Ultime serate per “Arcumeggia si racconta”, lo spettacolo di luci, voci, testimonianze, immagini che la Provincia di Varese ha prodotto per ricordare i primi cinquant'anni di vita del paese dipinto per eccellenza.

Un'eccellenza insidiata da problemi fisici, dagli agenti atmosferici che aggrediscono i muri affrescati, ma anche dall'allentarsi, nel tempo, dello slancio e dello spirito artistico, umano, turistico e socioculturale che furono all'origine della vicenda cinquantenaria di Arcumeggia.

Paese di mezza montagna prealpina, chiave di passaggio fra Valcuvia e Valtravaglia, di un'economia votata alle fatiche per sopravvivere e alla dura realtà dell'emigrazione stagionale, sino a quando, nel 1956, un'idea alternativa, balzana anche, alla fin fine, nasce, fa proseliti e si concretizza in vissuto, opere, persone diventando, dopo mezzo secolo, un pezzo di storia del territorio. Questa bella, avvincente, irripetibile storia ripercorre il viaggio multimediale in dieci stazioni, da iniziare quando su Arcumeggia è sceso il buio e da compiere a turni, a gruppi, accompagnati per i rustici selciati e le corti del paese.

Alla prima stazione, poco sopra il lavatoio, si presenta con un ritratto fotografico ingrandito la mole di uno dei pittori più legato all'utopia di Arcumeggia, Gianfilippo Usellini, la voce narrante di tutto il racconto. Questo tocca i punti salienti dell'impresa, nata nel 1956 come scommessa dei dirigenti dell'Ente di Promozione Turistica varesino, che otterranno nel luglio di quell'anno la presenza di ben dieci pittori, alle prese con i primi affreschi.

Nella suggestione di fumi, fasci di luce a illuminare gli affreschi e schermi dove scorrono le foto d'epoca, le citazioni storiche e le testimonianze dei “sopravvissuti”, si viene a conoscenza dei protagonisti, dei luoghi e degli episodi più importanti dell'avventura di Arcumeggia.

Nei primi cinque anni di vita si rincorrono l'estemporanea di pittura “Aspetti della Valcuvia”, la costruzione della “Casa del Pittore”, la “Festa dell'emigrante” e l'istituzione, nel 1961, del primo Corso estivo di affresco. Nel 1959, invece, si ha l'affaire dell'affresco censurato di Sante Monachesi, autore del manifesto “Dipingiamo sull'architettura”, bandito dai tetti di Arcumeggia.

Tale “spinta propulsiva” nel tempo va esaurendosi, lo si evince anche dal racconto, drammaturgicamente sobrio ed efficace, con l'eccezione, nelle impervie viuzze, dei fumogeni e della musica New Age, non proprio congeniali alla rude poesia del paese.

Nell'ultima stazione, la voce di Usellini, con nobile ritegno, si congeda: “…non tutto è stato detto…, il resto, chiedetelo ai muri!…” – quelli dipinti, s'intende, che ancora oggi ci parlano, perché i temi e gli stili quasi sempre furono riusciti.

"Arcumeggia si racconta” ha comprensibilmente evitato di parlare della crisi e quasi dell'agonia di Arcumeggia, rispetto ai tempi aurei degli inizi. Gli ultimi decenni sono stati grami, con qualche isolata fioritura ma nessuna nuova primavera.

Ci si augura che il manifesto “Ripartire da Arcumeggia”, sottoscritto da Provincia di Varese, Comune di Casalzuigno e Comunità Montana della Valcuvia, possa veramente rivatilizzare con idee nuove, al di là dei momenti celebrativi, delle riproposte del passato e degli stessi restauri (doverosissimi), un paese dipinto che non vuole e non può campare di memoria.