Alba (CN)- La città omaggia Alberto Burri, uno dei grandi protagonisti dell’arte del Novecento con due esposizioni. “La poesia della materia” ospitata nelle sale della Fondazione Ferrero l’altra, intitolata ” Il Cretto di Gibellina”, è invece visitabile negli spazi di Palazzo Banca d’Alba.
La mostra alla Fondazione, a cura di Bruno Corà, presenta un allestimento studiato appositamente per gli spazi della Fondazione, articolato in una serie di sale che accolgono quarantacinque opere, tra cui lavori di grandi dimensioni. La selezione delle opere copre un arco temporale che va dal 1945, con i primi “Catrami” (1948), sino alle ultime opere “Oro e nero” datate 1993 e prossime alla scomparsa dell’artista avvenuta nel 1995.

Tra i lavori esposti, le prime opere dell’artista, originario di Città di Castello, appartenenti ai cicli delle “muffe”, dei “sacchi”, “delle combustioni”, dei “legni”, dei “ferri”, delle “plastiche”, dei “cretti” e dei “cellotex”, esperienze cruciali per la pittura contemporanea che portano il nome dei materiali che Burri di volta in volta ha utilizzato trasformandoli in capitoli di un’unica concezione artistica. La mostra è corredata da un catalogo edito da Skira, curato da Bruno Corà, con i contributi critici e di studio di, José Jiménez, Thierry Dufrêne, Petra Richter e Mario Diacono, oltre una ricca documentazione iconografica delle opere e apparati biografici. Organizzati anche una serie di percorsi didattici.
La conoscenza del maestro Burri (Città di Castello, 1915 – Nizza, 1995) prosegue nelle sale di Palazzo Banca d’Alba con la mostra “Burri. Il Cretto di Gibellina” a cura di Bruno Corà, Tiziano Sarteanesi e Stefano Valeri.

L’esposizione qui invece dedicata all’opera di land art e site-specific che l’artista ha realizzato a Gibellina, il paese siciliano distrutto dal terremoto del Belice nel 1968, trasformandolo in un simbolo di rinascita estetica. Il maestro umbro, tra 1985 e 1989 concepisce e avvia la composizione del “Grande Cretto” (concluso nel 2015), utilizzando il cemento bianco per inglobare e trasformare le macerie irrecuperabili della città vecchia in un ideale sudario rivolto alla memoria del tragico evento. Un’imponente un’opera, tra le più estese del mondo con i suoi 80 mila metri quadrati di ampiezza.

Le mostre sono visitabili sino al prossimo 30 gennaio. Orari: feriali 11 – 18; sabato, domenica e festivi: 10 – 19.

Note biografiche

Alberto Burri ha iniziato a dipingere mentre era prigioniero negli Stati Uniti , durante la seconda guerra mondiale Laureato in medicina si è poi deicato alla pittura dedicandosi a ricerche astratte utilizzando materiali particolari come sabbie, catrami, pomice e smalti che diventranno un linguaggio di rinnovamento nella poetica informale. Nel 1951 partecipa alla fondazione del gruppo romano Origine. Inizia la serie di cicli che segneranno pagine della storia dell’arte. Si ricordano I Neri, i Gobbi dove la superficie del dipinto viee deformata da protuberanze con l’inserimento, dietro il telaio, di rami nodosi; le Muffe, i Sacchi (i primi risalgono al 1950), le Combustioni (1957), i Ferri (1958), i Legni (1959) fino alle Plastiche degli anni ’70 ottenuti dalla manipolazione di materie artificiali. Tutti i materiali si fanno “colore” sulla tela. l collage, le lacerazioni, le cuciture, le bruciature si presentano in una immagine tanto drammatica e violenta quanto poetica. Caratterizza gli anni ’70 anche la serie dei Cretti, dalle vaste superfici screpolate, e dei Cellotex. Una progressiva tendenza alla monumentalità caratterizza la sua produzione dalla fine degli anni Settanta, a partire dai cicli pittorici, fino alle grandi sculture in .
Nel 1978 Burri costituisce a Città di Castello (Palazzo Albizzini, aperto nel 1981, ed ex Seccatoi del tabacco, 1990) una fondazione dove lascia molte opere .