Ben Vautier, Pour le plaisir de toucher, coll. Archivio BonottoBen Vautier, Pour le plaisir de toucher,
coll. Archivio Bonotto

Fondato e battezzato da George Maciunas (Kaunas, 1931 – Boston, 1978), architetto e grafico lituano naturalizzato statunitense, Fluxus rappresenta a tutt'oggi uno dei (non) movimenti artistici più complessi dei primi anni Sessanta. Nato in contrapposizione alla Pop Art, al Minimalismo e al Nouveau réalisme – al grido di "qualunque cosa può essere arte e chiunque la può fare" – questo collettivo unitario negava la distinzione, e la distanza, tra arte e vita, considerando la routine quotidiana parte integrante dei suoi eventi artistici, affiancati spesso da concerti, festival o perfomance teatrali, e comunicati con una grafica graffiante e mordace.

Per celebrare il cinquantenario della sua nascita, il m.a.x.museo di Chiasso ospita una grande esposizione che attraverso trecento opere – per lo più grafiche (bozzetti, manifesti, cartoline, locandine) – offre uno spaccato esauriente del serbatoio di personalità che lo alimentarono: George Brecht, Yoko Ono, Robert Watts, Dick Higgins, Ben Vautier, Alison Knowles, Ben Patterson, Giuseppe Chiari, Eric Andersen, Philip Corner, Wolf Wostell, Joseph Beuys, Larry Miller, Ay-O, Mieko Shiomi, Takako Saito, Robert Filliou, Ken Friedman, Al Hansen, Geoffrey Hendricks, Joe Jones, Milan Knizak, Shigeko Kubota, Emmet Williams, La Monte Young, Gianni Emilio Simonetti e moltissimi altri ancora. Punti di riferimento del movimento furono le teorie musicali del compositore John Cage e il "ready-made" di Marcel Duchamp di cui troviamo in mostra un nutrito nucleo di incisioni provenienti dalla Collezione Schwarz e un ritratto realizzatogli dall'amico e compagno di "esperimenti" Man Ray. Fu proprio la sua Boîte-en-Valise (Scatola in valigia, 1935-1941) a dare il via alle riflessioni di Fluxus sui tradizionali confini tra parola e immagine, tra testo e oggetto.

Smantellando l'aura magica dell'opera d'arte, e

George Maciunas, Name Cards, coll. Archivio BonottoGeorge Maciunas, Name Cards,
coll. Archivio Bonotto

puntando su un'estetica dell'accumulazione, questo movimento diede vita a un arte "illimitata, prodotta in serie, accessibile a tutti e possibilmente prodotta da tutti". Dai Flux Tattoos (1967) di George Maciunas, i tatuaggi realizzati con simboli egiziani, immagini di cerniere, spille da balia, tappini di penne e medaglie, ai Fluxpost (1993), i francobolli postali blu ideati da Robert Watts, passando per le imperdibili Fluxus Boxes e i più noti Fluxus Kits, tra cui spicca A suicide kit di Ben Vautier, una scatolina in versione tascabile che nei suoi scomparti custodisce ordinatamente una lametta, una corda, dei fiammiferi, una presa e una minuscola bomba atomica. Singolare anche la Bottled musica (1993) di Mieko Shiomi, una teca di legno in cui sono allineate diverse bottigliette di vetro contenenti dei concentrati di musica, come la Bottled music # 10 Time-capsule, compresse da prendere "when you want to change the speed of time in your life".

Accompagnano l'esposizione il Fluxfilm anthology, un video realizzato negli anni Sessanta con 37 cortometraggi narranti l'effimero umorismo di questa avanguardia, e un'installazione dell'artista e musicista giapponese Yoko Ono che per l'occasione ha installato fuori dal museo uno dei suoi famosi Wish Trees, una pianta di ulivo destinata ad accogliere tutti i desideri e le richieste dei visitatori.

FLUXUS
Una rivoluzione creativa: 1962-2012
Fino al 22 luglio 2012
a cura di Antonio d'Avossa e Nicoletta Ossanna Cavadini
Chiasso, m.a.x.museo, Via Dante Alighieri 6
Orari: da martedì a domenica, dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 18.00
Lunedì chiuso
Costo biglietto: intero adulti CHF 10.-, ridotto CHF 7.-,

gruppi superiori a 15 persone CHF 5.-