È da pochi giorni uscito nelle librerie il nuovo libro di Andrea Dall'Asta S.J. "Dio storia dell'uomo", sottotitolo Dalla Parola all'Immagine, con prefazione di Bartolomeo Sorge (Edizioni Messaggero Padova, pp.207, € 23,00) dove il Direttore della Galleria San Fedele di Milano struttura, attraverso la storia dell'immagine, un percorso analitico dove antropologia, filosofia, teologia, psicologia e arte si fondono al fine di fare comprendere come, nel corso dei secoli siano mutati gli aspetti iconografici atti a raffigurare le fisionomie del Divino non disgiunto dal rapporto che la Chiesa, nel suo evolversi, ha stabilito nel corso dei secoli con gli aspetti concettuali e formali di quegli artisti che si sono impegnati nella raffigurazione di Dio fatto uomo.
Abbiamo incontrato Padre Andrea Dall'Asta in Galleria per parlare del libro in questione.

"La conoscenza di Dio in origine si manifestò attraverso la parola".
"Grazie alla sua parola creatrice, Dio crea un cosmo da una massa caotica informe e forma un popolo, Israele, da una serie di tribù nomadi. Tuttavia, non si mostra mai all'uomo. Al di là di una qualunque rigida semplificazione, per il mondo ebraico Dio si rivela al suo popolo essenzialmente attraverso la parola".

"In tale misura come si spiega il continuo sottrarsi del volto di Dio al suo popolo?"

"Nelle scritture ebraiche, si avverte il timore che la visione del volto si trasformi in possesso, manipolazione, idolatria, mentre Dio si pone al di là di ogni possibilità di cattura. Dio è sempre percepito nella distanza e nella differenza, è pura trascendenza e sfugge a qualunque definizione che lo vorrebbe ingabbiare in un concetto o in una visione".

"Con l'incarnazione, Dio assume un volto, quello di Gesù".
"La parola di Dio si fa carne, si fa visibile, non solo, con il dono dello Spirito la storia di Dio diventa storia dell'uomo e il volto di Dio assume il "tratto" di un volto umano, facendosi "ritratto". Nel volto di Dio l'uomo può riconoscere il proprio volto, si tratta di una rivoluzione antropologica e teologica senza precedenti. La vita di Dio non abita più l'assoluta trascendenza dell'icona ma si cala nella nostra realtà quotidiana, descritta nell'arte secondo la prospettiva lineare che invita l'uomo a una riflessione sul senso del tempo. Siamo alle origini della nostra visione del mondo".

"Nel libro dedichi particolare attenzione all'Autoritratto di Albrecht Durer eseguito nel 1500".
"Infatti il noto pittore tedesco, dipingendo il proprio volto fa coincidere i propri lineamenti con quelli di Cristo. Sotto il proprio Autoritratto scrive: "Io, Albrecht Durer di Norimberga, all'età di 28 anni, con colori eterni ho creato me stesso a mia immagine". Se con l'incarnazione, il destino dell'uomo era quello di diventare divino, il destino di Dio è quello di farsi uomo. Il ritratto del pittore tedesco diventa così simbolo di una nuova creazione, della coscienza di una profonda dignità umana che affonda le radici nella fede cristiana. Siamo alle origini del soggetto moderno".

"Un secondo artista preso in considerazione è Georges Rouault".
"Georges Rouault costituisce uno degli esempi più significativi di come la figura di Cristo, e in particolare il suo volto, siano stati indagati nel Novecento. La bellezza di Dio di derivazione rinascimentale sembra con lui lasciare il posto a un'espressività che vuole raccontare il dramma umano".

"Accanto al volto e al corpo di Cristo compare anche la figura di Maria".
"Maria è simbolo della chiesa, della nuova Eva, della madre dei credenti; riflettendo sul Cantico dei Cantici, Maria è amata anche dell'amore con cui lo sposo ama la sposa, e Maria è la sposa, il nuovo Israele, la Chiesa".

"In uno degli ultimi capitoli evidenzi la frammentarietà e le diversificazioni da cui è percorsa l'arte contemporanea".
"La ragione per cui l'arte contemporanea è così frammentata e diversificata nelle sue espressioni – pensiamo solo alla distanza fra Pollock e Freud, tra Bacon e la Pop Art, tra Spalletti e Hirst – è dovuta probabilmente al fatto che è abitata dall'ansia di una ricerca di senso, sempre insoddisfatta e di fronte alla quale la Chiesa si sente impreparata e confusa".

"Dopo tale affermazione, quale arte sarà in grado di dialogare con la Chiesa?"
"Sarà l'arte che pensa,
che ha il coraggio di cercare per credere, amare, sperare, sarà l'arte che non si accontenta dell'orizzonte di questo mondo ma che si accende al desiderio di dare risposte al mistero ultimo dell'esistenza in una ricerca continua di riconoscere un senso al destino e alla vita, un'arte che sa riflettere nell'ascolto delle vere domande che abitano ogni uomo".