{"id":57184,"date":"2020-09-18T09:00:57","date_gmt":"2020-09-18T07:00:57","guid":{"rendered":"https:\/\/www.artevarese.com\/?p=57184"},"modified":"2020-09-17T09:58:01","modified_gmt":"2020-09-17T07:58:01","slug":"trilogia-indiana-prima-parte","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/trilogia-indiana-prima-parte\/","title":{"rendered":"Trilogia indiana – prima parte"},"content":{"rendered":"

Piccolo Prologo<\/h3>\n

\"\"\u201cOgnuno ha un modo di abbracciare il mondo<\/em>\u201d continua a ricordarmi la mia vocina interiore1<\/sup>: il nostro modo \u00e8 quello di percorrerlo tutto, fino all\u2019ultima pagina.<\/p>\n

Per questo abbiamo nuotato tra carte geografiche, guide, riviste, saggi e romanzi, abbiamo cavalcato la memoria di coloro che si sono inzuppati dei suoi colori, abbiamo volato con pensieri di chi l\u2019ha sudata e amata. Siamo riusciti persino a terminare un film di 8 ore sull\u2019epica intricata di questa terra e ci siamo scritti su di un foglio, che tengo sempre in tasca, lo schema del complesso pantheon di divinit\u00e0 che popola il SUB-continente pi\u00f9 indecifrabile della Terra.<\/p>\n

\"\"Eppure c\u2019\u00e8 ancora molto da imparare e soprattutto da interiorizzare. Ma che importa:
\ndomani ci andiamo davvero. Torniamo in India.<\/p>\n

Gli elefanti di Mamallapuram<\/h3>\n

Un bassorilievo sproporzionato occupa l\u2019intera base della collina sacra che ci troviamo davanti, appena scesi dal tuc-tuc che ci ha portato fin qui.<\/p>\n

\"\"La Penitenza di Arjuna o Discesa del Gange \u00e8 una gigantesca opera scolpita in un unico blocco di granito: quasi trenta metri di lunghezza per dieci di altezza. Risale certamente alla dinastia Pallava, quindi al VII \u2013 VIII secolo. La scena pu\u00f2 essere interpretata come la descrizione del famoso episodio della penitenza dell’eroe Arjuna oppure come la raffigurazione della discesa della acque sacre del Gange sulla terra.<\/p>\n

\"\"\"\"Nel Grande Poema Epico Mah\u0101bh\u0101rata si narra che Indra, il Re degli dei, consigli\u00f2 a suo figlio, l’eroe Arjuna, della dinastia dei Pandava, di ingraziarsi il dio Shiva, affinch\u00e9 quest’ultimo gli concedesse in prestito il proprio infallibile arco Gandhiva. Arjuna aveva infatti bisogno delle armi pi\u00f9 potenti per sconfiggere i suoi malvagi cugini Kaurava, che minacciavano di usurpargli il regno.<\/p>\n

\"\"Il prode Arjuna intraprese cos\u00ec una serie di penitenze, come ad esempio quella di meditare per giorni in piedi su una gamba sola, tramite le quali rivolse la propria devozione a Shiva. Questi, constat\u00f2 la purezza dei suoi intenti ma volle avere un’ultima dimostrazione del suo valore.<\/p>\n

Un giorno, Arjuna fu attaccato da un grande demone sotto forma di cinghiale. Egli afferr\u00f2 il proprio arco e scagli\u00f2 una freccia. Shiva, che nel frattempo aveva assunto la forma di un cacciatore, lanci\u00f2 a sua volta un dardo che colp\u00ec il bersaglio nello stesso istante di quello di Arjuna. Il cinghiale cadde al suolo senza vita, ma Arjuna intu\u00ec che qualcun altro aveva interferito in quello scontro.<\/p>\n

\"\"Accortosi della presenza del cacciatore, prese a discutere con lui su chi avesse colpito la preda per primo. La diatriba si anim\u00f2 rapidamente e i due iniziarono un feroce duello. Combatterono a lungo ma Arjuna, per quanto si impegnasse con tutte le sue forze, non riusciva a sopraffare l’avversario. Stremato e ferito, da terra invoc\u00f2 l\u2019aiuto di Shiva. Quando riapr\u00ec gli occhi vide il corpo del cacciatore adornato da fiori e cap\u00ec che questi non era altri che Shiva stesso. Arjuna si prostr\u00f2 ai suoi piedi, scusandosi per non averlo riconosciuto. Shiva gli sorrise rivelando il suo vero intento: assicurarsi che il guerriero fosse cos\u00ec valoroso da meritare di utilizzare la sua arma pi\u00f9 efficace. Il dio gli promise che, prima dell’inizio della guerra, gli avrebbe consegnato l’arco ed insegnato a usarlo, quindi scomparve.<\/p>\n

\"\"Nell’opera scultorea un elefante, ritratto quasi a grandezza naturale, irrompe sulla scena zeppa di figure epiche, personaggi in processione, divinit\u00e0, creature che partecipano al racconto del mito. Poco distante dalla testa dell’elefante \u00e8 possibile notare una simpatica raffigurazione che testimonia l’inattesa ironia dell’autore. Un gatto, messo nella stessa posizione ascetica di Arjuna, prende in giro la penitenza del protagonista, circondato da alcuni topi che ballano.<\/p>\n

\"\"Il bassorilievo pu\u00f2 offrire per\u00f2 una seconda interpretazione: il mito della discesa del Gange.<\/p>\n

Il re Sagara decise di eseguire A\u015bvamedha, un rituale che ha come protagonista un cavallo sacro, per provare la propria supremazia nel mondo.<\/p>\n

I suoi servi, per\u00f2, smarrirono il cavallo destinato al sacrificio. Sagara ordin\u00f2 perci\u00f2 ai suoi sessantamila figli di ritrovarlo. I Pr\u00ecncipi si scatenarono perlustrando tutto il Regno, bruciando foreste, distruggendo ogni forma di vita per ottemperare alla richiesta del padre. Alla fine giunsero in una radura avvolta da un silenzio misterioso, dove trovarono un saggio di nome Kapila, seduto in meditazione. Dietro di lui scorsero il cavallo sacrificale che pascolava placido. I Pr\u00ecncipi infuriati si prepararono ad attaccare Kapila, pensando che fosse stato lui a rubare il cavallo, ma quando Kapila apr\u00ec gli occhi il suo immenso potere ridusse il sessantamila principi in cenere.<\/p>\n

\"\"Venuto a conoscenza dell’accaduto, re Sagara invi\u00f2 suo nipote Amshuman a cercare nuovamente di recuperare il cavallo. Egli era di animo puro e Kapila si mostr\u00f2 accondiscendente, restitu\u00ec l’animale e sentenzi\u00f2 che i sessantamila figli di re Sagara sarebbero potuti salire al cielo solo se il Fiume Gange fosse sceso sulla terra e avesse purificato le loro ceneri con le proprie acque.<\/p>\n

\"\"Negli anni seguenti n\u00e9 Sagara n\u00e9 i re che si succedettero a lui furono in grado di far scendere il fiume sulla terra e la colpa dei sessantamila principi cominci\u00f2 a provocare disastri naturali e cataclismi.<\/p>\n

Quando sal\u00ec al trono il re Bhagiratha, decise finalmente di porre fine a questa malefica profezia. Per mille anni si sottopose ad ogni genere di penitenza per ingraziarsi Brahm\u0101. Alla fine dei mille anni, il dio, compiaciuto, decise di soddisfare il desiderio di Bhagiratha, che implor\u00f2 di far discendere il Gange sulla terra, in modo da salvare i propri antenati. Brahm\u0101 chiese a Bhagiratha di pregare \u015ahiva, perch\u00e9 attenuasse la forza del Gange nella sua discesa sulla terra, altrimenti l\u2019impeto del fiume avrebbe potuto mandare in frantumi l’intero pianeta. \u015ahiva era l’unico ad avere la forza di compiere questo atto. Bhagiratha quindi riprese la propria penitenza per propiziarsi il dio \u015ahiva e dopo un anno celeste \u015ahiva stesso apparve e decise di assecondare la richiesta dell’asceta. La testa della divinit\u00e0 ricevette il potente urto della massa d’acqua rallentandone l’impeto e facendola scorrere dolcemente sulle vette dell’Himalaya fino all’India.<\/p>\n

\"\"Il bassorilievo \u00e8 certamente un\u2019opera di grande impatto scenografico in quanto al centro, in passato, doveva esserci una vera e propria cascata d’acqua che scorreva sfruttando una preesistente cavit\u00e0 della roccia e simboleggiava proprio la Grande Madre Ganga, cio\u00e8 il fiume Gange.<\/p>\n

Al di l\u00e0 degli intricati miti narrati, lo scopo di questa opera cos\u00ec intensa e singolare, rimane un mistero. Non ci sono fonti scritte che possano testimoniarne la funzione.<\/p>\n

\"\"Trovandosi alla base dell\u2019altura sacra ne rappresenta di fatto l\u2019ingresso e quindi poteva essere un monito o un invito al raccoglimento, alla meditazione.<\/p>\n

Tutta la collina di Mamallapuram \u00e8 avvolta da un\u2019atmosfera magica. La sua unicit\u00e0 si percepisce specialmente il mattino presto, quando ancora sono pochi i devoti che migrano lenti da un tempio all\u2019altro, intonando preghiere devozionali.<\/p>\n

Questo luogo sprigiona bellezza e armonia ma soprattutto sembra totalmente incurante del passare del tempo e del progresso. E\u2019 stato pensato cos\u00ec chiss\u00e0 quanti secoli fa e cos\u00ec rimane, ad ogni alba uguale a se stesso, con i canti, le invocazioni, la moltitudine di pellegrini, la cui presenza regala un\u2019energia davvero irripetibile.<\/p>\n

Non posso far altro che unirmi ai mantra per ringraziare di aver scoperto un posto tanto incantevole.<\/p>\n

Non si va nei templi per cercare le divinit\u00e0 perch\u00e9 Dio te lo porti gi\u00e0 dentro di te: \u00e8 un\u2019entit\u00e0 che non ha forma visibile. Sono gli artisti che, attraverso i secoli e le diverse latitudini, per permetterci di visualizzare il divino, offrono una sembianza, un nome, un colore, una voce, una storia. Si va nei templi per ritrovare s\u00e9 stessi.<\/p>\n

1<\/sup> Manuel Agnelli, Se Io Fossi Il Giudice, Folfiri o Folfox, 2016. E\u2019 il medesimo brano citato nel primo racconto \u201cProvare a Vivere\u201d.<\/em><\/p>\n

Ivo Stelluti, Il Viaggiator Curioso,<\/em>
\nRameshwaram, Tamil Nadu, India<\/em>
\n28 Aprile 2018.<\/em><\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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