La Torre del CastelloLa Torre del Castello

Il solitario castello del Baradello domina dall'alto la città di Como, come un guardiano vigila nella notte. Eppure dal Baradello è passata la Storia, storia che oggi un team del Civico Museo "Paolo Giovio", coordinato da Lanfredo Castelletti e da Isabella Nobile De Agostini sta portando alla luce con scavi e studi. Di questo si è parlato a Como, presso il Civico Museo Paolo Giovio, lo scorso venerdì, in una conferenza dal titolo "Recenti scoperte al Castello Baradello".

Qualche dato geografico – Situato all'interno del parco della Spina Verde, il colle Baradello è posto all'ingresso sud di Como, in posizione dominante sulla pianura verso Milano e le colline della Brianza. L'etimologia del nome rimanderebbe alla radice bar e al celtico barrus, ovvero luogo elevato. E la fortuna storica del luogo è dovuta proprio alla sua posizione sopraelevata, adatta alla costruzione di luoghi fortificati.

Già frequentato in epoca protostorica, il Baradello

Scavi recentiScavi recenti

probabilmente anche in epoca romana presentava una torre di vedetta, tanto più che una fonte di VII sec. d. C., la "Descriptio orbis Romani" cita come difesa del tardo impero romano contro i barbari proprio un Castron Baractelia. In epoca comunale, Milano e Como si scontrarono fra il 1118 e il 1127: la vittoria dei Milanesi segnò la distruzione di Como e delle sue fortificazioni, compreso il Castello Baradello. Dopo trenta anni, Como riuscì a ribaltare la situazione, alleandosi con Federico il Barbarossa contro Milano: uscita vincitrice dal conflitto, organizzò la ricostruzione della città e anche delle fortificazioni del colle. Nel XIII secolo, durante le lotte fra Torriani e Visconti, il colle tornò ancora protagonista: qui infatti Ottone Visconti rinchiuse Napo Torriani. A partire dal XV secolo il Baradello cadde in disuso, fino a che nel 1527 il governatore spagnolo di Milano ne ordinò l'abbattimento. Ecco perché, oggigiorno, rimane solamente la torre.

Gli scavi – Già eseguiti negli anni Settanta, sono stati ripresi dal 2008, assieme all'introduzione di ricerche di superficie e nuove tecnologie. La novità di maggior rilievo, già emersa nella prima campagna, è la presenza di un castello precedente a quello ricostruito da Federico Barbarossa, e risalente presumibilmente al VI secolo d.C. Le attività del 2009 e del 2010 si sono distinte in ricognizione e scavo vero e proprio. Le analisi di superficie hanno evidenziato altre murature ad ovest del castello, e in particolare la porzione di un massiccio muro, alto oltre due metri e mezzo e dallo spessore di un metro. Il muro, pertinente alle mura esterne del castello databile al V-VI sec. d. C., si sviluppa per trecento metri di lunghezza, per congiungersi, infine, altre mura. I materiali usati sono locali, come la pietra di Moltrasio e poi frammenti di coppi, tegoloni e di marmo di Musso.

Un tratto dell'antica cinta murariaUn tratto dell'antica cinta muraria

Nello scavo, si è proceduto per saggi. Ne sono stati aperti sei, ma di questi solo uno è risultato indicativo. Negli altri, infatti, la compresenza di materiali di epoche diverse dimostra che in passato sono stati effettuati scavi, che hanno compromesso la stratigrafia. Sebbene quella, che in gergo viene definita affidabilità archeologica, sia nulla, interessanti sono i materiali rinvenuti nei saggi, ancora in fase di studio. Ci sono infatti frammenti di ceramica rinascimentale, soprattutto ciotole e boccali, cardini in ferro e perline in pasta vitrea datate più indietro, fra IX e X sec. d. C. Addirittura si sono rinvenuti frammenti di bottiglie in vetro moderne. Rimanda invece alla storia più antica del sito, al VI-VII sec. d. C., un coperchio in ceramica. Accanto a questi materiali, monete di XVI secolo.

Molto più attendibile, come hanno spiegato gli archeologi impegnati nel lavoro, Clelia Orsenigo e Marco Biraghi, è stato l'ultimo saggio, non intaccato da interventi precedenti. Da questo saggio provengono molti frammenti di ceramica, di calici in vetro, tutti inquadrabili, grazie a confronti con i siti fortificati di Monte Barro, Luino e Tremona, nello stesso arco di tempo, cioè nel periodo altomedievale.

Il Lidar. Con questo temine si intende il Light Detection and Ranging, uno dei moderni strumenti usati per

I Musei Civici di ComoI Musei Civici di Como

l'analisi del territorio, che misura il tempo che il raggio laser impiega per entrare nel terreno ed essere riflesso. La velocità dipende da ciò che il raggio trova sottoterra. Questo sistema permette di avere delle distanze precise e di "vedere", sotto la vegetazione, l'andamento del terreno e di rivelare eventuali anomalie.

Le malte – Oggi sono considerate nell'archeologia un interessante ambito di studio, perché, se sottoposte a indagini scientifiche, possono rivelare informazioni utili alla comprensione della vita di un sito. Il Dipartimento di Chimica dell'Università dell'Insubria si sta occupando di questo e ha prelevato sistematicamente le malte delle diverse murature presenti.

Un progetto pioneristico – Il Cudam, Centro di Datazioni dell'Università Milano-Bicocca, sta tentando un esperimento innovativo: usare il metodo del carbonio14 per datare le malte. Può sembrare strano, perché tale metodo di datazione è usato per gli esseri viventi. Ma in realtà anche la malta assorbe l'anidride carbonica dell'aria, trasformandola in carbonato di calcio. La sperimentazione è ancora in fase iniziale, ma si attendono i risultati con curiosità e fiducia.

La valorizzazione del Baradello prevede anche un restauro che non stravolga l'assetto del luogo. Addetti ai lavori e non solo sperano che sia possibile, in futuro, creare un percorso di visita, con pannelli e didascalie. Riscoperto il passato, un futuro glorioso si prospetta, pertanto, per la grande sentinella di pietra del Baradello.