{"id":48997,"date":"2019-01-28T10:46:50","date_gmt":"2019-01-28T09:46:50","guid":{"rendered":"https:\/\/www.artevarese.com\/?p=48997"},"modified":"2019-10-02T12:21:02","modified_gmt":"2019-10-02T10:21:02","slug":"un-frammento-di-poesia-in-mezzo-a-tutto-quellorrore","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/un-frammento-di-poesia-in-mezzo-a-tutto-quellorrore\/","title":{"rendered":"Un frammento di poesia in mezzo a tutto quell&#8217;orrore"},"content":{"rendered":"<div class=\"youtube-embed\" data-video_id=\"AGnWmkFECSc\"><iframe loading=\"lazy\" width=\"696\" height=\"392\" src=\"https:\/\/www.youtube.com\/embed\/AGnWmkFECSc?feature=oembed&#038;enablejsapi=1&#038;enablejsapi=1&#038;origin=https:\/\/www.artevarese.com\" frameborder=\"0\" allow=\"accelerometer; autoplay; encrypted-media; gyroscope; picture-in-picture\" allowfullscreen><\/iframe><\/div>\n<p><span style=\"font-weight: 400;\"><strong>Varese<\/strong> &#8211; Sono passati <strong>74 anni<\/strong> da quando le truppe dell&#8217;<strong>Armata Rossa<\/strong> liberarono il <strong>campo di concentramento di Auschwitz<\/strong>. Era il 27 gennaio 1945 e quando le truppe sovietiche entrarono non sono poterono sentire le testimonianze dei sopravvissuti ma videro con i loro occhi le torture e i metodi di uccisione di massa dei nazisti. Quel giorno <strong>scoprirono l\u2019orrore<\/strong> che era accaduto.<br \/>\n74 anni dopo,<strong> tutto il mondo<\/strong>, continua a ricordarlo.<\/span><\/p>\n<p><span style=\"font-weight: 400;\"> Oggi non si ricorda soltanto quello che \u00e8 successo all\u2019interno dei campi di concentramento perch\u00e8<strong> il male nazista<\/strong> \u00e8 cominciato dalla promulgazione delle<strong> leggi razziali<\/strong> ed ha continuato in modo<strong> lento e subdolo<\/strong> togliendo<strong> dignit\u00e0 e libert\u00e0<\/strong> all\u2019individuo e finendo, simbolicamente e non solo, con la <strong>camera a gas<\/strong>.<\/span><\/p>\n<p><span style=\"font-weight: 400;\">Il nazismo \u00e8 stato vissuto da moltissimi uomini e donne in modi diversi, chi l\u2019ha <strong>visto<\/strong>, chi l\u2019ha <strong>affrontato<\/strong>, chi ci \u00e8 <strong>sopravvissuto<\/strong>.\u00a0<\/span><\/p>\n<p><span style=\"font-weight: 400;\">Inizierei parlando di <strong>una bambina<\/strong> che ha annotato sul suo quadernone, segregata in una soffitta con la sua famiglia, <strong>un diario<\/strong> in cui giorno per giorno racconta quanto stava accadendo. Quella bambina era <strong>Anna Frank<\/strong> che nel suo diario scriveva: &#8220;<em>Non ho affatto intenzione di far leggere ad altri questo quaderno rilegato di cartone<\/em>&#8220;.<br \/>\n<\/span><span style=\"font-weight: 400;\">E invece, ancora oggi, \u00e8 per noi un <strong>frammento di poesia<\/strong> in mezzo a tutto quell&#8217;orrore.\u00a0<\/span><\/p>\n<p><span style=\"font-weight: 400;\">Anna Frank \u00e8 una bambina di tredici anni che vive ad Amsterdam e si vede piombare addosso il Nazismo, Hitler, i tedeschi, le persecuzioni; vive due anni chiusa in un \u201c<strong>nascondiglio segreto<\/strong>\u201d e da li, dalle poche notizie che riuscivano a ricevere attraverso gli amici, i rari giornali, le incapibili comunicazioni radio, ha conosciuto il nazismo, si \u00e8 preparata a questo <strong>mostro<\/strong> che giorno per giorno divorava tutto quello che la circondava, fino al giorno in cui i tedeschi sono arrivati e tutte le speranze di una bambina rivolte alla bont\u00e0 degli uomini vengono<strong> inghiottite<\/strong>, in otto mesi, <strong>in un campo di concentramento<\/strong>.\u00a0<\/span><\/p>\n<p style=\"text-align: center;\">Prova anche tu,<br \/>\nuna volta che ti senti solo<br \/>\no infelice o triste,<br \/>\na guardare fuori dalla soffitta<br \/>\nquando il tempo \u00e8 cos\u00ec bello.<br \/>\nNon le case o i tetti, ma il cielo.<br \/>\nFinch\u00e9 potrai guardare<br \/>\nil cielo senza timori,<br \/>\nsarai sicuro<br \/>\ndi essere puro dentro<br \/>\ne tornerai<br \/>\nad essere felice.<\/p>\n<p><span style=\"font-weight: 400;\">Fu<strong> Natalia Ginzburg<\/strong> a scrivere la prefazione del <strong>Diario di Anna Frank<\/strong> del 1957, un\u2019altra donna toccata, distrutta dal fascismo, che dice parlando di Anna: \u201c<em>Di questa voce, noi serbiamo nella memoria la vibrazione fiduciosa e serena, la bont\u00e0 coraggiosa che ha superato la morte.<\/em>\u201d<\/span><\/p>\n<p><span style=\"font-weight: 400;\"> E di morti, di uomini che hanno combattuto il nazismo e non sempre ce l\u2019hanno fatta Natalia ne ha conosciuti tanti, e tanto vicini a lei. Primo fra tutti l\u2019amatissimo marito,<strong> Leone Ginzburg<\/strong>: venne arrestato pi\u00f9 volte dai fascisti fino a quando, a <strong>Regina Coeli<\/strong>, dopo <strong>giorni di torture<\/strong> perch\u00e8 non accettava di collaborare, mor\u00ec. Natalia \u00e8 stata vicino al marito in ogni fase del suo<strong> antifascismo<\/strong>, al confino, durante gli arresti: <strong>ha vissuto quello che il fascismo poteva togliere<\/strong>.\u00a0<\/span><\/p>\n<p><span style=\"font-weight: 400;\">E a lei ha veramente tolto tutto: il padre <strong>Giuseppe Levi<\/strong>, che fu costretto al carcere e all\u2019esilio, e suo fratello, <strong>Gino<\/strong>, che durante la lotta al fascismo <strong>riusc\u00ec a salvare molti ebrei<\/strong>.<br \/>\n<\/span>Mentre il marito si trovava in carcere per non essersi abbassato alle leggi razziali e al fascismo, poco prima che morisse per le torture subite, Natalia Ginzburg gli dedicava una poesia<\/p>\n<p style=\"text-align: center;\"><em>Gli uomini vanno e vengono\u00a0per le strade della citt\u00e0.<br \/>\n<\/em><em>Comprano libri e giornali,\u00a0muovono a imprese diverse.<br \/>\n<\/em><em>Hanno roseo il viso,\u00a0le labbra vivide e piene.<br \/>\n<\/em><em>Sollevasti il lenzuolo\u00a0per guardare il suo viso,<br \/>\n<\/em><em>Ti chinasti a baciarlo\u00a0con un gesto consueto.<br \/>\n<\/em><em>Ma era l\u2019ultima volta.\u00a0Era il viso consueto,<br \/>\n<\/em><em>Solo un poco piu\u2019 stanco.\u00a0E il vestito era quello di sempre.<br \/>\n<\/em><em>E le scarpe eran quelle di sempre.\u00a0E le mani erano quelle<br \/>\n<\/em><em>Che spezzavano il pane e\u00a0versavano il vino.<br \/>\n<\/em><em>Oggi ancora nel tempo\u00a0che passa sollevi il lenzuolo<br \/>\n<\/em><em>A guardare il suo viso\u00a0per l\u2019ultima volta.<br \/>\n<\/em><em>Se cammini per strada,\u00a0nessuno ti \u00e8 accanto.<br \/>\n<\/em><em>Se hai paura,\u00a0nessuno ti prende la mano.<br \/>\n<\/em><em>E non \u00e8 tua la strada,\u00a0non \u00e8 tua la citt\u00e0.<br \/>\n<\/em><em>Non \u00e8 tua la citt\u00e0\u00a0illuminata: la citt\u00e0\u00a0illuminata \u00e8 degli altri,<br \/>\n<\/em><em>Degli uomini che vanno\u00a0e vengono comprando\u00a0cibi e giornali.<br \/>\n<\/em><em>Puoi affacciarti un poco\u00a0alla quieta finestra<br \/>\n<\/em><em>E guardare in silenzio il giardino nel buio.<br \/>\n<\/em><em>Allora quando piangevi\u00a0c\u2019era la sua voce serena.<br \/>\n<\/em><em>Allora quando ridevi\u00a0c\u2019era il suo riso sommesso.<br \/>\n<\/em><em>Ma il cancello che a sera\u00a0s\u2019apriva rester\u00e0 chiuso\u00a0per sempre;<br \/>\n<\/em><em>E deserta\u00a0\u00e8 la tua giovinezza, spento il fuoco,\u00a0vuota la casa.<\/em><\/p>\n<p><span style=\"font-weight: 400;\">Uno dei <strong>pi\u00f9 grandi amici<\/strong> di Natalia Ginburg, colui che l\u2019ha sostenuta anche quando non ne era del tutto convinto, fu <strong>Primo Levi<\/strong>, l\u2019autore di <em><strong>Se questo \u00e8 un uomo<\/strong><\/em>.<br \/>\n<\/span><span style=\"font-weight: 400;\">Primo Levi fu un<strong> partigiano e un antifascista<\/strong>, fin\u00ec nel<strong> campo di concentramento di Auschwitz<\/strong> perch\u00e8 quando lo trovarono i tedeschi, su una montagna con altri partigiani, prefer\u00ec <strong>dichiararsi ebreo<\/strong>. Era chimico e questo gli permise di <strong>lavorare in fabbrica<\/strong> e di <strong>procurarsi del cibo:<\/strong>\u00a0quando riusc\u00ec ad andarsene da quell&#8217;inferno il <strong>viaggio verso l\u2019Italia<\/strong> fu <strong>lungo e tormentato<\/strong> e anche una volta qui non riusc\u00ec mai a dimenticare quello che aveva vissuto.<br \/>\n<\/span><span style=\"font-weight: 400;\">Quindi un altro uomo, un altro destino, un\u2019altra vita che il nazismo ha rovinato, in modo diverso. Primo Levi scrive <em>Se questo \u00e8 un uomo<\/em> in Italia, appena riesce ad arrivarci. E\u2019 ossessionato dal <strong>bisogno di raccontare<\/strong> quello che aveva visto, quello che si viveva nei campi di concentramento, come stavano le persone laggi\u00f9.\u00a0<\/span><span style=\"font-weight: 400;\"><br \/>\n<\/span><span style=\"font-weight: 400;\"> Non era in realt\u00e0 un<strong> grandissimo letterato<\/strong>, prima di quel romanzo, difatti Natalia Ginzburg, come altri scrittori del tempo, non lo premiarono. Ma l\u2019unico a vederci lungo fu <strong>Italo Calvino<\/strong>, che lo sostenne sempre, nonostante inizialmente le vendite non furono quelle che ci aspetteremmo. Oggi sappiamo che quello contenuto in <em>Se questo \u00e8 un uomo<\/em> \u00e8 <strong>un capolavoro<\/strong>\u00a0<\/span><\/p>\n<p align=\"center\"><em>Voi che vivete sicuri<\/em><br \/>\n<em>nelle vostre tiepide case,<\/em><br \/>\n<em>voi che trovate tornando a sera<\/em><br \/>\n<em>il cibo caldo e visi amici:<\/em><br \/>\n<em>Considerate se questo \u00e8 un uomo<\/em><br \/>\n<em>che lavora nel fango<\/em><br \/>\n<em>che non conosce pace<\/em><br \/>\n<em>che lotta per mezzo pane<\/em><br \/>\n<em>che muore per un si o per un no.<\/em><br \/>\n<em>Considerate se questa \u00e8 una donna,<\/em><br \/>\n<em>senza capelli e senza nome<\/em><br \/>\n<em>senza pi\u00f9 forza di ricordare<\/em><br \/>\n<em>vuoti gli occhi e freddo il grembo<\/em><br \/>\n<em>come una rana d&#8217;inverno.<\/em><br \/>\n<em>Meditate che questo \u00e8 stato:<\/em><br \/>\n<em>vi comando queste parole.<\/em><br \/>\n<em>Scolpitele nel vostro cuore<\/em><br \/>\n<em>stando in casa andando per via,<\/em><br \/>\n<em>coricandovi, alzandovi.<\/em><br \/>\n<em>Ripetetele ai vostri figli.<\/em><br \/>\n<em>O vi si sfaccia la casa,<\/em><br \/>\n<em>la malattia vi impedisca,<\/em><br \/>\n<em>i vostri nati torcano il viso da voi.<\/em><\/p>\n<p><span style=\"font-weight: 400;\">Vorrei chiudere ricordando il nazismo, questo mostro che ha gettato un\u2019ombra su tutto quello che lo circondava, da un altro punto di vista, quello di una donna: <strong>Joice Lussu<\/strong>. Lei \u00e8 una <strong>scrittrice <\/strong><\/span><span style=\"font-weight: 400;\"><strong>e poetessa italiana<\/strong>, infatti si chiamava <\/span><b>Gioconda Beatrice Salvadori Paleotti. <\/b><span style=\"font-weight: 400;\">Era una <strong>ribelle<\/strong>, una donna fuori dalle righe, ha sempre cercato di <strong>evitare il nazismo<\/strong> per non doversi sottomettere, si spost\u00f2 dalla Germania alla Svizzera per continuare gli studi quando nacquero le prime leggi naziste. <strong>Lott\u00f2 tanto<\/strong>, sempre, tutta la sua vita. E lo fece <strong>con ogni mezzo possibile: partecipando alla guerra<\/strong> partigiana e poi <strong>scrivendone tre libri<\/strong>, perch\u00e8 il nazismo andava <strong>combattuto<\/strong> sia sul <strong>campo<\/strong> che nella <strong>mente<\/strong> delle persone. Non ha mai ceduto, non \u00e8 mai scesa a compromessi, non ha mai finto di accettarli.\u00a0<\/span><\/p>\n<p style=\"text-align: center;\"><em>C\u2019\u00e8 un paio di scarpette rosse<\/em><br \/>\n<em>numero ventiquattro<\/em><br \/>\n<em>quasi nuove:<\/em><br \/>\n<em>sulla suola interna si vede<\/em><br \/>\n<em>ancora la marca di fabbrica<\/em><br \/>\n<em>\u201cSchulze Monaco\u201d.<\/em><\/p>\n<p style=\"text-align: center;\"><em>C\u2019\u00e8 un paio di scarpette rosse<\/em><br \/>\n<em>in cima a un mucchio<\/em><br \/>\n<em>di scarpette infantili<\/em><br \/>\n<em>a Buchenwald.<\/em><\/p>\n<p style=\"text-align: center;\"><em>Pi\u00f9 in l\u00e0 c\u2019\u00e8 un mucchio di riccioli biondi<\/em><br \/>\n<em>di ciocche nere e castane<\/em><br \/>\n<em>a Buchenwald.<\/em><br \/>\n<em>Servivano a far coperte per i soldati.<\/em><br \/>\n<em>Non si sprecava nulla<\/em><br \/>\n<em>e i bimbi li spogliavano e li radevano<\/em><br \/>\n<em>prima di spingerli nelle camere a gas.<\/em><\/p>\n<p style=\"text-align: center;\"><em>C\u2019\u00e8 un paio di scarpette rosse<\/em><br \/>\n<em>di scarpette rosse per la domenica<\/em><br \/>\n<em>a Buchenwald.<\/em><br \/>\n<em>Erano di un bimbo di tre anni,<\/em><br \/>\n<em>forse di tre anni e mezzo.<\/em><br \/>\n<em>Chi sa di che colore erano gli occhi<\/em><br \/>\n<em>bruciati nei forni,<\/em><br \/>\n<em>ma il suo pianto<\/em><br \/>\n<em>lo possiamo immaginare,<\/em><br \/>\n<em>si sa come piangono i bambini.<\/em><\/p>\n<p style=\"text-align: center;\"><em>Anche i suoi piedini<\/em><br \/>\n<em>li possiamo immaginare.<\/em><br \/>\n<em>Scarpa numero ventiquattro<\/em><br \/>\n<em>per l\u2019eternit\u00e0<\/em><br \/>\n<em>perch\u00e9 i piedini dei bambini morti<\/em><br \/>\n<em>non crescono.<\/em><\/p>\n<p style=\"text-align: center;\"><em>C\u2019\u00e8 un paio di scarpette rosse<\/em><br \/>\n<em>a Buchenwald,<\/em><br \/>\n<em>quasi nuove,<\/em><br \/>\n<em>perch\u00e9 i piedini dei bambini morti<\/em><br \/>\n<em>non consumano le suole\u2026<\/em><\/p>\n<p><span style=\"font-weight: 400;\">Joice non \u00e8 stata in un campo di concentramento, ma non le serviva, sapeva esattamente qual\u2019era <strong>l\u2019orrore che stava accadendo<\/strong>, sapeva <strong>contro cosa combattere<\/strong>, ha vissuto in guerra per moltissimi anni e ha visto fare ai tedeschi cose che non credeva possibili.<\/span><\/p>\n<p><span style=\"font-weight: 400;\"><strong>Quattro autori diversi<\/strong>, con\u00a0<strong>quattro esperienze diverse<\/strong>: una bambina di tredici anni nascosta in una soffitta di Amsterdam combattuta tra noia e gioia di vivere, paura e speranza negli uomini. Una donna forte e indipendente che aveva vissuto a Torino e che aveva visto la sua famiglia disgregarsi e andare in pezzi, per colpa del fascismo. E poi Primo Levi, un uomo che all\u2019inferno c\u2019\u00e8 stato, \u00e8 riuscito a salvarsi ed \u00e8 tornato indietro, per raccontarlo. E infine Joice Lussu: una combattente, una guerriera pronta a fermare tutto e tutti, ha guardato i fascisti dritto negli occhi, li ha attaccati su tutti i fronti e ci ha ricordato per cosa combattere. Eppure queste quattro storie hanno <strong>qualcosa in comune:<\/strong> quelle parole messe una dopo l\u2019altra con lo scopo di <strong>raccontare e raccontare ancora<\/strong> affinch\u00e8 <strong>nessuno mai possa dimenticare quello che \u00e8 stato.<\/strong>\u00a0<\/span><\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"<p>Varese &#8211; Sono passati 74 anni da quando le truppe dell&#8217;Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz. 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