Prof.DominioniProf.Dominioni

Varese: Villa Recalcati – In un salone conferenze gremito di persone Bruna Brambilla ha introdotto Lorenzo Dominioni e Maurizio Redegoso, i relatori di una serata dedicata alla cultura armena, filone cui da anni si interessa Universauser, promotore dell'iniziativa insieme a Italia Nostra, al Centro di studi storici e archeologici di Varese e ai numerosi patrocinanti: Comune e Provincia di Varese, Varese Europea, Università dell'Insubria, Cesvov e Unione italiana ciechi e ipovedenti.

Lorenzo Dominioni – È chirurgo e docente dell'Università dell'Insubria, ma anche appassionato cultore di storia dell'arte, in particolare di simboli e decorazioni scultoree medievali, dei quali ha approfondito i rapporti fra arte armena e romanico lombardo. A chiunque gli ponga la domanda perché si dedichi a questo settore, benché medico, dichiara di non conoscere la risposta, vi si dedica perché sente di volerlo fare.

Lastra di S.AbbondioLastra di S.Abbondio

I motivi scultorei e architettonici – Originario di un città come Como che conserva numerose testimonianze romaniche, fra cui si cita per esempio la Chiesa di Sant'Abbondio, il professore non poté sin da giovane rimanere indifferente alla bellezza di certi monumenti. Il fascino si è poi trasformato in passione e quindi in ricerca da dieci anni a questa parte, diventando frequentatore assiduo di chiese e musei europei ed armeni. Nella cultura armena molti studiosi prima di lui hanno riconosciuto l'archetipo di molte decorazioni scultoree ancora oggi visibili su diverse chiese romaniche lombarde, e non solo. I motivi a intreccio delle decorazioni parietali, gli archetti pensili, i capitelli sferico- cubici e le strutture ottagone o emisferiche su base quadrata di certe cupole, si faccia l'esempio di Sant'ambrogio a Milano, derivano da architetture che in Armenia erano sviluppate già nel 7° sec. d.C., dunque molti anni prima che si diffondessero in Italia.

Il sole radiante – Il più interessante fra i motivi decorativi è il sole radiante, di cui si ha testimonianza esemplare in un capitello e in una lastra scultorea della chiesa comasca di Sant'Abbondio. Si tratta di una decorazione sulla quale la maggior parte dei ricercatori non si è ancora interrogata, ma della quale Dominioni ha cercato provenienza e significato. Nemmeno grandi storici dell'arte, come De Francovich e Strzygowsy, che già nel secolo scorso avevano intuito quanto la scultura romanica fosse debitrice di quella armena, si sono mai dedicati al motivo del sole radiante. È grazie ad un professore armeno se oggi si sa che quel simbolo sta a significare eternità, ma è grazie a Dominioni se oggi si conoscono il significato che esso ebbe in Occidente in epoca medievale e i motivi per i quali in certi secoli della storia esso fu maggiormente rappresentato in Occidente anziché in Oriente.

Particolare della proiezioneParticolare della proiezione

La diffusione – Da studi statistici è emerso che l'VIII, il IX e il XII secolo furono quelli nei quali il motivo del sole radiante fu ampiamente utilizzato come decorazione scultorea nelle chiese europee, non solo in quelle lombarde, con lo scopo di raffigurare l'eternità, ma anche la divinità. Il professore riconduce le cause della diffusione di certe decorazioni a delle contingenze storiche, ovvero alle due diaspore subite dagli Armeni che emigrarono da est a ovest, portando con sé numerosi manoscritti miniati, con conseguente trasferimento del sapere e del fare artistico da oriente a occidente. La prima ondata migratoria avvenne nel 7°-8° secolo a causa degli Arabi, la seconda fra 11°-12° secolo a causa dei Turchi selgiuchidi che distrussero la cultura armena, per imporre la propria. Ma fra le motivazioni, come giustamente asserisce Dominioni, va tenuto conto del fatto che, comunque, fra Occidente ed Oriente i contatti esistevano già molto tempo prima di queste diaspore e che di non poco conto fu anche l'arrivo di missionari orientali a Milano e nelle vicinanze in età longobarda, come ulteriore causa di influenze artistiche esercitate dall'est sull'ovest: gli affreschi di Santa Maria Foris Portas a Castelseprio ne sono un grande esempio.

La croce uncinata – Anch'essa di iconografia armena e rappresentata spesso in associazione al sole radiante in molte delle decorazioni scultoree del romanico lombardo non ha ancora ricevuto l'attenzione che merita. È presente in una piccola lastra parietale della chiesa di Sant'Ambrogio e benché la scultura di questo edificio sia stato oggetto di numerose e recenti ricerche (l'ultima risale al 2005) nessuno studioso vi fa cenno. Eppure una simile rappresentazione si trova anche nelle centralissime Santa Sabina e Santa Maria in Cosmedin a Roma. Dunque anche questo sarà motivo per Dominioni per proseguire la sua instancabile e appassionata ricerca.

La musica armena – La seconda parte della serata è stata condotta da Maurizio Redegoso, diplomato in violino e viola, che ha deliziato i presenti con riproduzioni dal vivo e via stereo di musiche armene, spiegando che l'arte musicale al pari di quella figurativa ha influito molto sugli sviluppi della musica occidentale.Ll'ascolto di un brano che accompagnava i primi riti cristiani ad opera di monaci come Mesrop Machdotz, inventore dell'alfabeto armeno, interpretato dalla soprano armena Loussiné Zakarian è servito a comprendere quanto i successivi canti gregoriani, a livello di spartito e tecnica vocale, siano debitori nei confronti di un'arte che aveva le sue origini nell'Oriente del IV secolo d.C.. Ma la spiritualità armena è emersa con tutta la sua forza nei suoni emanati dal duduk, lo strumento principe della cultura musicale armena, capace di cullare gli animi di chiunque lo ascolti e in grado di produrre una musica che nemmeno i simili clarinetto e oboe occidentali possono eguagliare. A dimostrazione del fatto che ancora una volta nell'atavica cultura orientale c'è da riconoscere molto della nostra essenza occidentale.