{"id":52154,"date":"2019-08-20T12:00:23","date_gmt":"2019-08-20T10:00:23","guid":{"rendered":"https:\/\/www.artevarese.com\/?p=52154"},"modified":"2019-08-20T12:20:06","modified_gmt":"2019-08-20T10:20:06","slug":"unultima-occasione-per-scoprire-il-pittore-sconosciuto","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/unultima-occasione-per-scoprire-il-pittore-sconosciuto\/","title":{"rendered":"Alla scoperta del pittore sconosciuto"},"content":{"rendered":"

\"\"Mendrisio – Un\u2019ultima occasione per conoscere Carlo Storni<\/strong>, pittore e \u201ccoloraro<\/em>\u201d svizzero a Roma.\u00a0Con una visita guidata<\/strong>\u00a0condotta da\u00a0Ivano Proserpi<\/strong>– uno dei curatori dell’esposizione – alla Pinacoteca cantonale Giovanni Z\u00fcst<\/strong>, che si terr\u00e0\u00a0venerd\u00ec 23 agosto <\/strong>2019 alle 16:30, al\u00a0prezzo speciale di Fr.\/Euro 8, ingresso incluso.<\/p>\n

Dell\u2019artista originario della Capriasca non si sapeva quasi nulla ma grazie alla mostra in chiusura al 25 agosto, a cura di Antonio Gili<\/strong>, si pu\u00f2 ammirare un ciclo di teleri, realizzati alla fine del Settecento per la chiesa parrocchiale di Tesserete che, trafugati e venduti nel 1968, sono oggi conservati in collezioni pubbliche e private sul territorio: attraverso dodici dei quindici pezzi radunati, raffiguranti\u00a0Storie della Vita della Vergine<\/em>, si \u00e8 ricostruita, grazie alle ricerche svolte negli archivi nel Ticino e a Roma, la vita di Carlo Storni, artista che come tanti altri ticinesi \u00e8 emigrato nella Citt\u00e0 Eterna.\"\"<\/p>\n

Molte le novit\u00e0<\/strong> emerse grazie alle ricerche effettuate in occasione della mostra, sia nel Ticino che negli archivi a Roma: si \u00e8 innanzitutto scoperto che Carlo Storni \u00e8 nato nel 1738 nel Villaggio di Lugaggia; inoltre \u00e8 vissuto stabilmente a Roma, dove si \u00e8 sposato nel 1776 con una donna del posto, Rosalia Apollonia Ventura, da cui ebbe dieci figli, due dei quali pittori, e che li \u00e8 morto nel 1806. Si \u00e8 inoltre tracciata la storia della sua famiglia, che si interseca con un altro ramo di capriaschesi, i Lepori. Ancora si \u00e8 trovato che, oltre all\u2019attivit\u00e0 di pittore, svolgeva anche quella di coloraro: possedeva infatti a Roma un negozio di vendita di colori e strumenti per dipingere \u2013 esistente ancora oggi -dove si sono serviti i nomi pi\u00f9 celebri della pittura italiana ed internazionale tra i quali Morandi, De Chirico<\/strong>, Guttuso<\/strong>, Balthus<\/strong>, Schifano<\/strong>, Cucchi<\/strong>, Paladino<\/strong> ed altri.\"\"<\/p>\n

L\u2019esposizione<\/strong> \u00e8 arricchita da documenti<\/strong> sulla famiglia Storni, con la ricostruzione dell\u2019albero genealogico, e da fotografie degli affreschi da lui realizzati a Frascati per la potente famiglia Piccolomini, le uniche altre sue opere che \u00e8 stato per il momento possibile individuare. Il corpus <\/em>del pittore capriaschese, allo stato attuale delle indagini, si riduce dunque a pochissimi lavori, condizionando fortemente l\u2019analisi del suo operato, nell\u2019impossibilit\u00e0 di stabilire confronti sia iconografici che stilistici.<\/p>\n

L\u2019obiettivo<\/strong> della mostra e del catalogo \u00e8 quindi di favorire una prima conoscenza dello Storni segnalandolo all\u2019attenzione degli storici dell\u2019arte che indagano soprattutto nell\u2019ambito delle presenze di maestranze artistiche nella Roma del secondo Settecento e dei primi anni dell\u2019Ottocento. Con la segreta speranza di riuscire inoltre a ritrovare i tre teleri tuttora dispersi.\u00a0Il tema si inserisce perfettamente nel filone di esposizioni che la Pinacoteca Z\u00fcst da molti anni dedica alla riscoperta di artisti del nostro territorio che si sono persi tra le maglie della Storia.\"\"<\/p>\n

Approfondimenti<\/strong><\/p>\n

GLI STORNI DI LUGAGGIA \u201cDETTI I ROMANI\u201d
\nIl casato Storni<\/strong> \u00e8 presente da tempo antico nell\u2019odierno Comune di Capriasca (Vaglio, Sala, Bidogno e Lugaggia) e dallo scorcio tra Otto e Novecento anche in altre zone del Cantone Ticino (Locarno, Tenero-Contra, Sant\u2019Antonio) e del Grigioni italiano (San Vittore, Leggia). A Lugaggia<\/strong>, villaggio nativo di Carlo Storni distante nove chilometri da Lugano, \u00e8 attestata una forte emigrazione sin dal Cinque e Seicento. Carlo Storni e suo nipote Pietro Antonio sono all\u2019origine del ceppo romano della casata.
\n\"\"Da un pronipote conterraneo del pittore, Federico Storni (1813-1876), emigrato in Argentina<\/strong>, discende il ramo assai prolifico trapiantato nel paese sudamericano, un nipote del quale, Michele (*1877), rimpatriato a Tesserete, diede vita ad una rigogliosa discendenza in tutta la Capriasca<\/strong>.\u00a0Al ramo argentino appartiene anche una famosa pronipote di Federico, la poetessa Alfonsina Storni<\/strong> (1892- 1938), autrice di spicco del postmodernismo e della letteratura femminile latinoamericana.
\nGli Storni ebbero stretti rapporti, anche di parentela, con altre famiglie di Lugaggia (Quadri, Bettoli, Nesa, Morosoli, Fumasoli, Antonini) e con i Lepori di Sala, famiglia, quest\u2019ultima, alla quale Carlo Storni sembra essersi appoggiato per trovare sistemazione a Roma, dove emigr\u00f2 nell\u2019aprile del 1761, ad appena 23 anni d\u2019et\u00e0. Nel 1776 Carlo spos\u00f2 la romana Rosalia Apollonia Venturi<\/strong> dalla quale ebbe dieci figli<\/strong>. A Roma vissero pure due nipoti di Carlo, i fratelli Pietro Antonio e Angelo Storni.\"\"<\/p>\n

STORIA DI UNA DISPERSIONE
\nI quindici teleri<\/strong> sono stati composti e dipinti da Carlo Storni a Roma nel 1792 e giunti in seguito a Tesserete, non si sa se in dono – ipotesi piuttosto attendibile – o commissionati dai conterranei.\u00a0Esposti nella chiesa<\/strong> plebana di Santo Stefano<\/strong> fino al 1951, in seguito ai lavori di restauro dell\u2019edificio furono riposti nella sacrestia, avvolti gli uni negli altri in due rotoli distinti, uno di dieci esemplari e l\u2019altro di cinque, e dimenticati da tutti per lungo tempo. Le opere furono immesse sul mercato antiquario<\/strong> nel 1968 ed entrarono a far parte di diverse propriet\u00e0.
\nIl caso<\/strong> gener\u00f2 una polemica<\/strong> e l\u2019intervento della Procura Pubblica sottocenerina<\/strong>, che apr\u00ec un\u2019inchiesta giudiziaria<\/strong> su istanza del Consiglio Parrocchiale di Tesserete. Il sequestro conservativo<\/strong>, intimato ai fini istruttori ai nuovi detentori, fu revocato nel 1970 ripristinando il diritto di libera disposizione delle opere.\"\"
\nDodici<\/strong> sono state recuperate<\/strong> e oggi sono conservate sul territorio ticinese: cinque<\/strong> nelle chiese <\/strong>di Cagiallo <\/strong>e Tesserete<\/strong>; tre<\/strong> al Museo d\u2019arte della Svizzera italiana<\/strong>, Collezione Citt\u00e0 di Lugano<\/strong>; altre tre<\/strong> alla Pinacoteca Z\u00fcst<\/strong> di Rancate<\/strong>; una \u00e8 stata rintracciata presso un privato. Vengono in questa occasione presentate al pubblico nuovamente riunite per la prima volta.
\nTre<\/strong> dei dieci teleri sottratti non furono pi\u00f9 ritrovati<\/strong>. Essi raffiguravano verosimilmente L\u2019assunzione di Maria al cielo, La discesa dello Spirito Santo sopra Maria e gli apostoli, e Maria e il discepolo Giovanni ai piedi della croce <\/em>(oppure Le nozze di Cana<\/em>).<\/p>\n

I TELERI
\nStorni doveva conoscere bene l\u2019ambiente artistico romano della seconda met\u00e0 del Settecento ed \u00e8 dunque probabile che per i quindici teleri da lui dipinti nel 1792 e giunti a Tesserete si fosse ispirato ad alcuni modelli presenti nell\u2019Urbe. \"\"La firma<\/strong> e l\u2019indicazione del luogo di esecuzione<\/strong> su ogni pezzo<\/strong> del ciclo starebbero a indicare la volont\u00e0<\/strong> da parte dell\u2019artista di mostrare la propria identit\u00e0<\/strong> in qualit\u00e0 di esecutore<\/strong> dei teleri, come pure di\u00a0mettere in evidenza la propria attivit\u00e0 nella Citt\u00e0 Eterna quale aspetto decisamente rilevante. In tal senso i teleri potrebbero quindi essere considerati come un prezioso dono che lo Storni offr\u00ec al proprio paese d\u2019origine quale segno tangibile del proprio successo romano<\/strong>. Anche l\u2019iscrizione\u00a0delineavit et pinxit<\/em>, ripetuta su ogni esemplare, sottolinea in modo chiaro l\u2019intervento diretto dell\u2019artista e la propria libert\u00e0 creativa<\/strong>. Oltre al programma iconografico, sia il formato che la dimensione dei teleri sembrano confermare la loro funzione di oggetti devozionali all\u2019interno di un edificio durante particolari ricorrenze religiose e si pu\u00f2 supporre che fossero esposti in occasione delle diverse feste mariane che costellavano l\u2019anno liturgico. Fra i prototipi che lo Storni tenne in considerazione per la realizzazione dei teleri si segnala un ciclo eseguito con la medesima tecnica da vari autori per la chiesa di Santa Maria in Vivario a Frascati.\"\"
\nLe maggiori dimensioni di uno dei dipinti, l\u2019Incoronazione della Vergine<\/em>, suggeriscono la sua collocazione su di un altare.
\nLa composizione<\/strong> piuttosto semplice<\/strong> delle scene – in modo che i soggetti fossero identificabili con immediatezza -, le scritte con la spiegazione dell\u2019episodio narrato e i simboli dell\u2019iconografia mariana – la corona e le rose – che appaiono nella parte superiore dei teleri rendevano queste opere didatticamente molto efficaci per il pubblico dei fedeli, che recepiva il messaggio religioso confacilit\u00e0.
\nTra gli elementi stilistici<\/strong> fortemente caratterizzanti si notino i panneggi delle figure, contraddistinti da ampie e falcate pieghe e da gonfi risvolti i quali sottolineano l\u2019aspetto scultoreo e poco dinamico dei corpi. Anche la gestualit\u00e0 dei personaggi \u00e8 contenuta e controllata, nell\u2019intenzione di raccontare gli episodi sacri con la maggior chiarezza possibile, evitando di mostrare le emozioni e i moti dell\u2019animo.\"\"
\nSul finire del Settecento, Carlo Storni si esprime secondo degli schemi e dei modelli artistici ancora fortemente influenzati dal classicismo seicentesco<\/strong> di matrice\u00a0emiliano-bolognese, una corrente stilistica di fatto mai sopita e sempre perseguita da tanti artisti, soprattutto in ambito romano<\/p>\n

\u201cSUCCHI D\u2019ERBA\u201d: APPUNTI SULLA TECNICA ESECUTIVA
\nDal punto di vista tecnico-esecutivo i teleri di Tesserete sono stati realizzati con i \u201csucchi d\u2019erba<\/em>\u201d, colori ad acqua di origine vegetale<\/strong> che imitano gli arazzi<\/strong>: una tecnica particolarmente in voga nel Settecento.\u00a0Essi venivano stesi per mezzo di un pennello su teli di lino o di seta privi della preparazione di gesso, di colla o di mestica.\u00a0Tale tecnica, derivata dalla pittura su tessuti e su carta, era stata diffusa verosimilmente da pittori esecutori di cartoni per gli arazzi, ed ebbe una larga diffusione europea tra la seconda met\u00e0 del XVII ed il XVIII secolo, ricordando in parte quella dei guazzi rinascimentali. \"\"L\u2019obiettivo era di rendere vividi e brillanti i colori e nel contempo di imitare la loro trasparenza, caratteristica tipica delle tappezzerie e degli arazzi in stoffa.\u00a0Se i succhi d\u2019erba<\/strong> costavano poco rispetto ai pregiati arazzi (ci\u00f2 che spiega il loro discreto successo), d\u2019altra parte ponevano notevoli problematiche di tipo conservativo, per la difficolt\u00e0 di mantenere nel tempo i colori impregnati nel tessuto, i quali tendevano a sbiadire. Nei teleri di Tesserete, nonostante l\u2019assenza di un\u2019indagine scientifica sui materiali utilizzati, si ipotizza che lo Storni abbia fatto uso anche di tempere magre, come visibile in diversi panneggi e incarnati delle figure, probabilmente per garantire una migliore leggibilit\u00e0 ma anche una miglior tenuta nel tempo.
\nIn occasione della mostra tutti i teleri sono stati sottoposti a una revisione conservativa e pulitura ad opera di Tiziano Riva (Stabio), che hanno consentito una migliore fruibilit\u00e0 e leggibilit\u00e0 dei dettagli.<\/p>\n

\"\"ATTIVIT\u00c0 DI CARLO STORNI A ROMA E RETE DELLE RELAZIONI CON I SUOI CONTERRANEI
\nCarlo Storni<\/strong> giunse a Roma<\/strong> nell\u2019aprile del 1761, ad appena 23 anni d\u2019et\u00e0: non si sa di eventuali rientri in patria nel corso della sua vita. Il suo arrivo si inscrive nel fenomeno dell\u2019emigrazione artistica<\/strong> delle maestranze<\/strong> originarie delle terre ticinesi<\/strong> e alla sua permanenza nell\u2019Urbe concorre una trama di relazioni, incontri e collaborazioni da lui stabilite con personaggi della sua comunit\u00e0 di origine trapiantati a Roma, che probabilmente furono fondamentali per l\u2019avvio della sua carriera e i contatti con gli ambienti artistici locali. Ad accoglierlo trov\u00f2 infatti una rete di appoggi familiari ben organizzata e gi\u00e0 inserita nel tessuto cittadino, quella che faceva capo allo stuccatore conterraneo Francesco Lepori di Sala (che gli far\u00e0 da testimone al matrimonio) e ai di lui fratelli Venanzio, Andrea e Michele, anch\u2019essi attivi nella stessa professione.
\nStorni abit\u00f2 inizialmente con i fratelli Lepori. Questi dovettero rappresentare un punto di riferimento importante non solo per Carlo ma anche per gli altri parenti e conterranei che arrivavano a Roma e dovettero con ogni\u00a0probabilit\u00e0 appartenere a quelle maestranze lombardo-ticinesi composte da artisti, stuccatori, lapicidi, scalpellini, architetti e muratori <\/strong>che, a partire dal Cinquecento, avevano iniziato a migrare verso Roma contribuendo in modo determinante, grazie alla loro abilit\u00e0 tecnica, allo sviluppo edilizio della citt\u00e0<\/strong>.
\nIl 17 gennaio 1776 Carlo Storni spos\u00f2 la romana Rosalia Apollonia Venturi<\/strong>, figlia del \u00abcoloraro\u00bb Giuseppe<\/strong>, matrimonio che gli permise probabilmente di assicurarsi una stabilit\u00e0 economica. La coppia avr\u00e0 dieci figli, a due dei quali, Ignazio e Angelo<\/strong>, sono attestati \u00ablavori fatti in qualit\u00e0 di pittore nella passata santificazione\u00bb per la Camera Apostolica in Vaticano. Morto il suocero Venturi nel 1783, Carlo entr\u00f2 in possesso della bottega di vendita di colori <\/strong>al pianterreno di una casa poco distante dal Pantheon situata nel rione Pigna, edificio in cui pureabitava.\u00a0Nella bottega di colori di Carlo Storni si riforniva gran parte degli artisti allora attivi nei pi\u00f9 importanti cantieri romani, dove affrescavano i palazzi dell\u2019aristocrazia e con cui probabilmente Carlo intrattenne rapporti di lavoro. Il negozio esiste tuttora <\/strong>(ditta Poggi, fondata nel 1825): qui si sono serviti i nomi pi\u00f9 celebri della pittura italiana e internazionale, da Morandi a De Chirico, Guttuso, Balthus e Schifano<\/strong>.<\/p>\n

GLI AFFRESCHI DI VILLA LANCELLOTTI A FRASCATI<\/p>\n

\"\"Oltre ai teleri di Tesserete l\u2019unico lavoro di Carlo Storni conosciuto ed in parte ancora conservato si trova all\u2019interno della Villa Lancellotti a Frascati, una localit\u00e0 da secoli nota quale luogo di residenza estiva dell\u2019aristocrazia romana. Edificata nel 1586 con il concorso dei capomastri Battista e Marco Muggialdi (o Muggianti), originari di Caneggio (Valle di Muggio, Cantone Ticino)<\/strong>, la villa sub\u00ec nei secoli diverse trasformazioni. Tra il 1770 ed il 1780, epoca in cui la dimora apparteneva al principe Pietro Paolo Enrico Testa Piccolomini, all\u2019edificio principale fu aggiunto un piccolo corpo, chiamato Gabinetto<\/strong>, probabilmente utilizzato come luogo di riposo che permetteva di godere di una bella vista sul giardino della villa. Ed \u00e8 proprio sul soffitto di questo spazio che si conservano tuttora alcuni dipinti murali eseguiti dallo Storni<\/strong>, mentre sono andate perse a seguito delle trasformazioni ottocentesche le pitture nel salone al pianterreno della villa che egli avrebbe eseguito nel 1775 in collaborazione con altri pittori.
\nIl soffitto <\/strong>del Gabinetto di Villa Lancellotti presenta un campo centrale <\/strong>con la raffigurazione di Diana ed Endimione<\/strong>, circondato da quattro riquadri con vedute paesaggistiche<\/strong>, il tutto delimitato da decorazioni a grottesche. Il tema mitologico del dipinto centrale presenta Diana, dea della caccia, la quale, innamoratasi del giovane e bellissimo Endimione, chiese a Giove di farlo addormentare in un sonno perpetuo in modo da poter trascorrere ogni notte con lui.\u00a0Nelle quattro vedute con paesaggi di campagna e marine si intravvede una certa qualit\u00e0 pittorica ed esecutiva<\/strong>, mentre nelle grottesche risaltano in particolar modo i colori vivaci come pure le figurine di soldati e il ricco repertorio vegetale.\u00a0Al di l\u00e0 del loro valore artistico, i dipinti di Villa Lancellotti stanno a dimostrare che Carlo Storni non dipingeva solamente temi religiosi (i teleri di Tesserete) ma pure mitologici e paesaggistici, svolgendo inoltre l\u2019attivit\u00e0 di decoratore.<\/p>\n

Informazioni
\nLa prenotazione \u00e8 obbligatoria\u00a0<\/strong>e pu\u00f2 essere effettuata via mail (decs-pinacoteca.zuest@ti.ch<\/a>) o telefono (+41 91 816 47 91).
\nPinacoteca cantonale Giovanni Z\u00fcst, Via Pinacoteca Z\u00fcst 2
\n6862 Rancate (Mendrisio), Cantone Ticino Svizzera
\n
www.ti.ch\/zuest<\/a><\/p>\n

Daniela Gulino<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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