{"id":59735,"date":"2021-03-11T17:00:35","date_gmt":"2021-03-11T16:00:35","guid":{"rendered":"https:\/\/www.artevarese.com\/?p=59735"},"modified":"2021-03-12T15:06:54","modified_gmt":"2021-03-12T14:06:54","slug":"le-signore-dellarte-2","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/le-signore-dellarte-2\/","title":{"rendered":"Le Signore dell\u2019arte"},"content":{"rendered":"

Milano – Per chi \u00e8 di Varese la visita alla mostra “Le Signore dell\u2019arte. Storie di donne tra \u2018500 e \u2018600″<\/strong> dovrebbe incominciare quasi nelle ultime sale, precisamente da quella delle<\/p>\n

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F. Vicenzina, Ghirlanda di fiori con scena sacra, Varese, Fondazione Molina<\/figcaption><\/figure>\n

Fioranti dove \u00e8 l\u00ec da ammirare una tela proveniente dalla Fondazione Molina di viale Borri. Raffigura una Ghirlanda di fiori con scena sacra\u00a0 e in essa la Vergine, il Bambino e i santi appaiono quasi un pretesto per \u201cvariare\u201d con straordinario virtuosismo sul tema dei fiori scelti fra le specie pi\u00f9 varie, dai colori di crepitante ricchezza, freschi e luminosi di rugiada. Con altri il dipinto palesa tutta la perizia della Vicenzina, alias Francesca Vol\u00f2 Smiller, specialista nel dipinger verdure e fiori a Milano con il fratello Giuseppe e le sorelle Giovanna e Margherita, quest\u2019ultima pi\u00f9 nota col cognome Caffi, quello del marito. Non fu solo la Vicenzina ad imporsi dipingendo \u201ccose di natura\u201d; gi\u00e0 prima del 1630 e della peste che se la port\u00f2 via, ne aveva dipinte, in contemporanea col Figino, Fede Galizia, ma le sue erano \u201cnature morte attente, ma come contristate\u201d a dire di Roberto Longhi, specchio dei tempi severi evidenti ancor di pi\u00f9 nella sua tela con San<\/strong><\/p>\n

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<\/strong> F. Galizia, San Carlo in processione, Milano, Museo del Duomo<\/strong><\/figcaption><\/figure>\n

Carlo in processione penitenziale\u00a0<\/strong> che dal Museo del Duomo ha fatto solo pochi passi per giungere alla mostra.
\nNon sono tuttavia solo le naturamortiste e le fioranti a farsi conoscere e apprezzare nella mostra (aperta fino al 21 luglio; catalogo Skira) curata da Anna Maria Bava, Gioia Mori e Alain Tapi\u00e9, anzi! Da quel che si pu\u00f2 vedere la maggior parte delle \u201csignore\u201d affront\u00f2 spavalda, e sicura delle proprie capacit\u00e0, soggetti sacri e mitologici, scene di genere, ritratti anche da parata, affiancandosi, talvolta protagonisticamente nell\u2019ambito della bottega, ai padri o ai fratelli. E proprio sul versante familiare mi piace segnalare la bolognese Elisabetta Sirani, morta \u201ccon esecrando tradimento di veleno\u201d a ventisette anni, che sopravanz\u00f2 il padre Giovan Andrea, uno dei tanti, e non dei migliori, seguaci di Guido Reni. Il suo Amorino trionfante<\/strong>\u00a0 che veleggia sul mare increspato reggendo una<\/p>\n

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E. Sirani, Amorino trionfante, collezione privata<\/figcaption><\/figure>\n

madreperlacea conchiglia su cui brillano sei perle, allusione allo stemma dei Medici, \u00e8 di impagabile malizia, e la sua Maddalena (Parigi, Louvre) possiede un\u2019esuberante floridezza esibita in sensualit\u00e0 profana. Prima di lei, nella \u201cFelsina pittrice\u201d s\u2019era gi\u00e0 imposta sul padre Prospero, Lavinia Fontana \u201ccos\u00ec dolce, e pratica nel colore, che gareggiarono le donne a trattenerla, accarezzarla e servire per avere dalle sue mani i ritratti loro\u201d, come si legge nell\u2019\u201dAbcedario Pittorico\u201d di padre Pellegrino Orlandi. Proprio tutto da gustare, anche nell\u2019esito dinamico prebarocco, il suo dipinto su rame con Galatea e amorini<\/strong> che cavalcano onde della tempesta su un mostro marino. Lavinia fu in contatto con Sofonisba e le altre quattro sorelle Anguissola, cremonesi, tutte dedite alla pittura. Ad eccellere fu<\/p>\n

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L. Fontana, Galatea e amorini su un mostro marino, collezione privata<\/figcaption><\/figure>\n

lei, apprezzata per ritratti anche per la corte spagnola di Filippo II e, fin da Michelangelo, per i disegni da dove emergevano i moti dell\u2019animo. Si ciment\u00f2 anche nelle pale d\u2019altare e in mostra, dopo il restauro, \u00e8 presente quella da lei offerta ai padri conventuali di Patern\u00f2 dopo la morte, durante un assalto di pirati algerini, del marito, il nobile Fabrizio Moncada. \u00c8 dedicata alla Madonna dell\u2019Itria (dal greco Odighitria, vale a dire che indica la strada) e la pittrice si effigi\u00f2 nel volto della Vergine seduta su una sorta di catafalco approdato alla riva del mare di Sicilia e trasportato su al paese da due monaci tanto oppressi dal peso che sembrano non farcela proprio pi\u00f9.
\nArrivati a questo punto lo spazio non permette pi\u00f9 di discorrere su tutte le trentaquattro \u201csignore dell\u2019arte\u201d (alcune \u2013 lo ammetto \u2013 a me proprio sconosciute) che seppero farsi valere tra Cinque e Seicento, e non solo nella pittura, visto che Vasari gi\u00e0 nell\u2019edizione delle Vite del 1550 aveva scritto un panegirico su Properzia de\u2019 Rossi scultrice Bolognese \u201cdel corpo bellissima\u201d e \u201cgiovane virtuosa non solamente nelle cose di casa, come l\u2019altre, ma in infinite scienzie che non che le donne, ma tutti gli uomini l\u2019ebbero invidia\u201d.<\/p>\n

Un cenno tuttavia vorrei farlo per\u00f2 a Orsola Maddalena Caccia, la figlia del Moncalvo, badessa delle Orsoline nel convento fondato dal devoto – anche in pittura – padre, prolifica autrice di tele sia di soggetto sacro sia di nature morte e donna colta, in contatto epistolare anche con l\u2019infanta Margherita di Savoia. Sempre per stare in ambito piemontese, ma in questo caso non per nascita (era di Ascoli Piceno), ma per il lungo soggiorno nella capitale subalpina dopo l\u2019altro alla corte granducale di Firenze, un cenno ancora per me lo merita la Giovanna Garzoni, abilissima a riprodurre frutta e ortaggi e insetti con attenzione quasi scientifica e minuzia da miniaturista, altro ambito che del resto la vide attiva.
\nOvvio che a Palazzo Reale non poteva mancare l\u2019Artemisia con le sue donne \u201cche s\u00ec sapevano prendere in mano le situazioni\u201d, giusto per citare Arbasino; tutti per\u00f2 abbiamo letto (ma non riletto) il libro della Banti e magari anche il \u201cGentileschi padre e figlia\u201d di Longhi, il di lei consorte, e poi abbiamo ancora in mente le sue opere viste con dovizia a Palazzo Reale nel 2011. Cos\u00ec per la pittrice di rinomata e indiscussa maestria basta solo segnalare la notizia della scoperta di un\u2019altra sua Cleopatra custodita dalla Sursock Palace Collection di Beirut. La drammatica esplosione al porto di codesta citt\u00e0 l\u2019anno scorso l\u2019ha ferita gravemente. Merito della mostra sar\u00e0 quello di farla tornare in Libano restaurata.<\/p>\n

Giuseppe Pacciarotti<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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