Ci sono ancora le poltrone davanti al camino, la stufa di maiolica e i suoi amatissimi libri. Sullo scrittoio il pennino e gli occhiali.
In quella "casa civile con giardino, posta nella contrada del Morone", Alessandro Manzoni ci arrivò ventitreenne con la giovane moglie Enrichetta Blondel. L'aveva acquistata nel 1813 per poco più di 100 mila lire e ci visse fino alla morte, nel maggio del 1873. Due piani, un cortile interno e un ampio giardino, dove, si racconta, lo stesso Manzoni avesse piantato le due grandi magnolie tuttora presenti:
La dimora poi passò di mano in mano, ma per i milanesi è sempre rimasta un punto di riferimento identitario, culturale e spirituale insieme, e dal 1965 ospita il Museo manzoniano.
Chiusa al pubblico da marzo, i lavori di restauro sono stati compiuti dalla società gallaratese "Gasparoli restauri e manutenzioni", nuovamente impegnata nel contesto milanese, a pochi mesi dalla conclusione dei lavori alla Galleria Vittorio Emanuele.
Un restauro conservativo, che mostra sotto una nuova luce la sala rossa per il pranzo, lo studio nel quale nacquero i Promessi Sposi, la camera in cui lo scrittore morì, con tanto di oggetti personali e arredi dell'epoca: tutto parla del Grande Lombardo esattamente come lo abbiamo sempre immaginato, severo ed elegante, umile e nobile allo stesso tempo.