«La forza del segno e del colore». Il titolo della mostra che Antonella Piccardi e Italo Magnaguagno dedicano a Giuseppe Montanari, nella loro galleria Arteidea di via Veratti 28 a Varese, con inaugurazione alle 11 di sabato 9 novembre, ben inquadra le pennellate di uno tra gli artisti più significativi del Novecento la cui parola pittorica – e poetica – «non diventa mai roca», come aveva scritto Orio Vergani.
Varese dovrebbe mostrare più attenzione – ed essere più riconoscente – nei confronti del pittore nato a Osimo il 30 ottobre 1899 ma poi, subito dopo la prima guerra mondiale, arrivato in città per porre la propria dimora all’inizio della maestosa strada delle quattordici cappelle che conduce al Sacro Monte e per conseguire il «diritto d’arte», cercando la giusta ispirazione e coltivando la propria tecnica.
L’esposizione di Arteidea colma una lacuna offrendo una significativa scelta di opere che vanno dal 1919 al 1972.
Fra i quadri esposti non spiccano solo La Colazione, del 1924, e La Buona Ventura, del 1925, o altre opere che ritraggono il vissuto denso ed eterogeneo di uomini e donne, colti nelle sfumature delle loro vite, ma anche quelli dei tre figli di Montanari: Luigi, Gian Carlo e Marisa, immortalati dalla sensibilità di un papà e dal pennello di un artista di raro talento.