Apre il 18 novembre al Museo Castiglioni la mostra dedicata alla scoperta fatta in Africa, sulle rive del Mar Rosso. Al lavoro sul sito storici ed esperti del Pontificio Istituto di Archeologia per vagliare nuove informazioni sulla storia della cristianità.

Sono iniziati nel 2011 gli scavi compiuti in Eritrea dai fratelli Castiglioni, che hanno vissuto insieme una lunga e affascinante avventura, coniugando il loro entusiasmo con lo spirito di ricerca nella storia e nel passato. Negli ultimi mesi Angelo ha continuato con passione le indagini sul sito di Adulis, proseguendo il percorso di ricerca avviato con il fratello Alfredo, scomparso nel 2016. La sorprendente scoperta data ottobre 2017: la missione archeologica ha portato alla luce due chiese paleocristiane della seconda metà del quarto secolo, edificate pochi decenni dopo l’editto di Costantino, del 313, che liberalizzò il culto della cristianità. “A questo proposito è interessante ricordare quello che dicono i libri di storia – spiega Marco Castiglioni, figlio di Angelo, giornalista e oggi impegnato nella realizzazione di entusiasmanti mostre negli spazi del museo -. Secondo gli storici le uniche architetture cristiane anteriori al quarto secolo, a parte i rari scavi nelle fondamenta di antiche chiese, sono le architetture ipogee dette in seguito ‘catacombe’. Se la catacomba è tipica del culto cristiano perseguitato, nel Corno d’Africa non c’era la persecuzione e la religione cristiana ha potuto radicarsi ed esprimersi, fin dall’inizio, con delle grandi strutture di culto”. Tutto ciò spiega l’importanza della mostra “Adulis: la città perduta”, che – dal 18 novembre al 15 aprile 2018 – porta a Varese, negli spazi del Museo Castiglioni, le testimonianze inedite che stanno riemergendo sulla storia della città portuale e sulla sua importanza di snodo culturale e commerciale. “Questa scoperta in parte riscrive la storia della cristianità in Africa – afferma Castiglioni -, prima non si era mai pensato che la religione cristiana si fosse radicata in questo territorio in maniera così importante e così indietro nel tempo. 

Una scoperta incredibile, che spiega perché il Corno d’Africa sia un’isola di cristianità in un continente che è per la maggior parte islamizzato. Gli scavi stanno offrendo risposte davvero importanti. Negli spazi della mostra abbiamo voluto trasmettere l’interesse archeologico, ma anche lo stupore per le dimensioni di queste basiliche con un gioco di superfici e riflessi. Raccontiamo poi, con reperti e ricostruzioni, la storia di Adulis: un porto sul Mar Rosso che ha avuto a lungo un ruolo importante nella storia dell’umanità. Da lì passavano tutte le merci e le comunicazioni verso il Mediterraneo. Il Mar Rosso è stato una delle grandi vie di comunicazione dell’antichità, insieme alla Via della Seta, alla Via del Sale e alla Via delle Spezie. Era uno dei corridoi commerciali che permettevano di congiungere luoghi lontani del mondo. Tra gli oggetti emersi negli scavi ci sono anche delle statuette indiane: un chiaro collegamento con un paese lontanissimo a quell’epoca!”.

Ma quando si è iniziato a parlare di Adulis? “Fu scoperta dagli inglesi a fine Ottocento, poi fu la volta degli studiosi francesi, ma i lavori più significativi sono stati fatti dall’archeologo italiano Paribeni, durante il periodo fascista. Ad Adulis, tra gli altri atenei, sta lavorando l’Orientale di Napoli: un’università nata durante il periodo fascista proprio per studiare le vestigia rinvenute nelle nostre colonie”. Sono impegnati sul sito eritreo anche l’Università Cattolica – responsabile scientifica delle missioni è la Prof.ssa Serena Massa – e il Politecnico di Milano, attivo nelle operazioni di ricostruzione e restauro.
 
Ma perché compiere operazioni archeologiche proprio in Eritrea? Spiega Marco Castiglioni: “Mio padre e mio zio sono andati a scavare in quei luoghi dopo essere stati chiamati dal presidente Isaias Afewerki. Il paese africano è stato una nostra colonia, quindi c’è ancora un buon rapporto con l’Italia. Molti eritrei parlano l’italiano! Grazie a questo legame e al fatto che mio padre e mio zio da sempre avessero fatto ricerche archeologiche difficili, estreme, il presidente – che aveva sentito parlare di loro – li ha chiamati e gli ha detto che voleva aprire il suo paese al mondo e al turismo. Voleva portare alla luce dei siti antichi.‘Scegliete l’area che preferite’ – gli ha detto. Allora loro hanno fatto una ricerca storica e hanno capito che proprio in quel punto, sulle rive del Mar Rosso, doveva esserci qualcosa di interessante, poi coperto nei secoli da periodiche colate di fango e detriti e trasformato in un tavoliere arido, percorso da pastori e armenti. Dopo aver avuto la concessione per gli scavi mio padre e mio zio hanno pensato a tutta l’organizzazione, agli sponsor e alle università da coinvolgere. A quel punto sono iniziate le operazioni su un territorio gigantesco: 40 ettar di estensione. Adesso bisognerebbe lavorare in fretta per ottenere nuove informazioni, ma è difficile, perché ad Adulis il clima è tremendo: siamo sul Mar Rosso, 40° di giorno, umidi. Si può scavare solo d’inverno! Di Adulis si sa ancora poco, – continua Castiglioni – era nota nell’antichità per il commercio di: avorio, corna di rinoceronte, gusci di tartaruga, incenso, mirra, zibetto, cannella, elefanti e schiavi. Tutti prodotti ambiti nei paesi evoluti del tempo. Era il porto più importante del Regno di Axum che, con quello di Meru e l’Egitto faraonico, è stato uno dei più importanti regni d’Africa. Gli unici tre che hanno coniato moneta e hanno avuto una lingua propria. La civiltà di Axum è poco conosciuta: nel periodo coloniale abbiamo portato in Italia degli obelischi, il più bello dei quali, che era a Roma, è stato restituito all’Etiopia qualche anno fa tra le polemiche. Tornando ad Adulis, non si sa ancora quando sia nata: bisognerà scavare in profondità per andare a ritroso nel tempo e capirne l’origine. L’ipotesi è che sia faraonica, ma è un’idea ancora da dimostrare”. Tornando al presente dell’Eritrea bisogna ricordare il fascino di questo paese: “la capitale Asmara , ad esempio, è diventata patrimonio Unesco in virtù della sua architettura fascista – spiega Castiglioni -. Quando si cammina sulle sue strade sembra di essere nell’Italia degli anni ’30: ci sono ancora il Cinema Impero, c’è il Bar La bella Rosina, la fabbrica della Fiat. E’ tutto tenuto molto bene. La città è tranquilla, sicura e pulita e anche il clima è meraviglioso: sorge a 2400 metri di altitudine ed è un’eterna primavera. Poi c’è tutta l’Architettura Razionalista che è rimasta ferma nel tempo: gli architetti prima sperimentavano nelle colonie poi, se la cosa funzionava, la portavano in Italia”. Per chiudere ancora un’interessante nota biografica sui fratelli Castiglioni: “Il 2017 è il 60º anno di viaggio per mio padre e mio zio Angelo. Anche se è scomparso l’anno scorso, per me è come se fosse ancora impegnato negli scavi con mio padre. Erano una cosa unica. La loro incredibile storia di vita, di viaggio e di ricerca è iniziata nel 1957, quando, ventenni, presero la loro Vespa e dissero al padre che andavano in vacanza in Costa Azzurra. Poi hanno fatto una piccola deviazione: hanno attraversato la Francia, la Spagna e lo Stretto di Gibilterra e sono sbarcati in Marocco. Quindi si sono diretti in Algeria – dove c’era la guerra civile – poi in Mauritania e in Senegal. Mio nonno aveva comprato un atlante per seguire il percorso dei figli in Africa! Loro non si sono più fermati: sono diventati etnologi e antropologi sul campo e poi archeologi, riconosciuti nel mondo accademico internazionale, grazie alle scoperte fatte, prima di tutte la mitica città Berenice Pancrisia, origine dell’oro dei faraoni”. Una storia tutta da ripercorrere. Un particolare plauso va a Marco Castiglioni che, dopo aver allestito le mostre affascinanti e scientificamente esatte dedicate alla camera funeraria di Pashed – l’artista del faraone – alla tomba di Tutankhamon e agli stumenti musicali tribali (“Il canto della Terra”, in corso fino al 7 gennaio 2018) ora porta a Varese un importante pezzo della nostra storia, ospitandolo in un museo unico per la ricchezza di reperti.
http://video.artevarese.com/servizi-artevarese/2017/11/17/stg_20171117_adulis_citta_perduta_ambrosioni.mp4
Chiara Ambrosioni