anni dieci nell'adesione alla poetica della metafisica, fino a quella perfetta epifania di un nuovo spazio, poetico ed emotivo, da riempire, che si manifesta in maniera algida e ancora conturbante, ad esempio, in quel Vaso di fiori, del 1920, (in mostra), oggi in collezione privata, ma già dell'importante nucleo raccolto negli anni dallo stesso Vitali. Un innamoramento che porta, alcuni di loro, a far lievitare i propri giacimenti morandiani, come solo un rapporto quasi di necessità amorosa con l'opera d'arte, può comportare.

Vaso di Fiori, 1920, Col. pr. ph - M. AlariVaso di Fiori, 1920, Col. pr. ph – M. Alari

In tandem con il Met – Con questa mostra, che richiama quella folgorante d'apertura dedicata a Segantini e quella altrettanto significativa, centrata sulla collezione di Claudia Gianferrari, lo spazio espositivo di Biumo e del Fai, si pone idealmente in contatto con il Metropolitan di New York dove poche settimane fa si è aperta una imponente retrospettiva dedicata all'artista, pittore italiano tra i più apprezzati oltreoceano e in tempi non sospetti, in un curioso parallelismo con il progetto di Villa Panza. Una concomitanza che ha fatto in parte derogare da alcune scelte fatte in precedenza da Anna Bernardini, curatrice della mostra varesina, e da Flavio Fergonzi, presente in catalogo, peraltro, anche nella mostra del Met.

Le collezioni – La mostra di Biumo è invece una primizia, per Varese. Non si ricorda, a memoria, una presenza morandiana di tale entità e tanto più di questa qualità. Qualità certificata dalla provenienza della maggior parte delle opere: dal Mart di Trento e di Rovereto, innazitutto. Che conserva, tra le altre, le collezioni Ferro e Giovanardi, tra le più esemplificative della pittura italiana del Novecento; e poi ancora dalle Civiche raccolte d'arte di Milano, dalla collezione Magnani di Parma, da quella di Adriano Olivetti, oggi Telecom e da altri selezionati privati.

Natura morta, 1960. Mart - Arc. Fot. MartNatura morta, 1960. Mart – Arc. Fot. Mart

Verso l'arte povera – E' dal Mart che tuttavia in particolare, muove, la nuova prospettiva espositiva di Villa Panza. Dal suo insediamento la responsabile Anna Bernardini ha inteso sviluppare i suoi progetti mettendo in relazione l'esperienza collezionistica di Panza con altre esperienze simili. Progetto ambizioso che prevedeva, ad un certo punto, un rapporto con fondazioni internazionali, come la Beyeler; ambizione alla fine non concretizzatasi. Concretizzato invece il protocollo d'intesa triennale con il museo trentino diretto da Gabriella Belli. Che dopo l'indagine su Morandi, offrirà la base per nuove mostre a Varese, a cominciare da quella sull'arte povera, per il 2009.

Panziano – Né va dimenticato, ammirando, i piccoli cosmi morandiani, appuntati al muro delle Scuderie secondo l'allestimento previsto da Gae Aulenti, quanto di sottilmente 'panziano' esista in questa mostra. Il salto tra una mostra come quella di Appleby, o di altri artisti di Panza o quella mirabile di Franco Vimercati e questa di rarefatta pittura italiana, non è poi così senza rete come può sembrare. Come non vedere che quel minimalismo del solitario bolognese, quelle sollecitazioni lievi ma intense alla materia pittorica, quell'insistenza esistenziale su un nucleo fondativo di immaginazione e di ispirazione assomiglia tanto, ma tanto, al percorso ugualmente minimale, ugualmente vibrante di tanta arte che Panza ha fedelmente collezionato per tutta la vita?