'Macroombre''Macroombre'

Parallelismi tra luoghi e ombre – L'amore di Livio Borghi per la natura, la sua passione per i colori, il suoi ritmi di creazioni, sono ormai cosa nota. Lui che ha iniziato una lunga opera fin dagli anni '70, dando vita a quel sentimento di dipendenza che muove ancora oggi l'uomo nel sentire il bisogno di vivere la natura, nella natura, con la natura. E' sua, realizzata nel 1981, l'opera 'Macroombra', su una delle grandi rocce che costeggiano la salita al Campo dei Fiori. Ed oggi, a quasi trentanni di vita, l'opera richiede l'intervento del suo autore. "Dalla superficie della roccia, si stanno staccando delle scaglie e in certi punti è venuto via il colore, o si è scolorito", precisa l'artista, "il mio intervento è quello di ridare lucentezza all'opera, di rinfrescarla, anche in occasione dei Mondiali, che se anche non passeranno esattamente davanti all'opera, molti saranno i visitatori incuriositi dal Sacro Monte e Campo dei Fiori".

Il tempo di creare – Ma l'anomalia, non sta nel restauro dell'opera, ma nel fatto che verrà svolto dallo stesso autore che l'ha eseguita. Il perchè è rivelato dallo stesso Borghi: "è un grido d'allarme. Il pittore oggi esegue opere che restaura direttamente lui. Quello che è cambiato è lo spirito dell'opera. Il restauro com'è inteso abitualmente, è rivolto ai capolavori pittorici del passato, dal '400 fino al 1800. Gli interventi di conservazione in questi casi risultava indispensabile per garantire la salvaguardia della preziosità dell'opera", spiega il pittore. Cambia dunque lo spirito nell'opera: "tutto è più veloce, i tempi sono stretti, è questo che porta l'artista di fronte ad una sua opera che chiede aiuto".

Artista all'operaArtista all'opera

Uomo – natura – "Osmosi imprescindibile", definisce Borghi questo legame. Un'emozione che lui sente pressante. Ne è esempio l'opera del Campo dei Fiori, un esempio tra le 400 dello stesso tenore, disseminate in Lombardia. Ricorda come sia cambiata negli anni la visione di quest'opera. "Nei giorni in cui la stavo realizzando, ricordo che sono arrivati anche dei vigili che non erano particolarmente favorevoli al mio lavoro. Io creavo fin da allora un tipo di arte pubblica, che volevo fosse vista dalla gente; elemento determinante questo anche per la scelta dei luoghi dove realizzare le mie Ombre. Sperimentavo e creavo quando ancora non c'erano i writers e i graffitari", racconta Livio Borghi, che ricorda poi piacevolmente quando nel 2001, compiuti i 20 anni dell'opera, ha ricevuto un invito per la mostra 'Ombre diffuse sul territorio', organizzata al Caffè Veratti, con i suoi studi legati a questo tipo di realizzazione, accompagnata da un aperitivo organizzato proprio davanti a 'Macroombre'. Tre sono i colori che animano la roccia del Campo dei Fiori, giallo, rosso e blu, stesi in quest'ordine. "Colori primari, studiati e creati con l'aiuto di un chimico. Dovevano essere il più possibile resistenti, trasparenti, per non coprirsi uno con l'altro, ma permettere le sfumature nel momento in cui due tinte si incrociano".

Carpe diem – Parlando con l'artista, ascoltando il suo pensiero creativo, penetrando nella natura, raffiora un idea di arte simile a quella che era stata fatta propria dagli Impressionisti. E in effetti un legame c'è, ma con una sostanziale differenza: "quel gruppo di artisti, che facevano capo a Monet, studiavano le variazioni di luce su uno stesso soggetto, nei diversi momenti della giornata. Forzavano questo, nel senso che era sempre l'uomo che si collocava con il cavalletto e decide cosa cogliere di un determinato momento. Io differentemente mi inserisco nel ritmo naturale, faccia a faccia con il tempo, quello reale". Questo vale anche per 'Macroombre'. "E' il modo di operare che assume un preciso valore. In questo preciso lavoro non potevo seguire le ombre reali, ho così suddiviso l'operato in tre giornate, stendendo un colore alla volta, continuando il giorno seguente dove ho lasciato l'ombra del giorno prima", quella stessa ombra di alberi che decorano la roccia. "Quando mi trovo di fronte ad una tela bianca il tempo diventa ancora altro, – racconta il pittore – i colori sono catturati in tempo reale, seguo precisamente un'ombra. Un vero miracolo. Nell'arco di 10 minuti nasce un quadro", frutto indiscusso dello scorrere della vita. 

Livio Borghi al lavoroLivio Borghi al lavoro

L'arte di oggi – Considerato sempre all'avanguardia, Livio Borghi confessa che oggi invece la sua pittura è spesso poco apprezzata. Leggi di mercato. Dissemina colori nelle strade, sui ponti, sulle rocce, nella natura, e non si allerta alla possibile scomparsa di qualche sua creazione. "Sulla Milano-Laghi avevo lavorato in passato su tre ponti, tutti abbattuti per la costruzione della terza corsia dell'autostrada; era il loro destino". C'è un che di precario che lega il fare artistico con quello che l'opera vuole essere; un mezzo per gli uomini, vicino a loro deve vivere e a loro deve raccontare.

Scenario ad hoc – Oltre che con l'opera varesina, tornata a originaria vitalità, Livio Borghi sarà presente sulla scena pubblica in un'altra occasione. Per tutte le domenica di ottobre, presso il Parco di Minoprio, sarà visitabile la mostra del pittore, 'Colori d'autunno', della serie 'Paesaggi riTROVATI'. Luogo che pare essere costruito su misura per l'arte di Borghi; tripudio di natura, trionfo del reale.

'Colori d'autunno'
mostra del pittore Livio Borghi

Fondazione Minoprio
viale Raimondi, 54
Vertemate con Minoprio (CO)
tel. 031-900224
www.fondazioneminoprio.it
orari: dalle 9.00 alle 17.30
domeniche di ottobre 5-12-19-26