Copia di Image1.jpg“Il primo testo pacifista della storia occidentale”. Suona come una provocazione ma anche come una dichiarazione d’intenti la presentazione di Marco Bernardi, regista de Le troiane di Euripide.

“Ecuba, invece, è l’interlocutore di tutti gli uomini e le donne che arrivano in scena e accompagna tutto il racconto”.

A quasi vent’anni di distanza, Marco Bernardi è tornato a confrontarsi con una tragedia classica: era il 1996 quando diresse “Medea” interpretata da Patrizia Milani e Carlo Simoni. Ancora una volta Euripide, ancora una volta l’universo femminile in primo piano.

 

La continuità del dramma, sotto gli occhi dello spettatore, è garantita scenicamente dalla presenza costante di Ecuba (riversa a terra priva di forze durante il prologo divino, e poi testimone sempre più angosciata di tanti orrori). Ancora una volta, a differenza di Eschilo e di Sofocle, i protagonisti del teatro di Euripide appaiono privi di valenze eroiche e ormai vicini all’uomo comune. “Troiane” porta in scena la guerra vista con l’occhio degli sconfitti, è denuncia radicale della guerra come dramma universale, in cui ogni epoca può rispecchiarsi.

 

Con un rivoluzionario cambio di prospettiva, l’ateniese Euripide comincia la tragedia là dove l’epos di Omero finisce.

Siamo all’indomani della caduta di Troia e la schiavitù attende Ecuba e le donne troiane che vengono spartite tra gli eroi greci: Cassandra andrà ad Agamennone, Polissena sarà sacrificata sulla tomba di Achille, Andromaca sarà di Neottolemo ed Ecuba di Odisseo. Mentre Ecuba si dispera per essere toccata al nemico più odiato, appare Cassandra: la sacerdotessa è in preda al delirio e inneggia alle sue prossime nozze con Agamennone, di cui profetizza la morte imminente. Appare poi Andromaca che intreccia con Ecuba un disperato κομμός: di lì a poco sarà portata via con il figlio Astianatte. Così Troia è data alle fiamme. Il destino dei vinti si articola in questo defilé di figure femminili che rappresentano altrettanti ruoli ed altrettante esperienze travolte dalla spirale della violenza, urgenti di raccontare, un’ultima volta, la propria storia. 220px-Euripides_Pio-Clementino_Inv302.jpg

 

Con Euripide entra nella tragedia, più ancora che con Eschilo e con Sofocle, la realtà culturale contemporanea e i miti rappresentati sono scelti e focalizzati in modo da dare rilievo agli argomenti di viva attualità come la questione femminile, la guerra, la critica al mito. Le Troiane, infatti, sono state presentate quando si stava decidendo sulla spedizione di Sicilia, pochi mesi dopo che gli Ateniesi avevano represso duramente il tentativo dei Melii di conservare la propria indipendenza. Anche se il poeta al momento del massacro aveva forse già scritto in tutto o in parte il suo testo, è indubbio che la tragedia è nata come reazione a un certo clima politico, ad una degenerazione del sentire comune che aveva dato luogo a massacri da una parte e dall’altra. Ora l’autore non si riconosce più nell’agire e nello spirito di Atene: egli si fa portavoce dei vinti, con un netto rifiuto delle ragioni della politica di potenza.

 

Dotato di uno straordinario senso del teatro, Euripide rinnovò costantemente la sua drammaturgia, che è caratterizzata da un calibrato gioco delle tensioni drammatiche e da una sempre nuova organizzazione dell’intreccio e dei movimenti scenici. Colpi di scena, trovate drammaturgiche, pathos intenso e gusto della descrizione psicologica avvicinano molto le sue tragedie alla nostra concezione del teatro.

Uno degli aspetti più caratterizzanti delle sue tragedie è l’ampio spazio dedicato all’interiorità dei personaggi e all’analisi degli impulsi irrazionali; come tema di fondo ricorrono la critica dei valori tradizionali e la denuncia del disagio esistenziale dell’uomo.

Il teatro di Piazza della Repubblica ha ospitato la tragedia: “Le Troiane” di Euripide, la più radicale denuncia dei disastri della guerra. Lo spettacolo, portato in scena dal Teatro Stabile di Bolzano, ha la firma del regista Marco Bernardi.