{"id":46844,"date":"2018-09-24T12:00:00","date_gmt":"2018-09-24T10:00:00","guid":{"rendered":"https:\/\/www.artevarese.com\/?p=46844"},"modified":"2018-09-24T11:45:34","modified_gmt":"2018-09-24T09:45:34","slug":"alberto-magnani-si-racconta-a-punto-sullarte","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/alberto-magnani-si-racconta-a-punto-sullarte\/","title":{"rendered":"Alberto Magnani si racconta a Punto sull’Arte"},"content":{"rendered":"

\"\"<\/p>\n

\u201cDensa di stratificazioni di senso, allusioni, simbolismi, citazioni e trappole concettuali, la pittura di Alberto Magnani possiede una caratteristica indiscutibile: produce piacere<\/strong>\u201d. E\u2019 con queste parole che presenta l\u2019artista Alessandra Readaelli<\/strong>, curatrice della mostra \u201cempire of things<\/strong>\u201d in corso a Varese, alla Galleria Punto sull\u2019Arte<\/strong><\/a>.<\/p>\n

Per arrivare a produrre questo piacere e per definire la sua arte Alberto Magnani<\/strong> ha compiuto un lungo percorso: \u00abHo fatto il liceo artistico di Brera, \u2013 racconta – ma l\u00ec l\u2019allievo veniva privato della sua libert\u00e0 espressiva, si subiva l’influsso del professore e del suo gusto. Prevalevano le mode e gli anni \u201970 erano molto rivoluzionari, concettuali. Rifiutavano il figurativo. Non era come, ad esempio, in Inghilterra, dove si studiava pittura nel senso pi\u00f9 vasto. Ho imparato a dipingere guardando l\u2019opera dei pittori del passato, andando nei musei. Ho studiato, ma non ho mai avuto un maestro. Non ho imparato da nessuno, quindi la mia arte ha dei limiti ma anche il pregio di essere solo mia<\/strong>\u00bb.<\/strong>\u00bb.<\/p>\n

Si percepisce nelle parole di Magnani, il desiderio di superare i confini dell’Italia.
\n\u00abIo sono sempre stato interessato al disegno realista.<\/strong> – afferma – Ma era il Periodo Concettuale<\/strong>, secondo il quale l\u2019Arte si fondava pi\u00f9 sulla rappresentazione del pensiero e sull\u2019idealizzazione del segno e della forma che sulla riproduzione del reale, uno stile considerato vecchio e superato. Ma non era un “tornare indietro”, bens\u00ec un modo di andare avanti recuperando la pittura, il segno, il disegno e il colore\u00bb.<\/p>\n

E allora lo sguardo cerca una risposta alle aspirazioni artistiche personali.
\n\u00abAi tempi avevo visto<\/strong> una mostra molto interessante a Milano, alla Rotonda Besana<\/strong>. Per la prima volta arrivavano in Europa gli<\/strong> Iperrealisti americani<\/strong>: venivano tutti dall\u2019esperienza cartellonistica<\/strong>, che era molto diversa da quella europea. I loro erano come dei grandi murales pubblicitari che, una volta progettati, venivano dipinti sui muri ciechi di vecchi palazzi newyorkesi, dove rimanevano per mesi e anche per qualche anno\u00bb.<\/p>\n

\u00abQuegli artisti avevano gi\u00e0 \u201csuperato\u201d la pubblicit\u00e0<\/strong>, – ricorda l’artista – stupendo tutto il mondo e la scena dell’arte americana con le loro eccezionali capacit\u00e0 espressive e coloristiche. La Pop Art tornava nel loro lavoro, che rifletteva la vita reale del quotidiano<\/strong>: il bar, la strada illuminata …. In Italia, negli anni ’70, chiamavano questo stile Iperrealismo<\/strong>, ma in America si chiamava Fotorealismo o Superrealismo<\/strong>. E\u2019 venuto dopo la Pop Art ed era basato su delle foto ingigantite e stampate sulla tela emulsionata. Sono delle vere foto in bianco e nero e gli artisti lavoravano con il colore su questa traccia. Naturalmente dovevano essere dei pittori per riuscire a farlo!\u00bb.<\/p>\n

\u00abE’ stato allora che ho capito: per poter essere me stesso dovevo andarmene e, raggiunti gli Stati Uniti, ho trovato un contesto molto fertile per il mio sviluppo. Avevo poco pi\u00f9 di 30 anni<\/strong>: l’et\u00e0 in cui non ti fermi l\u00ec per sempre<\/strong>, perch\u00e9 hai gi\u00e0 la tua formazione. Se vai quando hai 20 anni ti fermi e cerchi di rimanerci, dopo no. Poi io avevo i genitori in Italia e li ho sempre seguiti con grande amore. \u00a0Vivevano a Induno e c\u2019era un legame che non si poteva tagliare. E\u2019 forse l’et\u00e0 pi\u00f9 prolifica, perch\u00e9 hai gi\u00e0 una tua base solida e acquisisci con un giudizio critico<\/strong>: fai una scelta\u00bb.<\/p>\n

\u00abIn America sono stato subito apprezzato \u00e8 il mio dipingere \u00e8 diventato una professione<\/strong>. Per\u00f2 la mia non \u00e8 mai stata un\u2019espressione puramente fotografica perch\u00e9 siamo europei e abbiamo un importante bagaglio culturale e una diversa elaborazione del passato, che serve a nutrire il presente<\/strong>\u00bb.<\/p>\n

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\u00abUna volta giunto negli Stati Uniti <\/strong>mi ha subito affascinato l\u2019attenzione per l’oggetto \u201cusato\u201d, che era al centro delle opere<\/strong>: vestiti, rifiuti, i vecchi cimiteri di automobili, oggi spariti, ma che allora erano affascinanti, quasi delle montagne di scheletri dove cresceva l’erba. Io guardavo agli oggetti di uso consumistico e trovavo in essi valenze estetiche<\/strong>\u00bb.<\/p>\n

Magnani si trova immerso in un universo artistico affascinante.
\n\u00abIl bello degli Stati Uniti \u00e8 che tutte le correnti artistiche convivono e restano attuali, non si scontrano tra loro. Continuano la propria evoluzione e mantengono i propri spazi. E questo \u00e8 fonte di grande nutrimento per tutti, perch\u00e9 si possono vedere insieme stili del passato e del presente<\/strong>.\u00a0 I dipinti dei realisti degli anni \u201950, che proseguono con la loro pennellata e, subito dopo, una galleria che espone l’avanguardia pi\u00f9 assoluta. Si pu\u00f2 avere uno sguardo pi\u00f9 completo\u00bb.<\/p>\n

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\u00abHo cominciato a ritrarre le balle di stracci<\/strong>: lavoravo in una ditta come grafico e l\u00ec arrivavano queste balle di pezzi di stoffa per pulire i macchinari, avvolte nel fil di ferro. Io dipingevo e, facendo esperienza, ho messo a punto una mia tecnica realistica<\/strong>\u00bb.<\/strong><\/p>\n

Allo sguardo si somma la comprensione che sono in corso dei cambiamenti socio-economici. \u00abBisogna ricordare che in quegli anni era molto forte la tematica del consumismo<\/strong>, che poi si \u00e8 spenta ed \u00e8 stata ripresa oggi, ma in modo diverso. Eppure \u00e8 allora che \u00e8 nata la Critica al Consumismo<\/strong>, che cresceva in parallelo al fenomeno stesso. Cresceva anche la contraddizione per cui pi\u00f9 si criticava, pi\u00f9 si consumava\u00bb.<\/p>\n

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Ma perch\u00e9 questa fascinazione per gli stracci?
\n\u00abLo straccio mi ricordava il vestito usato dell’uomo che trattiene la sua anima, il suo vissuto e poi viene buttato. Un po’ come succede a noi esseri umani<\/strong>: veniamo usati durante la vita, per poi essere scartati quando non serviamo pi\u00f9. Naturalmente dipende dalla persona: se la sua creativit\u00e0 continua con la sua intelligenza, in realt\u00e0 non muore mai. Ma se gli individui non hanno una vera identit\u00e0, un vero talento e orientamento culturale e seguono l\u2019onda, allora diventano come la mia balla di stracci: ridotti a un agglomerato anonimo, amorfo<\/strong>\u00bb.<\/p>\n

E qui entrano in gioco l’arte e l’abilit\u00e0 pittorica di Magnani.
\n\u00abEssendo un pittore e un esteta, vedevo una grande bellezza in queste balle<\/strong>, perch\u00e9 erano come delle sculture legate con i fili di ferro, con rigonfiamenti e imprevisti accostamenti di tessuti e colori, che sembravano voluti. e non mi sono fermato a questo. Dopo avere riprodotto l’oggetto usato, sono andato alla sua origine, per vederlo ancora \u201cin uso\u201d e per poi indagare il concetto del Vuoto, dell’assenza, che era quello che mi interessava:<\/strong> il sacchetto vuoto che racchiude una vita … \u00bb.<\/p>\n

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\u00abNegli Stati Uniti si continuano a usare i sacchetti di carta marroni<\/strong>, che sono molto affascinanti. Non si guardano mai, ma se li schiacci racchiudono rughe, pieghe e ombre che prendono la luce in modo particolare. Ne ho dipinti tanti\u00bb.<\/p>\n

\u00abPoi ho scelto di raffigurare l\u2019abito, la camicia, ma non come Moda, bens\u00ec per il suo simbolismo<\/strong>: il vestito ti accoglie, ti protegge, ti d\u00e0 l’identit\u00e0 che cerchi. <\/strong>C\u2019\u00e8 il narcisismo, c\u2019\u00e8 una protezione, c\u2019\u00e8 un mascheramento. L\u2019abito ha grandi potenzialit\u00e0, trasmette molti messaggi o non ne trasmette alcuno, \u00e8 anonimo. Ha un grande potere. Nelle mie opere non c\u2019\u00e8 mai l\u2019essere umano: di lui resta solo una traccia<\/strong>. Il vestito \u00e8 una traccia\u00bb.<\/p>\n

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\u00abAccade anche con la camicia <\/strong>che \u00e8 vuota, ma si riempie d\u2019aria, di forme, di colore, \u00e8 appesa sulla gruccia … in essa si vede l’essere umano, ma nella sua assenza, nel suo essere quasi un fantasma<\/strong>. E\u2019, per\u00f2, un fantasma affascinante, perch\u00e9 c\u2019\u00e8 il colore, ci sono le righe … \u00a0Da questo \u00e8 nato il mio stile espressivo: rappresento il vuoto che lascia l’essere umano nell’uso dei suoi oggetti, in particolare l’abito<\/strong>. Naturalmente ci sono molte \u201cinfiltrazioni\u201d in quest’idea, perch\u00e9 noi siamo italiani e abbiamo alle spalle una tradizione molto importante<\/strong>. Penso, ad esempio, al Rinascimento, dove i panneggi<\/strong> sono quasi pi\u00f9 importanti del volto dei personaggi\u00bb.<\/p>\n

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\u00abCome afferma Alessandra Redaelli,<\/strong> nei nostri pittori c’\u00e8 sempre un riferimento inconscio al passato, anche nell’amore per il colore<\/strong>. Io, ad esempio, non amo indosare capi colorati, ma devo usare il colore nei miei dipinti\u00bb.
\nParlando dei vivaci accordi cromatici delle opere di Magnani<\/strong> la Redaelli, nell\u2019introduzione del catalogo della mostra, scrive: \u201csi prova quasi la sensazione di avvertire sulla lingua il gusto pungente del fucsia che sa di lampone,… la consistenza pannosa del bianco, il brivido esotico del mango nel giallo caldo e il retrogusto acidulo nel rosso fragola\u201d.<\/p>\n

E\u2019 un percorso affascinante quello che compiamo con Alberto Magnani, una vita tra due realt\u00e0 che costituiscono il background della sua opera. \u00abL\u2019America e l\u2019Italia erano due mondi diversi. <\/strong>– sottolinea – Uno compensava l’altro. Con il tempo si raggiunge un equilibrio un po’ stressante, ma anche molto eccitante e nutriente dal punto di vista artistico: New York ti satura perch\u00e9 \u00e8 una citt\u00e0 piena di stimoli, di avvenimenti, di cose da vedere e da fare. Ma il nostro cervello e la nostra emotivit\u00e0 hanno dei confini e allora, quando tornavo in Italia dai miei, era quasi un digerire ed elaborare quello che avevo vissuto in America. Ritrovavo il verde, la tranquillit\u00e0, gli amici. Poi mi tornava la voglia di essere a New York<\/strong>\u00bb.<\/strong><\/p>\n

La permanenza negli Stati Uniti ha permesso a Magnani di vendere i dipinti.
\n\u00abIn America \u00e8 presto nato un mercato collezionistico <\/strong>delle mie opere, che sono state esposte in galleria. L\u2019esperienza dell\u2019esporre mi ha fatto crescere come artista<\/strong>. La mia prima gallerista aveva studiato in Italia e aveva fatto una tesi sulla pittura del Rinascimento.
\nHo una grande riconoscenza per il collezionista, perch\u00e9 porta a casa qualcosa che io ho trasmesso, un pezzetto di me. E lo fa attraverso il denaro, che poi mi permette di continuare a dipingere<\/strong>. E\u2019 bello sapere che i miei quadri girano per il mondo, vanno lontano. Anche se non li vedo pi\u00f9, non importa, – dice con un sorriso – perch\u00e9 l\u2019arte deve andare, deve uscire dal tuo studio.<\/strong> Se io avessi ancora tutti i quadri che ho dipinto impazzirei! Sarebbe come riflettersi nello specchio tutto il giorno. Alla fine ti odi!\u00bb.<\/p>\n

Essere nella Grande Mela ha permesso al nostro artista di fare grandi incontri.
\n\u00abPer scoprire nuovi oggetti andavo tutti i fine settimana nei mercatini che si svolgevano a New York: era come andare a rilassarsi, a vedere un’umanit\u00e0 che non vedi durante la settimana<\/strong>. Potevi trovare delle cose meravigliose e delle cose tanto pacchiane, da essere inimmaginabili. Trovavi tutto il mondo, rappresentato dagli oggetti consumati dagli esseri umani. Per me era un godimento incredibile, pi\u00f9 che andare a teatro<\/strong>\u00bb.<\/p>\n

Ed ecco la sorpresa per gli amanti della Pop Art: \u00abHo visto molte volte Andy Warhol<\/a> che frugava tra i banchi<\/strong>: lui era un amante delle cose da rigattieri. Faceva parte di un settore molto intellettuale, che allora non mi interessava, ma guardandolo adesso ho capito che ha saputo dare al pubblico quello che voleva<\/strong>. Tu vuoi che io rappresenti la tua mediocrit\u00e0 e la tragedia di un mondo che non vuoi vedere? Eccola! sembrava dire.<\/strong> Warhol ha realizzato una serie di dipinti molto scottanti dedicati alla sedia elettrica. Poi ha scelto gli oggetti pi\u00f9 assurdi, ha ritratto i travestiti e transessuali, toccando dei temi molto forti, che potevano disturbare i benpensanti e ricco-borghesi, ma li stimolavano attraverso una visione figurativa molto stimolante e seriabile<\/strong>, come accadeva con i suoi lavori\u00bb.<\/p>\n

\u00abPoi \u00e8 stata la volta dei ritratti dei divi. Ha sfondato le porte perch\u00e9 tutti i narcisi di allora volevano un ritratto di Andy Warhol<\/strong>. Una volta ho visitato una sua grande mostra e dapprima ho pensato \u201cche noia, sono tutti uguali!\u201d,\u00a0 poi ho osservato meglio e ho compreso la genialit\u00e0 della sua idea: \u201cio ti critico. Tu vuoi questo? E io te lo faccio, perch\u00e9 a me interessa il denaro\u201d. <\/strong>Diceva che per lui i soldi erano l’unica cosa importante. Ma era una difesa<\/strong>. C’erano in mostra Marilyn Monroe, Elisabeth Taylor, tanti imprenditori, vip della moda, magari non conosciuti oltre New York. \u00a0Tutti erano pieni di s\u00e9, \u201csono qui \u2013 sembrava dicessero – mi sono fatto fare il ritratto da Andy Warhol\u201d. E lui aveva raggiunto il tuo scopo, adesso ti rappresento come sei: \u00a0narcisista, esibizionista, eccetera eccetera.
\nE allora ho pensato: chapeau, ha avuto il coraggio di dimostrare alla Societ\u00e0 com\u2019era, senza che nessuno lo capisse.Vuoi lo specchio per rifletterti? E io te lo d\u00f2, ma a modo mio<\/strong>. Andy Warhol era questo, era un personaggio algido che indossava sempre una maschera, non si capiva mai cosa pensasse. Era un modo per difendersi, perch\u00e9 era molto timido e chiuso\u00bb.<\/p>\n

Anche se ora Alberto Magnani trascorre lunghi periodi a Varese – ormai anche in Italia ci sono tanti mercatini dell’usato! – ama frequentare la vivacit\u00e0 di New York.
\n\u00abOgni volta mi piace tornare negli stessi posti<\/strong>, nelle stesse strade, che pure continuano a cambiare. Lo scenario \u00e8 sempre attuale, tragico, intenso, altamente intellettuale o bassamente mediocre. Sono molto grato del fatto che mi sia rimasta la capacit\u00e0 di guardare<\/strong>: bisogna fermarsi sulle cose, sulle persone, sui palazzi, sui dettagli …. Non si finisce mai di stupirsi e di divertirsi: la vita \u00e8 un teatro per il quale non devi pagare il biglietto!<\/strong> Mi piace osservare la gente, soprattutto sulla Subway, la metropolitana, che \u00e8 la vita pulsante della citt\u00e0\u00bb.<\/p>\n

\"\"<\/p>\n

Proseguendo il suo percorso artistico Magnani \u00e8 entrato in una fase espressiva.
\n\u00abPrima\u00a0 ho portanto avanti il discorso degli abiti e diventando anche ironico. Ho fatto delle composizioni che giocano sulle forme delle cravatte, sulle spirali. Ho provato degli accostamenti sia disordinati che molto classici. Ed \u00e8 stato bello. Ho dipinto l’abbigliamento maschile perch\u00e9 \u00e8 un po’ cosmico, una divisa<\/strong>\u00bb.<\/p>\n

Poi nuovi oggetti hanno invaso le sue tele: l’occhio del pittore ha connesso quello che vedeva con quello che \u00e8 gi\u00e0 dentro di s\u00e9: \u00a0i vuoti<\/strong>.<\/p>\n

\"\"\u00abLa maschera che dipingo oggi \u00e8 un vuoto, il casco \u00e8 un vuoto<\/strong> …\u00a0 li ho visti vicino e ho pensato: guarda che strano, si assomigliano! Hanno la stessa forma ovale, ancestrale, che ricorda un volto. Il casco si mette sul capo, ma sembra una maschera da guerra, una protezione del viso con delle feritoie medievali.<\/p>\n

 <\/p>\n

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E la fantasia va a mille, perch\u00e9 si ricollega sempre alla tua esperienza culturale, visiva, dei musei, degli oggetti …<\/strong> io poi ho sempre amato le maschere africane, che ho visto a New York in grandi collezioni e nella sezione di arte oceanica e africana del Metropolitan Museum. Ti immergi in quelle forme, e poi esci dalla sala e\u00a0 vedi i romani e i greci. Vedi i volti, ma interpretati in un altro modo: \u00e8 bellissimo!\u00bb.<\/p>\n

E poi ci sono le cornici vuote<\/strong>.
\n\u00abLe avevo gi\u00e0 dipinte alcuni anni fa, ma spesso le idee sono sempre pi\u00f9 veloci della mano, per cui le avevo accantonate. Le ho riprese perch\u00e9 ho vissuto un momento di stasi e mi sentivo in sintonia con il loro equilibrio instabile<\/strong>, addossata l’una all’altra.<\/p>\n

\"\"<\/p>\n

C’\u00e8 poi anche il rimando al trompe l’oeil ottocentesco, specialmente nordico o francese<\/strong>. Il retro del quadro, la cornice vuota con un bigliettino inchiodato sul muro … allora cerco di prendere l’emozione di una cosa gi\u00e0 esistente, per\u00f2 riadattandola all’oggi.\u00a0 E’ quasi un disequilibrio, una mancanza di equilibrio. Sono un punto di domanda,\u00a0 un vuoto che attende, una stasi, un riposo del guerriero\u00bb.<\/p>\n

E cos\u00ec Alberto Magnani continua a guardare il mondo.<\/p>\n

“empire of things” di Alberto Magnani
\nPunto sull\u2019Arte di Sofia Macchi, Viale Sant\u2019Antonio 59\/61, Varese
\n+39 0332 320990\/info@puntosullarte.it\/
www.puntosullarte.it
\n<\/a>Fino al 29 settembre
\nMarted\u00ec \u2013 Sabato: 10-13\/15-19
\nCatalogo a cura di Punto sull’Arte, con testo critico di Alessandra Redaelli.<\/p>\n

Chiara Ambrosioni<\/p>\n

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