{"id":61607,"date":"2021-07-08T11:00:12","date_gmt":"2021-07-08T09:00:12","guid":{"rendered":"https:\/\/www.artevarese.com\/?p=61607"},"modified":"2021-07-13T11:16:56","modified_gmt":"2021-07-13T09:16:56","slug":"chi-comandava-tra-i-longobardi-in-italia","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/chi-comandava-tra-i-longobardi-in-italia\/","title":{"rendered":"Chi comandava tra i Longobardi in Italia?"},"content":{"rendered":"

La dominazione longobarda nella maggior parte della Penisola dura oltre due secoli, dal 568 al 774 d.C., e al sud si protrae addirittura fino al 1053, anno in cui il Ducato di Benevento cade sotto il dominio normanno di Roberto il Guiscardo. Non \u00e8 quindi possibile pensare che, durante tutto questo periodo, l\u2019organizzazione sociale longobarda rimanga immutata. Cercheremo pertanto di fornire un quadro generale dei principali meccanismi di potere che regolano tale organizzazione, pur consapevoli che le eccezioni sono tante, variabili nel tempo e pure nello spazio, perch\u00e9 non dappertutto ci si regola allo stesso modo.<\/p>\n

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Le rovine del ponte d’ingresso a Castelseprio<\/figcaption><\/figure>\n

Quando si pensa a una societ\u00e0 barbarica alto medioevale, di solito ci si immagina una struttura di tipo piramidale, con al vertice il RE<\/strong> e sotto tutti gli altri; in internet si trovano anche diversi schemi che traducono in immagini questa teoria, la quale, pur costituendo un buon punto di partenza, presenta parecchi limiti, il primo dei quali riguarda proprio la figura del monarca.
\n\u00c8 opportuno infatti rammentare l\u2019atavica allergia delle genti del nord \u2013 e i Longobardi non fanno eccezione \u2013 a farsi guidare da un solo uomo in tempo di pace. Insomma, caro boss dei boss, quando c\u2019\u00e8 da menar le mani ti seguiamo, ti veniamo dietro e, nel caso, siam pure disposti a farci ammazzare per difendere il tuo onore, oltre che il nostro; ma finita la guerra, torna a farti gli affari tuoi, che noi ci facciamo i nostri.
\nOra, questo tipo di filosofia va benissimo finch\u00e9 fai parte di una trib\u00f9 (fara<\/em> nel nostro caso) che combatte unita ad altre trib\u00f9; ma funziona un po\u2019 meno quando devi governare per un lungo periodo un territorio molto vasto, come appunto l\u2019Italia.
\nFatto sta che la monarchia longobarda inizialmente non ha un carattere ereditario, anzi, a voler ben guardare non l\u2019avr\u00e0 mai del tutto. Prendiamo ad esempio Desiderio, l\u2019ultimo sovrano, il quale, pur non avendo alcuna intenzione di abdicare, per evitare le solite sanguinose lotte di successione, pensa bene di associarsi al trono come \u201cre in seconda\u201d il figlio Adelchi. Non possiamo stabilire se, dopo la sua morte, la trovata avrebbe avuto successo oppure no, perch\u00e9 quel trono glielo sfiler\u00e0 da sotto il sedere il pio Carlo, re dei Franchi, solerte esecutore del volere papale.
\nIn mancanza di una dinastia consolidata, a chi spetta dunque il compito di scegliere il re? Ai nobili o, per meglio dire, ai capi militari, riuniti in un\u2019assemblea chiamata Gairethinx<\/em>.
\nE quando si svolge questa sorta di elezione? In primavera, quando, finito l\u2019inverno, non ci sono problemi a reperire il carburante per i mezzi di trasporto: l\u2019erba per i cavalli.
\nMa dove si svolge il Gairethinx<\/em>? Di solito nella capitale Pavia, che per\u00f2 allora si chiamava ancora Ticinum<\/em>.<\/p>\n

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L’equipaggiamento di un arimanno ai tempi di re Alboino<\/figcaption><\/figure>\n

Immaginiamoci allora questo rave party ante litteram<\/em>, dove i barbuti e capelloni (ma con la nuca rasata) guerrieri longobardi arrivano da ogni dove, sparandosi a palla nelle cuffiette la hit di Fabio Rovazzi \u201cAndiamo a comandare\u201d o, pi\u00f9 probabilmente, \u201ccantando giulive canzoni di guerra\u201d, come recita il primo coro del \u201cAdelchi\u201d di Alessandro Manzoni.
\nUna volta arrivati a destinazione, tra titaniche pacche sulle spalle, generose bevute e qualche immancabile rissa, che spesso finisce a spadate, qualche volta ci si dimentica lo scopo principale del raduno: scegliersi un re. \u00c8 quello che succede per un decennio, tra il 574 e il 584, quando, nonostante il dominio sia ancora fragile e abbia bisogno di una guida sicura, non si riesce a trovare un accordo.
\nPer fortuna dal 584, con la salita al trono di Autari, le cose si stabilizzano e la piramide sociale, per quando traballante, comincia a prender forma.
\nChi troviamo al secondo gradino di questa piramide imperfetta? I Duchi<\/strong>, dal Latino Dux<\/em>, i quali sono a capo di un territorio pi\u00f9 o meno esteso, chiamato Ducato<\/em> o Judicaria<\/em>, dove esercitano, con notevole autonomia, un potere militare, amministrativo e giudiziario. Spesso la loro autorit\u00e0 entra in contrasto con quella del sovrano e non sono rari, i casi di tradimento e cospirazione, che portano alla sua deposizione o addirittura alla sua uccisione; cos\u00ec come non sono rari i casi in cui, per esautorare un duca, il re non ricorre alle carte bollate bens\u00ec alla decapitazione. Nella storia longobarda, un discorso a parte meritano i ducati di Spoleto e di Benevento, che, in forza del loro isolamento geografico, spesso saranno considerati da chi li comanda come dei veri e propri regni, dove l\u2019autorit\u00e0 di Pavia non arriva o arriva in modo molto blando.<\/p>\n

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L’equipaggiamento di un arimanno ai tempi di re Astolfo<\/figcaption><\/figure>\n

Sempre nel secondo gradino della nostra piramide, a capo di una Judicaria<\/em> pu\u00f2 anche esserci un Gastaldo,<\/strong> con gli stessi poteri di un duca, se si escludono quelli militari. A costui\u00a0 infatti non \u00e8 concesso di comandare un piccolo esercito personale, n\u00e9 di passare il proprio titolo in eredit\u00e0 ai figli. Egli dipende in modo diretto dal re, di cui amministra i domini personali, anche quando questi si trovano all’interno di un altro ducato. Facendo riferimento alla nostra zona, la Judicaria del Seprio, si estende da Bellinzona fino a Parabiago e da Como fino a Novara, ed \u00e8 con tutta probabilit\u00e0 retta proprio da un gastaldo, visto che non abbiamo alcuna notizia di duchi vissuti da queste parti. Conferma tale ipotesi il fatto che a Castelseprio, nel VIII secolo, esiste una zecca reale, testimoniata dal tremisse aureo di Desiderio, recante la dicitura \u201cFlavia Sibriot\u201d, dove quel \u201cflavia\u201d indica appunto la diretta dipendenza dal re.
\nTornando alla piramide, al terzo gradino abbiamo lo Sculdascio<\/strong>, il cui ruolo varia da esattore di tributi, a magistrato incaricato di amministrare la giustizia \u2013 a volte anche in modo itinerante \u2013 fino a quello di una sorta di \u201csindaco\u201d, incaricato di tenere sotto controllo piccole porzioni di territorio.
\nAl quarto gradino ecco gli Arimanni<\/strong>, ovvero gli uomini dell’esercito, gli unici che, specie nella prima fase della dominazione, possono portare armi.
\nSotto di loro vengono gli Aldii<\/strong>, o semiliberi, quasi tutti appartenenti all’etnia italica, o a quella di altri popoli che hanno valicato le Alpi insieme con i Longobardi.
\nAlla base della piramide ci sono i Servi<\/strong>, la cui condizione non \u00e8 dissimile a quella degli schiavi dell’ormai defunto impero romano: non hanno diritti e su di loro i padroni hanno potere di vita e di morte.
\nCome premesso all\u2019inizio dell\u2019articolo, questa divisione sociale non \u00e8 rigida e immutabile e, specie verso il tramonto del regno longobardo, le diverse categorie divengono permeabili le une alle altre. Alcuni Arimanni caduti in disgrazia, per esempio, non saranno pi\u00f9 in grado di provvedere al proprio armamento, mentre diversi Aldii saranno chiamati a fornire il proprio contributo all\u2019esercito.<\/p>\n

Come al solito, per gli approfondimenti, vi consigliamo qualche testo, in questo caso \u201cHistoria Langobardorum\u201d di Paolo Diacono e \u201cStoria dei Longobardi\u201d di J\u00f6rg Jarnut (Piccola Biblioteca Einaudi).<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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