La fuga in EgittoLa fuga in Egitto

Isabella Marelli è ispettrice di zona della Soprintendenza per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico per la Provincia di Varese. L'incaricata, in poche parole, per conto della Direzione Regionale per i Beni Culturali, di attendere ad ogni questione relativa alla tutela, alla conservazione, al restauro dei beni artistici sul nostro territorio. E' lei, in prima persona, ad occuparsi della questione relativa alla Fuga in Egitto di Renato Guttuso.

Dottoressa Marelli, cominciamo a sgombrare il campo da tutti i dubbi e le imprecisiioni possibili.
"Mi sembra che la maggior confusione sia sulla proprietà dell'opera firmata di Guttuso. Che è a tutti gli effetti un bene ecclesiastico, di proprietà della Curia. Tutti gli altri soggetti, sono come dire terzi, anche la Fondazione Paolo VI che ha la cura del Viale delle Cappelle, le imprese che che ci lavorano naturalmente, gli architetti spesso nominati e attivi sull'argomento. Il nostro interlocutore ufficiale è la Curia".

Perchè il dipinto è ancora nelle condizioni che tutti oggi possono vedere, cioè altamente e pericolosamente malmesso?
"Perchè i progetti che sinora ci sono stati presentati non ottemperavano i requisiti richiesti. Erano presentati in molti casi da non professionisti. In altri da professionisti che tuttavia non avevano le carte in regola, secondo i parametri che, a maggior ragione dopo l'entrata in vigore del Codice Urbani nel 2004, sono diventati oltremodo vincolanti".

Vale a dire?
"Occorre aver frequentato scuole specifiche, con adeguate specializzazioni, non basta essere usciti dall'Accademi di Belle Arti. Ma sopratutto è richiesta una preparazione ad hoc nello specifico della tecnica dell'acrilico, comprovata e documentata".

Si dice che la Soprintendenza intenda imporre solo restauratori provenienti dalla Lombardia
"Non è vero. E' almeno cinque anni che chiediamo che ci venga presentato, come dicevo, un progetto serio. Senza nessuna preclusione. La Fondazione può individuare chi vuole ma nel rispetto di quelle caratteristiche che dicevo in precedenza. Di contro abbiamo tempo fa chiesto all'Istituto Centrale del Restauro di compiere delle prime analisi termografiche sul dipinto. Da lì abbiamo chiesto ai responsabili del dipinto di procedere ad approfondite e serie analisi stratigrafiche della pellicola pittorica che stiamo tuttavia ancora aspettando".

Però il tempo passa e il dipinto si sgretola.
"Bisogna sfatare anche questa imprecisione. Il problema non è l'umidità. L'opera è staccata dal muro e certo, sta in un contesto che non è totalmente privo di umidità circostante ed è esposto agli agenti atmosferici. Ma il problema sta, probabilmente, in altro: nel cemento di supporto steso di fretta, nelle fessurazioni, e anche nei successivi interventi di pseudorestauro. Ci sono molte stratificazioni, l'obiettivo è tornare a quanto stato fatto di originale".

Tuttavia la sensazione è che tutti stiano aspettando tutti. Possibile?
"Già dal 2002 avevo scritto che era assolutamente necessario attivare una campagnia di studi e di restauro. Ma  il compito della soprintendenza è quello di accogliere proposte valide e cassare quelle che ritiene inadatte".

Sono state fatte nel tempo e anche ultimamente molte ipotesi olteché sul restauro anche sulla messa in sicurezza definitiva dell'opera. Qual' è la posizione ufficiale della Soprintendenza?
"Se si riferisce alla famosa ipotesi Botta, il parere è negativo. Arretrare l'opera, creare una sorta di seconda cappella vicina a quella esistente, chiuderla all'interno di una teca con una probabile centralina esterna per l'impianto di condizionamento avrebbe voluto dire alterare profondamente un contesto che è così da 400 anni ed è tutelato dall'Unesco. Senza contare che l'esposizione al sole di una superficie riflettente potrebbe provocare disagi".

E l'ipotesi di uno spostamento?
"Mi sembra altrettanto impercorribile. Si tratta, non dimentichiamolo, di un enorme pannello di cemento armato fissato al muro retrostante con 90 zanche, le quali tra l'altro hanno probabilmente inficiato la tenuta del supporto stesso. Muoverlo, non si sa bene peraltro in che modo, sarebbe altrettanto rischioso per la sua sopravvivenza, c'è il rischio che ci si ritrovi con tanti cubetti di dipinto in mano".

Dunque?
"No a soluzioni improvvide. Preservare il contesto e restaurare l'affresco riportandolo alle condizioni originarie eliminando le aggiunte successive".