{"id":43635,"date":"2018-03-16T13:25:56","date_gmt":"2018-03-16T12:25:56","guid":{"rendered":"https:\/\/www.artevarese.com\/?p=43635"},"modified":"2018-03-16T17:38:30","modified_gmt":"2018-03-16T16:38:30","slug":"lo-sguardo-lo-specchio","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/lo-sguardo-lo-specchio\/","title":{"rendered":"Lo sguardo e lo specchio"},"content":{"rendered":"

Saronno – Secondo il filosofo Mario Lizzero<\/strong>, c\u2019\u00e8 una domanda che dovremmo porci prima di osservare un dipinto: cosa significa guardare<\/em>?<\/strong>
\n\u201cQuando vediamo un uccellino volare davanti alla nostra finestra c\u2019importa poco dell\u2019animale, ma se desideriamo scoprire le sue caratteristiche, o a che razza appartenga, dobbiamo guardarlo in modo diverso. Dobbiamo assumere uno sguardo analitico e interrogante, che \u00e8 poi lo stesso che adottiamo anche di fronte a un\u2019opera d\u2019arte – <\/strong>spiega Lizzero nel corso dell\u2019ultimo degli Incontri filosofici di Villa Gianetti<\/em> – <\/strong>\u00c8 la stessa operazione che compiamo quando leggiamo: vediamo delle linee, delle parole, ma poi per comprenderle dobbiamo soffermarci sul loro significato. Allora capiamo tutto quello che l\u2019autore ci vuol dire\u201d.<\/p>\n

Cos\u00ec, mettiamo in piedi un\u2019operazione delicatissima che chiama in causa il presente<\/strong>, in cui osserviamo il dipinto, e il passato<\/strong>, in cui questo \u00e8 stato prodotto. Guardiamo un quadro del Quattrocento, ci informiamo, leggiamo varie interpretazioni su di esso, ma non dobbiamo dimenticare che l\u2019autore ha vissuto la propria vita e il rapporto col mondo in modo molto diverso da noi oggi.<\/strong>
\n\u201cL\u2019autore dipingeva secondo i suoi parametri di giudizio – chiarisce Lizzero – Quindi, quando guardiamo una tela antica e vogliamo leggerla in maniera intelligente, forziamo lo spazio e il tempo della nostra realt\u00e0 quotidiana<\/strong>. Lo facciamo perch\u00e9 quell\u2019opera ha un suo significato originale solo nel momento in cui \u00e8 stata dipinta, in quel dato luogo e momento storico\u201d.<\/p>\n

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Con questa premessa, Lizzero si sofferma sulla raffigurazione dello specchio. \u201cNe I coniugi Arnolfini<\/em> il pittore Van Eyck<\/strong> obbliga lo sguardo dell\u2019osservatore a una lettura pi\u00f9 complessa. Qui, dietro a una coppia di sposi allietati dalla presenza di un cagnolino festante, c\u2019\u00e8 dell\u2019altro e a rivelarlo \u00e8 lo specchio alle loro spalle\u201d. In un dipinto in cui ogni dettaglio \u00e8 realistico, tangibile e la maestria prospettica di Van Eyck decisiva, lo specchio svela una realt\u00e0 sconcertante, diversa da quella che dovrebbe riflettere.<\/p>\n

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Nello specchio<\/strong>, infatti, non sono riflessi n\u00e9 il cagnolino, simbolo della fedelt\u00e0 coniugale, n\u00e9 le mani unite degli sposi<\/strong>. Ci\u00f2 che si vede, invece, \u00e8 un fumo scuro che avvolge la mano dello sposo proprio nel punto in cui dovrebbe sorreggere quella dell\u2019amata. A sovrastare la coppia v\u2019\u00e8 un lampadario, la cui unica candela accesa e non consumata svetta sulla testa dell\u2019uomo.<\/p>\n

\u201cVan Eyck osserva scrupolosamente la realt\u00e0 e utilizza questi stratagemmi perch\u00e9 vuole che l\u2019osservatore veda tutto\u201d. Insieme agli elementi simbolici disseminati nella tela, lo specchio rivela che, lungi dall\u2019essere una presenza vivente, la sposa \u00e8 probabilmente un\u2019anima del purgatorio giunta per chiedere al marito di pregare per lei e il piccolo che porta in grembo. Lo sposo, come indicato dalla candela accesa, \u00e8 l\u2019unico in vita. L\u2019incontro tra dimensione terrena e ultraterrena<\/strong> avviene nel punto in cui le mani degli sposi si toccano, generando una sorta di fuoco, di cortocircuito che produce del fumo.
\nAl pittore fiammingo, lo specchio consente di ampliare lo spazio narrativo, di descrivere la verit\u00e0 imponendo uno sguardo bifronte<\/strong>“.<\/p>\n

Il percorso tracciato da Lizzero tocca anche lo sguardo surrealista: \u201cMagritte manipola le immagini perch\u00e9<\/strong> vuole dipingere le idee, non la materia\u201d<\/strong>. L\u2019uso straordinario che Magritte fa delle apparenze e degli oggetti quotidiani ha alle spalle la conoscenza della psicoanalisi freudiana. \u201cL\u2019uso dell\u2019immagine sostituisce la parola, che \u00e8 incapace di dire certe cose\u201d. Cos\u00ec, nella Riproduzione vietata<\/em> lo specchio non riflette pi\u00f9 la realt\u00e0: \u201cIl pittore forza la natura dello specchio che, cos\u00ec, restituisce l\u2019immagine dell\u2019uomo di schiena invece che di fronte. Lo specchio, come gli oggetti di uso quotidiano, perde la sua funzione\u201d.<\/p>\n

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Il monito di Magritte \u00e8 che quello che vediamo tutti i giorni non \u00e8 ci\u00f2 che sembra. In questa convinzione \u00e8 determinante l\u2019esperienza disastrosa della prima guerra mondiale.<\/strong>
\n\u201cIn Magritte – ricorda Lizzero – l\u2019occhio vede e pensa. Lo sguardo \u00e8 consapevole che l\u2019apparenza delle cose, degli eventi non \u00e8 la verit\u00e0\u201d. La pittura stessa, allora, \u00e8 un intreccio di segni che non rappresenta la realt\u00e0, laddove la parola stessa non tiene pi\u00f9 a interpretare il mondo”.<\/p>\n

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Michela Sechi<\/p>\n

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