{"id":47147,"date":"2018-10-12T15:24:07","date_gmt":"2018-10-12T13:24:07","guid":{"rendered":"https:\/\/www.artevarese.com\/?p=47147"},"modified":"2018-10-16T11:39:53","modified_gmt":"2018-10-16T09:39:53","slug":"il-soliloquio-dellarte-che-rappresenta-lanima","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/il-soliloquio-dellarte-che-rappresenta-lanima\/","title":{"rendered":"Il “Soliloquio” dell’arte che rappresenta l’anima"},"content":{"rendered":"

\u201cSoliloquio\u201d per il dizionario \u00e8 un \u201ccolloquio tra s\u00e9 e s\u00e9, nell’ambito di un momento riflessivo o meditativo\u201d.
\n\u201cSoliloquio\u201d per la galleria Punto sull\u2019Arte<\/a> \u00e8 la mostra che mette a confronto i dipinti di Federico Infante<\/a> con le sculture di Johannes Nielsen<\/a><\/strong>.<\/p>\n

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\u00abIl titolo \u00e8 nato dal rendersi conto che questi due artisti scelgono a figura umana nella solitudine<\/strong>. \u2013 spiega la curatrice Alessandra Redaelli<\/strong> – Lo scultore per motivi di mezzo, anche se si tratta proprio di una figura umana iconica e sola. Mentre il pittore per una scelta personale della divisione tra sfondo e figura, in cui lo sfondo diventa l\u2019ambientazione psicologica della figura\u00bb.<\/p>\n

\u00abSono opere che parlano in maniera molto emozionale<\/strong>, – continua Redaelli – quindi ci siamo immaginati dei Soliloqui anche all\u2019interno dello spettatore, di chi guarda l\u2019opera<\/strong>\u00bb.<\/p>\n

Gli artisti, entrambi stranieri, hanno gi\u00e0 esposto negli spazi della galleria. E portare la sua opera in Italia \u00e8 un grande privilegio per Federico Infante<\/strong>, di origine cilena, oggi trasferitosi negli Stati Uniti.<\/p>\n

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La sua formazione <\/strong>ci porta a un periodo difficile per il Cile<\/strong>. \u00abSono cresciuto in una famiglia che ama l\u2019arte<\/strong>: mia madre stessa \u00e8 pittrice e mi ha incoraggiato a credere nelle mie capacit\u00e0 artistiche al punto di farne una professione. Erano per\u00f2 gli anni Ottanta, il tempo della Dittatura di Augusto Pinochet<\/strong>. Credo che il Cile porti ancora sulle spalle le conseguenze di quello che ha vissuto a partire dagli anni Settanta<\/strong>. Quando ho iniziato a studiare Arte i miei professori avevano vissuto quell\u2019esperienza ed erano fortemente convinti che l\u2019Arte fosse una sorta di arma, uno strumento per attaccare lo stato delle cose. Per\u00f2 la maggior parte delle influenze cilene sono europee<\/strong>: si guarda all\u2019arte tradizionale, ma anche a quella progressiva e concettuale\u00bb.<\/p>\n

E questo ci riporta all\u2019avventura artistica di Infante <\/strong>che ha iniziato a disegnare gi\u00e0 da bambino, tra la meraviglia degli amici e il sostegno di una famiglia che \u00abha sempre creduto che l\u2019Arte avesse un significato\u00bb.<\/p>\n

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\u00abIn Cile, quando finisci il liceo, devi decidere quale sar\u00e0 la tua professione \u2013 continua Infante – e io pensavo al Disegno Architettonico. Volevo occuparmi di qualcosa di pratico e razionale, ma mia mamma ha insistito tanto affinch\u00e9 frequentassi una scuola d\u2019arte. Non appena sono arrivato all\u2019Istituto d\u2019Arte e ho comiciato a frequentare i laboratori, mi sono sentito a casa! E in quel momento ho deciso di fare dell\u2019Arte la mia vita<\/strong>\u00bb.<\/p>\n

Infante ha vissuto in Cile fino ai 30 anni e in quel paese affondano le sue radici. Vengono da l\u00ec molte delle emozioni e delle atmosfere che si trovano nei suoi dipinti. \u00abCredo che il nucleo, il cuore di tutte le mie emozioni, sia dove sono cresciuto. E\u2019 il paese che ho assorbito e respirato in modo inconsapevole quando ero bambino<\/strong>\u00bb.<\/p>\n

Per\u00f2 non era il luogo adatto a far crescere la sua arte.
\n\u00abSecondo me il Cile, dal punto di vista artistico, \u00e8 un ambiente molto concettuale e serio. \u2013 sottolinea – Laggi\u00f9 la mia passione per il disegno e per la pittura non aveva la possibilit\u00e0 per crescere<\/strong>. Anche se ho provato a fare lavori diversi, non mi sono mai sentito benvenuto<\/strong>. Le cose sono migliorate solo quando sono andato negli Stati Uniti<\/strong>. Oggi faccio molte mostre in Cile e tengo diverse conferenze: non credo di avere pi\u00f9 bisogno di un\u2019approvazione da quell\u2019ambiente. So quello che voglio fare e mi piace quello che faccio: credo sia il massimo! Sono felice<\/strong>\u00bb.
\nUno degli stati pi\u00f9 produttivi per un artista.<\/p>\n

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L\u2019evoluzione artistica di Infante<\/strong> ci riporta a New York, dove si iscrive all\u2019Art School <\/strong>e realizza una cosa importante sul suo lavoro: la presenza dell\u2019elemento narrativo, l\u2019idea di uno \u201cstorytelling\u201d. <\/strong>\u00abLa mia intenzione \u00e8 sempre stata quella di creare una sorta di ambientazione nei dipinti che fosse un ulteriore supporto a partire dal quale ciascun osservatore potesse sviluppare un personale progetto narrativo\u00bb ricorda l\u2019artista, che ha frequentato un Corso di Illustrazione<\/strong> per guidare la sua idea di narrazione.
\nFederico Infante ha illustrato una ristampa di \u201cLolita\u201d di Nobokov <\/strong>e afferma che gli piacerebbe illustrare altri libri.<\/p>\n

Arriviamo cos\u00ec alle sue tele, che catturano il nostro sguardo.
\n\u00abQuando ho la tela di fronte inizio a dipingere applicando e rimuovendo strati di colore in modo istintivo<\/strong>. – spiega – Uso una spatola per distribuire le tinte ed \u00e8 un momento espressivo ed emozionale, privo di pensiero. Cos\u00ec emerge lo sfondo<\/strong>, che esprime quella parte a cui, all\u2019inizio, non ho ancora dato forma con la mente, a cui devo ancora connettermi. E\u2019 un momento ricco di sperimentazione. <\/strong>E\u2019 facile. Non appena inizia a nascere lo sfondo, qualcosa nella mia mente si connette con esso. Devo capire in che direzione vuole andare l\u2019opera e, allora, diventa pi\u00f9 complesso, perch\u00e9 devo cercare un equilibrio tra due elementi: la parte pi\u00f9 inconscia ed espressiva con l\u2019idea di quello che voglio dipingere<\/strong>\u00bb.<\/p>\n

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Ed ecco che, sullo sfondo, si stagliano le figure<\/strong> prive, per\u00f2, di ogni elemento rappresentativo<\/strong>, come il volto stesso. \u00abSe disegno un volto che assomiglia troppo a quello di una persona famosa, per molti \u00e8 una limitazione alla possibilit\u00e0 di connettersi con l\u2019immagine. Se l’immagine non \u00e8 troppo presente, la mente \u00e8 libera di creare<\/strong>\u00bb.<\/p>\n

Le figure sulle tele di Infante sono soprattutto femminili<\/strong>.
\nL\u2019autore spiega di preferirle perch\u00e9 gli consentono di mantenere una certa distanza.
\n\u00abQuando dipingo le figure maschili, sento che sono troppo vicine a quello che io stesso sono<\/strong>, \u00e8 come fossero un ritratto, un dipingere me stesso. Per evitare in qualche modo di farlo, anche se dipingere me stesso \u00e8 quello che faccio in ogni mia tela<\/strong>, disegno figure femminili\u00bb.<\/p>\n

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E l\u2019osservatore viene trasportato nel mondo dell’artista e vede la natura, vede lo stormire del vento, vede quello che non c\u2019\u00e8<\/strong>. \u00abE\u2019 proprio quello che voglio!<\/strong> \u2013 spiega Infante \u2013 Quando dipingo vivo uno stato di coscienza neutro, un momento di introspezione nel corso del quale possono accadere tante cose\u00bb.<\/p>\n

E l\u2019interesse del pubblico per il suo lavoro? \u00abE\u2019 davvero bello, – afferma \u2013 emozionante! Quando finisco una tela cerco di capire se sar\u00e0 in grado di comunicare qualcosa a chi lo guarder\u00e0, se l\u2019osservatore potr\u00e0 entrare in relazione con l\u2019immagine, connettersi con essa<\/strong>. Questa riflessione mi aiuta a \u201cdisconnettermi\u201d a mia volta dal quadro. Sapere che qualcuno potr\u00e0 amarlo quanto me mi aiuta a \u201clasciarlo andare\u201d e mi d\u00e0 la spinta per dedicarmi a un nuovo lavoro\u00bb.<\/strong><\/p>\n

L’opera di Infante \u00e8 in continuo movimento ed evoluzione<\/strong>, se prima le figure venivano rappresentate accanto a un oggetto \u2013 un \u00a0pianoforte, una macchina, … \u2013 ora sono sole con se stesse, immerse in un personale \u201csoliloquio\u201d. Infante sente l\u2019esigenza di continuare a crescere, di rinnovarsi.<\/strong> \u00abIl lavoro di un artista non pu\u00f2 attingere a lungo alle stesse immagini, diventerebbe troppo meccanico. \u2013 afferma – Penso che una delle cose che rende bella l\u2019Arte sia il fatto che per l\u2019artista ogni nuovo lavoro \u00e8 fresco, una<\/strong> possibilit\u00e0 di rinnovare la propria percezione e intuizione del mondo<\/strong>. E questo \u00e8 quello che cerco di fare ogni volta che dipingo\u00bb.<\/p>\n

Infante, grato alla galleria di Sofia Macchi per averlo scoperto a New York e avere portato il suo lavoro a Varese, ma anche in giro per il mondo<\/strong>, \u00e8 convinto che in Europa gli artisti abbiano una maggior considerazione proprio per la tradizione e la cultura delle nostre terre<\/strong>. \u00abSembra che la gente abbia una migliore disposizione nei riguardi dell\u2019artista. \u2013 sostiene – Questo non accade in Sud America e neppure a New York. In Sud America l\u2019artista viene considerato un p\u00f2 un hippie. A New York … dipende da quanti soldi riesci a fare!\u00bb.<\/p>\n

E mentre Infante visita l\u2019Italia per respirarne l\u2019atmosfera artistica, a Punto sull\u2019Arte i suoi dipinti dialogano con i bronzetti di Nielsen<\/strong>.<\/p>\n

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Johannes Nielsen<\/strong> sta lavorando lontano, in Cina.
\nLa curatrice di questa mostra Alessandra Redaelli <\/strong>spiega che si tratta di un artista storico della galleria, \u00abche porta delle opere nuove che segnano un cambiamento nella sua iconografia. <\/strong>Lui rimane fedele alla figura umana, – afferma la curatrice – per\u00f2 mentre in passato sceglieva uno stile pi\u00f9 \u201cgiacomettiano\u201d, dove la figura umana, presa nella sua interezza, era molto pi\u00f9 scarnificata e stilizzata, ora ha fatto quello che io ritengo un grande salto di qualit\u00e0, perch\u00e9 la figura \u00e8 diventata improvvisamente quello che rappresenta nella scultura contemporanea: l\u2019immagine dell\u2019anima<\/strong>\u00bb.<\/p>\n

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\u00abIl corpo \u00e8 stato ripensato attraverso un\u2019interessante scomposizione della forma. Non \u00e8 pi\u00f9 la posizione del corpo che ci interessa, ma come esso si disgrega e si riaggrega<\/strong>. Ci sono figure alle quali sembrano mancare dei pezzi di materia, come cancellati da una gomma. Figure composte da somme di piccoli solidi. Figure dimezzate e poi ricomposte non dalla parte giusta, bens\u00ec spalla a spalla. Quindi un gioco estrememente elegante e interessante dal punto di vista concettuale, che \u00e8 diventato una ricerca sulla nostra identit\u00e0 frammentaria<\/strong>\u00bb.<\/p>\n

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\u00abQuello realizzato a Punto sull\u2019Arte \u2013 conclude Redaelli \u2013 \u00e8 un percorso in cui gli artisti sono stati volutamente messi a confronto. Un percorso tra bidimensionalit\u00e0 e tridimensionalit\u00e0, tra pittura e bronzo<\/strong>. Il pittore \u00e8 pi\u00f9 emozionale, pi\u00f9 concettuale lo scultore.
\nUn percorso affascinante<\/strong>\u00bb.<\/p>\n

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“Soliloquio” di Federico Infante e Johannes Nielsen
\n<\/strong>fino\u00a0 al 17 novembre
\na cura di Alessandra Redaelli
\nGalleria PUNTO SULL\u2019ARTE<\/strong>
\nViale Sant\u2019Antonio, Varese, 0332 320990
\ninfo@puntosullarte.it
\nOrari: marted\u00ec \u2013 sabato 10\/13 e 15\/19, domenica 15-19 (chiuso 1 Novembre)<\/p>\n