Il Crocifisso di CimabueIl Crocifisso di Cimabue

La pittura della seconda metà del Duecento, specie in Toscana e a Roma, vive di spunti gotico-bizantini.
L'arte e la cultura europee, tuttavia, dovranno attendere solo un paio di generazioni e l'avvento del ciclone Giotto che con la sua immensa rivoluzione, ribalterà la situazione, cambiando dall'interno le stesse ragioni dell'arte pittorica di tutto il mondo occidentale.

La più grande personalità della pittura fiorentina pregiottesca è Cimabue,
colui che come ci tramanda Dante sembrava "tener lo campo", ovvero dominare la scena artistica prima di venir sopravanzato da Giotto, il suo più geniale allievo.

A Cimabue spetta però un passo fondamentale nella transizione dalle figure ieratiche e idealizzate (di tradizione bizantina) verso veri soggetti, dotati di umanità ed emozioni, che saranno alla base della pittura italiana e occidentale moderna.

La data di nascita approssimativa si basa sulla menzione di Vasari e su un calcolo dell'età che doveva avere nel 1272, quando a Roma viene citato come testimone in un atto pubblico di notevole importanza, quindi verosimilmente sui trent'anni.

Probabilmente la sua formazione si svolge a Firenze, tra maestri di cultura bizantina. Già con il Crocifisso della chiesa di San Domenico di Arezzo, databile attorno al 1270, Cimabue segna un distacco sensibile dalla maniera bizantina. In questa opera, il maestro si orienta verso le recenti rappresentazioni del Christus patiens dipinte verso il 1250 da Giunta Pisano, aggiornando l'iconografia ed arcuando ancora maggiormente il corpo del Cristo, che ormai deborda, occupando tutta la fascia alla sinistra della croce.

Di un decennio successivo è il Crocifisso per la chiesa fiorentina di Santa Croce, gravemente danneggiato dall'alluvione di Firenze del 1966. Alto tre metri e 90 è un crocifisso grandioso, con la posa del Cristo ancora più sinuosa, ma è soprattutto la resa pittorica delicatamente sfumata a rappresentare una rivoluzione, con un naturalismo privo di quelle dure pennellate grafiche e dei contorni spigolosi che si riscontrano nei lavori bizantini.

Madonna in trono con il Bambino e angeliMadonna in trono con il Bambino
e angeli

Quello appeso alla croce, ore è un corpo morto e la luce modella con il chiaroscuro i realistici volumi dell'addome, del costato, delle spalle e delle gambe della figura.

Cimabue anche nell'iconografia tradizionale della Madonna col bambino stabilisce un nuovo canone con il quale si dovettero confrontare i pittori successivi. È ancora del 1280 la Madonna con il Bambino oggi al Louvre e proveniente dalla chiesa di San Francesco a Pisa. In questa opera è amplificata la maestosità e migliore è la resa naturalistica, pur senza concessioni al sentimentalismo.
Il trono è disegnato con un'assonometria intuitiva, anche se gli angeli sono disposti ritmicamente attorno al seggio, senza interesse ad una reale disposizione nello spazio.

Di lì a poco un altro grande della pittura avrebbe guardato con interesse a Cimabue: stiamo parlando del senese Duccio di Buoninsegna.

Gli Uffizi oggi conservano un'altra Maestà di Cimabue, che viene attribuita ad un momento più tardo, tra il 1290 e il 1300. La principale novità di questa pala è il maggior senso tridimensionale del trono, che crea un vero e proprio palcoscenico al di sotto del quale si apre un loggiato che per un effetto illusionistico appare al centro come un'esedra: qui trovano posto i busti di Geremia, Abramo, Davide e Isaia che sembrano affacciarsi in uno spazio realisticamente definito.
Le espressioni sono anche più dolci, per cui alcuni critici ritengono verosimile collocare l'opera in un periodo in cui Giotto era già attivo e le sue novità influenzavano anche il maestro.