{"id":51280,"date":"2019-06-14T21:22:48","date_gmt":"2019-06-14T19:22:48","guid":{"rendered":"https:\/\/www.artevarese.com\/?p=51280"},"modified":"2019-10-02T12:20:32","modified_gmt":"2019-10-02T10:20:32","slug":"tratti-di-luce-icone-al-castello","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/tratti-di-luce-icone-al-castello\/","title":{"rendered":"Tratti di Luce, Icone al Castello"},"content":{"rendered":"

\"\"Sembra di tornare nel milleduecento: \u00e8 questa l\u2019impressione data dalle icone<\/strong> di Giuliana Scandroglio<\/strong>, in mostra fino a domenica 16 giugno 2019, al Castello di Monteruzzo<\/strong> di Castiglione Olona. Una tecnica sacra e antica, che necessita di tempi di produzione lunghissimi – da tre settimane ad alcuni mesi \u2013 e preziosissima per l\u2019oro che copre gran parte delle composizioni. L\u2019artista, ceramista e pittrice nata a Cairate ci racconta come si \u00e8 appassionata a questa particolarissima \u201cmaniera\u201d descrivendoci nei dettagli la segreta procedura dietro ad ogni \u201cscrittura<\/strong>\u201d.\"\"<\/p>\n

Cos\u00ec scrive Giuliana: \u00abSe l\u2019Icona \u00e8 il luogo in cui il Mistero di Dio<\/strong> si rende presente, nessun particolare pu\u00f2 essere trascurato, anzi, proprio la fedelt\u00e0 alla tradizione e la cura nel procedimento tecnico della realizzazione dell\u2019icona ne garantiscono il legame con il trascendente<\/strong>. L\u2019icona \u00e8 un riflesso del cosmo di cui ripropone la perfezione, un tempio alla cui costruzione concorre tutto il creato: l\u2019uomo, gli animali, i vegetali, i minerali, con la terra, l\u2019aria, l\u2019acqua, il fuoco, in un equilibrio misterioso in cui tutto \u00e8 trasformato e offerto affinch\u00e8 il Bello possa esprimere il Vero<\/strong><\/em>.<\/p>\n

La tavola
\n<\/strong>La scelta della tavola di legno<\/strong> va fatta con attenzione: si deve prediligere un legno compatto, poco resinoso e privo di nodi, ben stagionato, che offra un solido supporto alla pittura. Per irrobustire la tavola e limitarne le deformazioni nel tempo, talvolta si incastrano sul retro, delle traverse di legno pi\u00f9 duro.<\/em>
\nSi passa poi allo scavo della “culla<\/strong>” che simboleggia la profonda intimit\u00e0 con Dio del personaggio raffigurato e che rende l’icona simile alla “nicchia<\/strong>” di un santuario o una sorta di “reliquiario”. In seguito si praticano su tutta la tavola delle incisioni diagonali incrociate e si stende una mano abbondante di colla di coniglio ben calda. Questa operazione serve a preparare il legno ad accogliere la tela di lino che viene incollata successivamente, un accorgimento finalizzato a limitare il rischio di fessure sulla superficie pittorica dovute ai movimenti del legno. Ma c’\u00e8 anche un preciso riferimento teologico: il ricordo dell’evento miracoloso che don\u00f2 agli uomini la prima icona, la tela di lino con impresso il “Volto non dipinto da mano d’uomo<\/strong>” che Ges\u00f9 stesso regal\u00f2 agli ambasciatori del re Agbardi Edessa perch\u00e8 venisse guarito dalla lebbra. Ogni icona infatti ha il suo fondamento in quel volto, il Volto di Dio fatto uomo.
\nDelicatissima \u00e8 poi la preparazione dello strato bianco che costituisce la base della pittura (levkas<\/strong>) ottenuto con gesso di Bologna e colla di coniglio, fra loro miscelati secondo proporzione ben precise, e che va steso in pi\u00f9 strati successivi fino ad ottenere una superficie omogenea e, una volta asciutta, perfettamente levigata. Ora la tavola \u00e8 pronta. L’iconografo abbozza il disegno, a mano libera e servendosi di modelli derivati dalla tradizione (le Hermeneie greche<\/strong> o i podliniki russi<\/strong>).
\nAnche la doratura<\/strong> del fondo \u00e8 una operazione assai complessa che richiede molta esperienza. Il fondo viene inizialmente ricoperto di un composto liquido di terra rossa e colla di coniglio (bolo) e, una volta asciutto, viene lucidato. Su questa superficie levigata si applicano dei sottilissimi fogli di oro che vengono lucidati e protetti con gommalacca. L’oro simboleggia la luce increata da Dio.<\/em>
\nE’ giunto il momento pi\u00f9 importante, che va accompagnato dalla preghiera e dalla meditazione sul mistero divino che l’icona render\u00e0 esclusivamente con\u00a0pigmenti naturali<\/strong> per la maggior parte di origine minerale. I pigmenti pi\u00f9 usati sono le ocre insieme ad altri minerali pi\u00f9 brillanti quali il cinabro, il lapislazzuli, la malachite, l’ematite, ecc..Queste sostanze vanno ridotte in polvere finissima e “legate” con un collante, solitamente il tuorlo d’uovo.
\n<\/em>Dopo la lunga preparazione dei colori, il pittore si accinge alla loro stesura impiegando pennelli morbidi ed elastici di scoiattolo o di martora. Per primi si stendono i colori di fondo nelle tonalit\u00e0 pi\u00f9 scure e poi si passa alle “lumeggiature<\/strong>“, cio\u00e8 si schiariscono aree sempre pi\u00f9 limitate, in modo da creare il senso del volume, come se tutto fosse illuminato dall’interno. L’ultima operazione consiste nello scrivere il nome del personaggio raffigurato, mentre la\u00a0<\/em>verniciatura finale protegge il dipinto.
\n<\/i>Tutto questo lavoro per\u00f2 non \u00e8 sufficiente per una vera icona: senza la benedizione<\/strong> avremmo semplicemente un pezzo di legno dipinto. La benedizione della Chiesa dichiara che quanto \u00e8 visibile nell’icona \u00e8 realmente presente e fa di essa un veicolo efficace della grazia di Dio e presenza del suo volto. L’iconografo sa di avere solo prestato le mani al Signore affinch\u00e9 Egli si manifestasse, sa di aver compiuto un servizio, di aver risposto alla sua vocazione. Ecco perch\u00e9 non firma l’opera: tutto ci\u00f2 che \u00e8 detto non \u00e8 “suo”, ma appartiene all’eterno mistero di Dio, che egli ha contribuito a rendere pi\u00f9 vicino all’uomo.\u00bb<\/em><\/p>\n

Informazioni:
\nE-mail: giuliana.scandroglio@tim.it
\nwww.iconecristiane.it<\/a><\/p>\n

Daniela Gulino<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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