Baj, Plastiche in mostra a MilanoBaj, Plastiche in mostra a Milano

L'orrore dell'arte è l'orrore che l'arte contemporanea prova per se stessa oppure l'orrore che produce nel pubblico? Era l'amletico quesito di Enrico Baj e Paul Virilio che hanno firmato a quattro mani "Discorso sull'orrore dell'arte", vero balsamo di eterna giovinezza mentale. Scomparso nel 2003 e a Varese ancora tanto rimpianto e ricordato con affetto e nostalgia, Enrico Baj vede da lassù – o chissà da dove – un'interessante rassegna intitolata "Plastiche", allestita alla Fondazione Marconi.

Vede da lassù e, con buona probabilità, se la ride. Lui che nella sua irriverente ed illuminata ironia non ha risparmiato niente e nessuno. Nemmeno le cravatte: "Tutto il mondo si è piegato alla legge della cravatta. Per alcuni è un nodo scorsoio, per altri un fallo pendulo, per altri ancora la prosecuzione del cordone ombelicale. La cravatta è la decorazione preferita dall'uomo moderno, perché sostituisce completamente medaglie e decori militari e civili. La cravatta è il migliore simbolo della società occidentale contemporanea".

Baj ha utilizzato da sempre materiali eterogenei per rompere gli schemi e per il suo interesse verso la

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materia e le sue infinite possibilità espressive. E la mostra, allestita sui due piani dello spazio espositivo milanese, documenta la ricerca dell'artista sulle materie plastiche, dal 1963 al 1970. Per l'occasione sarà pubblicato come di consueto il Quaderno della Fondazione, che riprende l'idea dei giornalini dello Studio Marconi degli anni '70, volto all'analisi di alcune delle opere in mostra attraverso una selezione di documenti dell'epoca e testi critici di Luciano Caramel, Enrico Crispolti e Guido Ballo.

Le prime plastiche usate da Baj nel 1963 furono il Meccano e le mattonelle di "Lego", gioco allora nuovissimo e combinatorio all'infinito per antonomasia. In seguito sperimentò tutti i materiali plastici: dal cloruro di potassio all'acetato di cellulosa, il polietilene, le foglie di PVC imbottite di resina espansa, non solo inserendo questi materiali all'interno dei suoi collages, ma realizzando opere interamente in plastica. Le prime plastiche furono esposte nel 1967 al 15° premio di Lissone e vennero presentate allo Studio Marconi nel febbraio del 1969.

Più surreale dei Surrealisti e dada dei Dadaisti, Enrico Baj ha, per così dire, contaminato tutti i materiali con la sua libera ed inafferrabile creatività. In mostra sono esposti personaggi grotteschi che hanno nomi impronunciabili ed onomatopeici, come Albmilalf (1968), Izzoighitalti (1968), Emsterkem (1969), protagonisti di una commedia tragicomica che Baj mette in scena per prendere di mira la società dei consumi con i suoi comportamenti stereotipati e i suoi falsi miti. Tra queste è esposto anche Punching General (1969) "…un multiplo, a grandezza d'uomo, (…). Una sorta di generale montato su una molla come un punching-ball, che io consigliavo alle forze dell'ordine di adottare affinchè i contestatori, gli studenti del '68, volendo scaricare il loro odio verso l'autorità costituita, fossero messi nella possibilità di prendere a pugni finalmente un generale".

Enrico Baj – Plastiche
Fino al 23 dicembre
Fondazione Giorgio Marconi di Milano
Via Alessandro Tadino 15
Per info.: 02.29419232 , 02.29417278 (fax);
info@fondazionemarconi.org – www.fondazionemarconi.org
Orari: da martedì a sabato 10.30 – 12.30 e 15.30 – 19.00