Gallarate – La grande mostra “Kandinsky e l’Italia”, in programma al MA*GA dal 30 novembre al 12 aprile, si annuncia come uno degli appuntamenti espositivi più attesi. Curata da Elisabetta Barisoni e Emma Zanella, la rassegna presenta un corpus straordinario composto da 130 opere di Wassily Kandinsky e di altri protagonisti del panorama artistico europeo e italiano. Tra questi emergono nomi come Paul Klee, Jean Arp, Joan Miró, Alexander Calder, Antoni Tàpies, Lucio Fontana, Osvaldo Licini, Fausto Melotti, Manlio Rho, Carla Accardi, Giuseppe Capogrossi, Piero Dorazio, a testimonianza di una rete di influenze, dialoghi e tensioni creative che hanno segnato profondamente lo sviluppo delle arti astratte.

La mostra nasce con un obiettivo chiaro: mettere in luce il ruolo centrale del pensiero artistico di Kandinsky, considerato uno dei fondatori dell’arte astratta, e ricostruire la sua influenza sulla scena europea, con particolare attenzione alla fertile stagione dell’astrattismo italiano che si sviluppò tra gli anni Trenta e il secondo dopoguerra. Non si tratta semplicemente di un’esposizione celebrativa, ma di un’esplorazione attenta e documentata dei molteplici modi in cui le sue riflessioni teoriche e la sua produzione artistica hanno trovato eco nella ricerca visiva italiana.

Il percorso espositivo si apre con un’ampia sezione dedicata alla temperie culturale internazionale tra gli anni Venti e Trenta, periodo in cui Kandinsky, grazie alla sua attività didattica al Bauhaus, esercitò una profonda influenza sulla formazione di una nuova sensibilità artistica. Le sue teorie sul rapporto tra forma, colore e spiritualità nell’arte dialogano in mostra con le opere di Klee, Arp, Miró, Calder e Tàpies, mettendo in evidenza la varietà di approcci che contribuirono alla nascita dell’arte astratta come linguaggio autonomo.

Questa prima parte del percorso consente al visitatore di percepire la vivacità del dibattito artistico dell’epoca e di comprendere come l’innovazione non sia stata il frutto di un solo protagonista, ma di una costellazione di maestri che, pur partendo da presupposti differenti, condivisero la volontà di superare definitivamente la figurazione tradizionale.

La mostra prosegue poi con un approfondimento dedicato al rapporto tra Kandinsky e l’Italia, un legame meno noto al grande pubblico, eppure fondamentale per comprendere l’evoluzione dell’arte astratta nel nostro Paese. Centrale, in questo senso, è la storica personale dedicata al maestro russo nel 1934 alla Galleria del Milione di Milano, evento che ebbe una risonanza enorme nella comunità artistica italiana. Fu proprio in quell’occasione che molti artisti italiani riconobbero nella ricerca di Kandinsky una possibile alternativa alla figurazione dominante e un punto di riferimento teorico per sviluppare una via autonoma all’astrazione.

Da questo fertile confronto nacque una stagione ricchissima, rappresentata in mostra dai lavori di Lucio Fontana, Osvaldo Licini, Fausto Melotti, Manlio Rho, Enrico Prampolini, Atanasio Soldati, Luigi Veronesi e altri autori che, pur differenziandosi per poetica e linguaggio, contribuirono in modo decisivo alla costituzione dell’identità dell’arte astratta italiana. Le loro opere dimostrano non solo l’interesse verso le forme pure e il valore autonomo del colore, ma anche un approccio sperimentale che anticipa alcune evoluzioni dell’arte contemporanea.

La terza sezione della mostra affronta il secondo dopoguerra, periodo in cui il pensiero kandinskiano continuò a esercitare un forte richiamo, favorito da alcune mostre fondamentali come Arte astratta e concreta (Milano, 1947) e Arte Astratta in Italia (Roma, 1948). Parallelamente, la nascita di movimenti come Forma, MAC e Origine contribuì a diffondere le idee dell’astrattismo tra le nuove generazioni di artisti, desiderose di confrontarsi con un linguaggio capace di restituire la complessità dell’uomo contemporaneo. In questa parte conclusiva trovano spazio le opere di Carla Accardi, Giuseppe Capogrossi, Piero Dorazio, Roberto Sebastián Matta, Achille Perilli, Antonio Sanfilippo, Emilio Vedova, che reinterpretano l’eredità kandinskiana all’interno di traiettorie personali e originali. La varietà delle loro ricerche testimonia l’enorme plasticità del linguaggio astratto e la sua capacità di rinnovarsi mantenendo viva la tensione sperimentale delle origini.

“Kandinsky e l’Italia” non è soltanto una mostra, ma un percorso che invita a riflettere sulla genesi di un linguaggio artistico che ha cambiato il modo di vedere, pensare e rappresentare il mondo. Attraverso capolavori che dialogano tra loro come voci di un’unica, ampia narrazione, l’esposizione restituisce la ricchezza di un’eredità artistica ancora oggi viva e feconda nel panorama contemporaneo.

La mostra potrà essere visitata fino al 2 aprile, orari: da martedì a venerdì 10 – 18; sabato e domenica: 11 – 19.