Busto A. – Manca una manciata di giorni all’apertura della mostra “Splendori del Settecento sul lago di Como: Villa Carlotta e i marchesi Clerici” allestita nelle sale della suggestiva dimora che, con il suo museo e il giardino botanico, viene definita un gioiello del lago di Como. La prestigiosa esposizione, che verrà inaugurata sabato 22 giugno (alle 11), illustrerà la storia della villa e dei proprietari, i marchesi Clerici, mercanti di lana e seta. Il percorso si snoda attraverso dipinti e stampe che ricostruiscono le vicende a partire dalla costruzione del palazzo, fine Seicento, sino alla vendita al collezionista Giovanni Battista Sommariva, avvenuta nel 1801.
In occasione della mostra alcuni dipinti, in particolare tre, risalenti al Seicento, tornano in villa dopo essere stati per lungo tempo depositati nella parrocchia di Tremezzo. Come si può immaginare le condizioni delle tele, eseguite da tre grandi artisti del periodo, rispettivamente Legnanino, Filippo Abbiati e Paolo Cazzaniga, hanno richiesto interventi di recupero. Così come necessitavano di restauro le due tele alle quali ha lavorato la restauratrice Isabella Pirola, che abbiamo incontrato nel suo laboratorio. Sono i ritratti di Giorgio e Anton Giorgio Clerici, due figure di rilievo del nobile casato, opere che appartengono al percorso della mostra.

Gli interventi di restauro

Giorgio Clerici, prima del restauro
Anton Giorgio Clerici, prima del restauro

” Entrambe le tele – spiega la restauratrice- presentavano criticità conservative abbastanza importanti. Un’ opera, proveniente dall’ospedale Maggiore di Milano eseguita dal ritrattista Giuseppe Rivolta (documentato nel 1736), raffigura Giorgio, fondatore della Villa; l’altra, di proprietà privata, ritrae Anton Giorgio, personaggio di particolare rilevanza ricordato per aver commissionato a Tiepolo l’affresco nella galleria di Palazzo Clerici a Milano. Gli intereventi eseguiti su questo dipinto sono stati soprattutto di manutenzione straordinaria in quanto lo stato di conservazione non presentava gravi danni. Quindi, una volta asportate le vernici ingiallite che non consentivano la lettura dell’opera, sono state reintegrate le piccole lacune. La pulitura ha consentito che venissero messi in risalto alcuni particolari interessanti come il “Toson d’oro”, (onorificenza che conferiva un importante merito) di cui era stato insignito, ora evidente sull’elegante abito”.
Più complesso e lungo il lavoro di recupero sul ritratto di Giorgio. “E’ un dipinto che negli anni ha subito numerosi interventi di restauro. – prosegue Pirola – Presentava tagli e lacerazioni ma soprattutto era completamente ricoperto da spessissimi protettivi e vernici, ingiallite e ossidate che impedivano la lettura. In particolar modo, nella parte della scritta (in basso a destra), non si sa per quale motivo, due parole erano state coperte e cancellate da una ridipintura a olio. Nel corso dei lavori, in accordo con la soprintendenza, sono state recuperate ed ora sono leggibili. Asportando gli strati non originali presesnti sopra la pellicola pittorica, sono inoltre emersi i valori cromatici e la luminosità originali. Un lavoro di grande soddisfazione!”.

Spesso, nel suo studio, capitano opere firmate da maestri che hanno segnato la storia dell’arte. Cosa si prova, a “mettere” mano a questi lavori?

Hayez, Lultimo bacio di Romeo a Giulietta

“Ho avuto l’onore di lavorare a un’altra opera importante, uno dei famosi baci di Hayez, il primo eseguito dall’artista, esposto recentemente alla mostra del Romanticismo alle Gallerie d’Italia a Milano, da poco terminata. Questo dipinto, tra l’altro appartiene alla collezione permanente di Villa Carlotta a Tremezzino. Un altro importante lavoro sul quale sono intervenuta è di Roberto Venturi: un’opera eseguita nel 1870, di proprietà della Pinacoteca di Brera, che apriva il percorso espositivo della recente mostra dedicata ad Antonello da Messina a Palazzo Reale. E’ stato scelto perché era un valido rimando a come veniva visto, in quell’epoca, Antoni

RobertoVenturi, 1870

o di Giovanni de Antonio (nome originale del grande pittore siciliano), oltre ad essere stata una nota divertente per l’atmosfera e il contenuto rappresentati. Raffigura, infatti, Giovanni Bellini che, nello studio di Venezia, spia il maestro da Messina cercando di carpire i segreti sulla sua pittura a olio. Avere il privilegio di lavorare a opere così importanti è senza dubbio una grande responsabilità che mi dà l’opportunità di crescere professionalmente per le problematiche conservative che si devono affrontare e risolvere”.

E. Farioli