{"id":55281,"date":"2020-04-16T10:00:15","date_gmt":"2020-04-16T08:00:15","guid":{"rendered":"https:\/\/www.artevarese.com\/?p=55281"},"modified":"2020-04-15T10:57:41","modified_gmt":"2020-04-15T08:57:41","slug":"la-grandiosa-complessita-degli-affreschi-di-mario-chiodo-grandi","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/la-grandiosa-complessita-degli-affreschi-di-mario-chiodo-grandi\/","title":{"rendered":"La grandiosa complessit\u00e0 degli affreschi di Mario Chiodo Grandi"},"content":{"rendered":"

Busto A. – Mario Chiodo Grandi (Crema, 11 febbraio 1872 \u2013 Milano, 20 ottobre 1937) fu uno dei pittori pi\u00f9 richiesti all\u2019inizio del secolo scorso per la sua straordinaria abilit\u00e0 nella grande decorazione che infatti si pu\u00f2 ammirare, e bene, anche a Busto e fin in altri paesi vicini dove trov\u00f2 significativi apprezzamenti.
\nNon \u00e8 chiaro finora attraverso quale via questo artista abbia trovato commissioni proprio a Busto Arsizio. Si pu\u00f2 ipotizzare che a suggerirne il nome a qualche importante e facoltoso bustese sia stato, sul finire dell\u2019Ottocento, il suo insegnante all\u2019Accademia di Brera e alla Scuola d\u2019Arte Applicata del Castello Sforzesco, vale a dire quel Luigi Cavenaghi che tra il 1874 e il 1876 restaur\u00f2 e dipinse in Santa Maria di Piazza, rimanendo poi sempre in contatto con monsignor Tettamanti e altri maggiorenti bustesi. Certo \u00e8 che nel 1899 Chiodo Grandi, gi\u00e0 pi\u00f9 di una promessa tra i pittori di pittura sacra ad affresco, fu invitato da un\u2019aulica Commissione a presentare progetti per la decorazione della cupola, delle navate e dei transetti della chiesa di San Giovanni: impresa certo grandiosa e ambiziosa, ma forse ardua per un giovane non ancora trentenne tanto che egli non se la sent\u00ec di proporne.<\/p>\n

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Affresco del salone di villa Ottolini<\/figcaption><\/figure>\n

Tuttavia il suo nome non fu dimenticato giacch\u00e9 dal 1901 lo si vide all\u2019opera proprio come frescante in una villa di gran lusso costruita per la famiglia di Ernesto Ottolini, \u201cpadrone\u201d di uno dei pi\u00f9 importanti cotonifici della citt\u00e0. Nel salone principale di questa dimora Mario Chiodo Grandi svolse un programma decorativo alquanto complesso, fors\u2019anche un tantino farraginoso, tutto una celebrazione delle Arti e dell\u2019Amore, quest\u2019ultimo palesato nell\u2019affresco principale, fiancheggiato da due fluttuanti figure femminili, con Giulietta e Romeo mentre si scambiano il bacio. In tutte le pitture create in questo edificio, dove ebbe come giovane aiutante nientemeno che Carlo Carr\u00e0, l\u2019artista appare ancora incerto sulla strada da scegliere: \u00e8 un po\u2019<\/p>\n

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\u201cLa musica\u201d, affresco del salone di villa Ottolini<\/figcaption><\/figure>\n

Giuseppe Bertini, altro suo influente maestro a Brera, un po\u2019 gli Scapigliati, che si pu\u00f2 immaginare dovette conoscere di persona, e gi\u00e0 anche attratto dalle forme simboliste ormai diffuse e di moda in Italia. Suppergi\u00f9 su questi andamenti si rivelano anche le piacevoli e luminose scene, sempre ad affresco, sui soffitti della camera nuziale nella villa di Enrico Ottolini, fratello minore di Ernesto, e di un salone della villa Comerio in via Palestro, in seguito staccato per trovar posto poi a palazzo Marliani, Cicogna, tutti lavori realizzati entro il primo decennio del secolo scorso. Della volta del teatro Sociale, forse con la raffigurazione della \u201cDanza delle ore\u201d, soggetto di lunga fortuna nell\u2019Ottocento, e forse, se sua, la prima opera da lui compiuta a Busto, nulla almeno per ora si pu\u00f2 scrivere giacch\u00e9 essa \u00e8 stata coperta negli interventi di trasformazione della sala succedutisi nel tempo.<\/p>\n

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Figura di donna<\/figcaption><\/figure>\n

Passarono molti anni prima che Chiodo Grandi tornasse a lavorare in citt\u00e0, anni comunque tutti impegnati ad affrescare (anche se non manc\u00f2 di dedicarsi alla pittura da cavalletto, prediligendo in questo caso la figura muliebre) facciate di palazzi \u2013 addirittura quella dell\u2019ambasciata d\u2019Italia a Madrid! \u2013 e interni di chiese e di ville e pure il giardino d\u2019inverno del ristorante Cova a fianco del teatro alla Scala, andato distrutto nei bombardamenti del 1943. L\u2019artista per i suoi interventi decorativi non fu per\u00f2 richiesto solo in Italia, ma anche in Portogallo, Francia, Germania, Svizzera e fin a Bucarest, nella lontana Romania, tuttavia senza snobbare commissioni provenienti da piccoli paesi dell\u2019alto Milanese come provano le testimonianze lasciate nelle chiese di Samarate e Busto Garolfo. Se ancora gli affreschi della Trinit\u00e0 a Samarate, compiuti nel 1914, palesano andamenti preraffaelliti e simbolisti in ritardo, quelli nella chiesa dedicata ai santi Salvatore e Margherita a Busto Garolfo, del 1928, parlano un linguaggio che, in linea coi tempi, evoca modelli classico-rinascimentali virati opportunamente su toni didascalici, consoni alla devozione popolare.
\nAvviata nel 1932 la decorazione, impegnativa e grandiosa, della volta di San Michele a Busto,<\/p>\n

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La battaglia degli Angeli, Busto A., San Michele<\/figcaption><\/figure>\n

venne inaugurata da don Giovanni Rigamonti nel giorno della festivit\u00e0 del Battista del 1934. Il tema suggerito era quello della Redenzione e della lotta, descritta nel libro dell\u2019Apocalisse, fra gli angeli fedeli e quelli ribelli. Mario Chiodo Grandi lo svolse in tre riquadri affiancati dalle figure di dodici profeti: appena entrati in chiesa, alzando il capo, si pu\u00f2 vedere la \u201cCreazione dell\u2019uomo\u201d a cui fa seguito, veramente spettacolare, la \u201cBattaglia degli angeli\u201d e infine \u201cl\u2019Annunciazione\u201d. In questa impresa, certamente faticosa e non semplice, si pu\u00f2 constatare la ormai lunga e profonda esperienza maturata nella pittura ad affresco dal pittore cremasco che mostra un sapiente e sicuro possesso dei mezzi espressivi e delle tecniche, soprattutto nel vastissimo riquadro centrale dove sono raffigurati con forte empito gli angeli ribelli capeggiati da Lucifero che precipitano nei baratri infernali vinti da quelli fedeli guidati dall\u2019arcangelo Michele. Riaffiorano forti, soprattutto in questo riquadro, gli studi accademici compiuti negli anni ormai lontani di Brera, con insistenti citazioni e variazioni dei modelli rinascimentali e barocchi, dall\u2019insopprimibile Michelangelo a Guido Reni e fin a certe leggerezze settecentesche. Questa fatica conobbe allora ampi apprezzamenti anche al di fuori della citt\u00e0 e gi\u00e0 si ventilava, ovviamente affidandola ancora al maestro cremasco, di completare la decorazione di tutta la chiesa di San Michele non appena si fossero costruiti il transetto e la cupola e ampliato il presbiterio. Quando ci\u00f2 avvenne l\u2019artista era per\u00f2 mancato e a continuare l\u2019opera, tra il 1942 e il 1950, furono altri, fra cui il nipote Ettore; certo lo fecero sulla scia del maestro, ma senza mai raggiungere i suoi esiti che ancora oggi sono apprezzati per la loro indiscussa maestria.<\/p>\n

Giuseppe Pacciarotti<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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