Busto A. – Il corpo umano è sempre presente nella ricerca di Erjon Nazerai. Per l’artista è fondamentale per esprimere riflessioni e concetti e spesso, in particolare nelle performance, l’artista usa se stesso come materia per costruire le proprie narrazioni. Il corpo è inteso come abitazione capace di creare, attraverso condizioni spazio-temporali, nuove dimensioni, che valicano i confini fisici per aprirsi a viaggi infiniti tra mondi altri.
In questo contenitore, il “bagaglio” che ci portiamo dietro, come lo stesso artista lo definisce, convivono sensazioni ed emozioni. Non è un mondo crepuscolare quello di Nazeraj. Anzi. E’ chiaro, luminoso e sincero: un universo capace di stimolare e provocare pensieri e rimandi.

Nel progetto Habitus, presentato nel 2018 allo spazio espositivo dell’Oratorio di San Quirino a Parma, ad esempio l’artista riflette sul rapporto tra corpo e abitazione in un momento storico in cui il flusso migratorio ricodificava il concetto stesso di casa. L’artista, in un percorso scultoreo affiancato dagli scatti di Valentina Scaletti, così intende congelare i fatti di cronaca, documentando i paradossi delle frontiere europee, i respingimenti e gli abbandoni di centinaia di corpi sulle coste, ad esempio di Ventimiglia.
“Le immagini di quelle coperte termiche, abbandonate sulla scogliera, mi hanno colpito molto – spiega Nazeraj.
Coperte che avvolgono e abbracciano, proteggono. Ma è l’illusione forse di una conquista, di un cambiamento. Una nuova vita, una nuova casa, un nuovo mondo? L’abitazione diventa qualcosa da indossare, un lenzuolo, un sudario contemporaneo. L’abito diventa uno stato di emergenza che accomuna tutti: un simulacro salvifico. Una nuova migrazione, un nuovo esodo: pezzi di abitazioni lasciati lungo il tragitto. Il fallimento di una fuga che non può essere compressa e minimizzata.
Erjon (classe 1982) di origini albanesi, arriva in Italia nel 2001 e conosce molto bene il significato di immigrazione, il peso di lasciare la propria terra martoriata dai cambiamenti socio-politici per raggiungerne una nuova nella quale ricostruirsi e costruire. “A volte – dice – mi isolo dalla realtà e mi lascio trasportare dall’immaginazione dove non ci sono confini e penso, mi confronto…”
E, a proposito di cambiamenti imposti, questa volta dovuti alla pandemia Covid-19, durante lo scorso lockdown, l’artista ha realizzato una serie di acquarelli dove protagonista è sempre il corpo umano. “In questi lavori cerco di esortare le nostre incertezze del futuro, dove tutto quello che si credeva stabile, anche economicamente, all’improvviso svanisce nell’assenza di una prospettiva, interpretandola con soggetti colti mentre cadono verticalmente verso il vuoto, spinti o attirati da una sorta di forza di gravità. In questo momento, in un susseguirsi di movimenti irrefrenabili perdono o assumono nuove forme quasi fossero delle presenze atemporali“.
L’artista è convinto che il nostro corpo sia composto più da spazio che da materia e che, attraverso l’immaginazione, possiamo espanderci all’infinito. Senza confini.

E. Farioli