Giovanni AlleviGo with the flow – “Quando devo sedermi accanto a un pianoforte e iniziare il mio concerto mi faccio sempre prendere da un pizzico di agitazione e allora mi dico…Go with the flow”. Si è liberato dai suoi freni inibitori, si è abbandonato nella suggestiva delicatezza delle note, si è denudato della sua esteriorità – quasi buffa – ed è entrato a far parte dell’intima leggiadria del pianoforte. Un concerto per piano solo portato in scena da un Giovanni Allevi capace di far emozionare, tanto sicuro della sua maestria artistica quanto emotivamente fragile. Tutto esaurito, come succede ormai da quattro anni, ieri sera – giovedì 29 aprile – al Teatro Stabile d’Insubria di Varese per lo spettacolo del famoso pianista dalla chioma selvaggia. Un’esteriorità che cozza con il suo modo di calcare il palcoscenico, così puro, preciso, pulito. E’ proprio questa la cifra significativa di Allevi: la capacità di lasciarsi andare e di seguire il suo intuito, di trasportare tutta la sua anima in un brano, di coinvolgere e di far sognare lo spettatore. Una sensibilità che il pianista accoglie, nutre, interroga; un intuito che gli è amico e compagno fedele; un momento di bianca perfezione che siamo invitati ad accogliere dentro noi stessi e quando questo avviene allora siamo “in the flow”, trasportati da una corrente, da un fiume di sensazioni che ci allontana dalla realtà e che ci invita ad assaporare minuto dopo minuto le sue note che, delicatamente, vibrano nell’anima.

 

Giovanni AlleviUn artista vicino alla gente – Come ha affermato lui stesso “Ogni artista deve essere un po’ filosofo, un po’ inventore, un po’ folle e deve uscire da quella torre di avorio e avvicinarsi al sentire comune”. Una concezione rinascimentale che viene impressa nelle sue composizioni: dalla famosa “Aria” che rispecchia il suo modo di essere libero, all’ “Orologio degli Dei” che ricorda il battito cardiaco di ogni uomo, da “Monolocale 730 a.m.” che ha scritto giovanissimo quando per vivere la musica non bastava e per tirare la fine del mese lavorava come cameriere, a “Jazzmatic” dove emerge la sua anima jazz . E ancora “Come sei veramente”, “Japan”, “Back to life”, “Panic”, “Piano Karate”. Alla fine di ogni canzone, quando anche l’ultima piccola vibrazione delle corde del pianoforte è sfumata, il pianista marchigiano si alza e riscuote il meritato applauso, con dignità e discrezione. A tributarglielo una platea eterogenea, dal giovane amante di quel fare da teenager dell’artista a persone più attempate curiose di vedere quel mix tra modernità e classicismo. In conclusione, l’arrivo sul palco di un colorato mazzo di fiori regalato dalle sue fan più accanite, le stesse che – alla fine di ogni brano – si alzavano in piedi per ringraziarlo.

Una ventina di pezzi, tra brani di grandi compositori come Bach e Chopin a famosi successi scritti nell’arco della sua carriera sui generis: ieri sera, giovedì 29 aprile, il “genietto” della musica – Giovanni Allevi – ha ammaliato la platea del Teatro Stabile d’Insubria.