{"id":42409,"date":"2018-01-03T13:30:54","date_gmt":"2018-01-03T12:30:54","guid":{"rendered":"http:\/\/artevarese.com\/?p=42409"},"modified":"2018-01-05T14:23:14","modified_gmt":"2018-01-05T13:23:14","slug":"lafrica-dei-fratelli-castiglioni","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/lafrica-dei-fratelli-castiglioni\/","title":{"rendered":"L\u2019AFRICA DEI FRATELLI CASTIGLIONI"},"content":{"rendered":"

I fratelli Angelo e Alfredo Castiglioni, hanno condiviso una vita avventurosa e appassionante, che li ha portati sulle strade dell\u2019Africa<\/strong>. Hanno fissato il ricordo delle tradizioni di popoli che stavano scomparendo e hanno scoperto importanti siti archeologici: da Berenice Pancrisia<\/strong>, la citt\u00e0 nel deserto che forniva l\u2019oro ai faraoni egiziani, alle affascinanti basiliche paleocristiane rinvenute negli scavi del porto di Adulis<\/strong> in Eritrea lo scorso novembre.<\/p>\n

Etnologi e archeologi sul campo, hanno raccolto le testimonianze di 60 anni di viaggi negli spazi del Museo Castiglioni di Varese<\/strong>, oggi diretto con competenza e passione da Marco Castiglioni<\/strong>, figlio di Angelo. Proprio Angelo Castiglioni ci dona alcuni episodi di un racconto lungo una vita, che ci trasporter\u00e0 negli assolati spazi africani, a fianco del fratello gemello Alfredo<\/strong> – mancato nel 2016 \u2013 e riportandoci all\u2019inizio di tutto, a una partenza che aveva qualcosa a che fare con la follia della giovent\u00f9.<\/p>\n

\u201cQuesta nostra grossa passione \u00e8 iniziata subito dopo la guerra<\/strong> \u2013 ricorda Angelo -. Abitavamo in un paese vicino a Marchirolo e vedevamo le luci della Svizzera, che era illuminata mentre noi eravamo al buio. Quando l\u2019Italia \u00e8 stata liberata e la guerra \u00e8 finita ci siamo detti: andiamo a scoprire il mondo! E l\u2019abbiamo fatto in una maniera un po\u2019 garibaldina.<\/strong> A quel tempo i giovani si muovevano con la Lambretta o con la Vespa, c’\u00e8 stato chi \u00e8 andato fino a Capo Nord! Noi eravamo affascinati dall’Africa, perch\u00e9 avevamo letto dei libri e ne avevamo tanto sentito parlare. Cos\u00ec siamo partiti verso questo mondo molto misterioso!\u201d.<\/p>\n

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\u201cAbbiamo organizzato il viaggio in Vespa: dall\u2019Italia siamo passati alla Francia e alla Spagna e siamo arrivati fino allo stretto di Gibilterra, dove ci siamo imbarcati. Da l\u00ec abbiamo raggiunto il Marocco, scoprendo un modo che non conoscevamo<\/strong>. Allora il paese era diviso tra Marocco francese e Marocco spagnolo. Non era molto sicuro viaggiare, perch\u00e9 c’erano dei gruppi indipendentisti che non vedevano di buon occhio i bianchi\u201d.<\/p>\n

\u201cNoi avevamo una formazione economista: forse \u00e8 stato un po\u2019 incosciente buttarsi in un\u2019avventura sconosciuta, senza conoscere lingua e abitudini. Tutto era nuovo, ma io e mio fratello Alfredo ci siamo adattati molto bene sia al clima che al cibo<\/strong>. Abbiamo sempre rispettato le popolazioni che incontravamo, senza mai sentirci superiori a nessuno, neppure ai popoli pi\u00f9 primitivi che abbiamo conosciuto. Stando a contatto con loro ne abbiamo scoperto il modo di vivere. Allora, con la Vespa, siamo scesi fino al Rio de Oro,\u00a0 quella che oggi \u00e8 la Mauritania. Abbiamo anche avuto qualche piccolo inconveniente, io – ad esempio \u2013 sono caduto e mi sono rotto un braccio, ma il nostro equipaggiamento era fatto pi\u00f9 di attrezzi e di pezzi di ricambio per la Vespa che altro! Era tutto molto spartano: il braccio me l\u2019ha ingessato un ufficiale della legione straniera\u201d.<\/p>\n

Marco Castiglioni interviene, portando il suo ricordo di figlio:<\/strong> \u201cMio padre non ha raccontato un aspetto di questa avventura. Lui e mio zio avevano detto al padre che andavano in Costa Azzurra e hanno fatto una piccola deviazione! Mio nonno era molto paziente e conosceva i suoi figli, quindi li ha lasciati liberi di fare quello che pi\u00f9 gli piaceva e ha avuto ragione, perch\u00e9 in sessant’anni di viaggi hanno ottenuto davvero tanti risultati. Stavano via ogni volta dai 3 ai 6 mesi e non c\u2019erano i mezzi che ci sono oggi per comunicare! Potevano essere vivi o morti. Si sapeva che andavano \u201cl\u00e0\u201d e poteva essere in Niger o in Camerun… Per fortuna sono sempre tornati, nonostante i rischi corsi. Anche perch\u00e9 nel tempo hanno affinato la tecnica rispetto al primo viaggio!\u00a0Mia mamma mi ha detto che, quando ero piccolo, ogni volta che vedevo un aereo nel cielo dicevo \u2018pap\u00e0!\u2019<\/strong>\u201d.<\/p>\n

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Riprende la parola Angelo Castiglioni<\/strong>: \u201cIl primo viaggio \u00e8 stato una grande avventura, ma quelli successivi non sono stati da meno, anche se ci siamo organizzati meglio! \u00a0Ad esempio, una volta abbiamo viaggiato con un mercantile francese – allora venivano usati come mezzi di trasporto – che faceva scali commerciali\u00a0 in tutti gli stati che si affacciavano sul Golfo di Guinea.<\/p>\n

Con questo mercantile siamo arrivati fino in Camerun e l\u00ec abbiamo scoperto un mondo fermo nel tempo<\/strong>. Con tutti i mezzi possibili e immaginabili siamo saliti fino a Nord, quasi al confine con il Ciad e l\u00ec siamo entrati a contatto con una popolazione paleonegritica<\/strong>: a quei tempi vivevano completamente nudi, uomini e donne. Era un mondo ancestrale, vecchissimo, fermo nel tempo. Era una pagina di storia; in queste popolazioni vedevamo il nostro passato. Poich\u00e9 c’era poco di scritto su di loro, si sapeva poco e \u2013 soprattutto – non c’era alcun filmato n\u00e9 fotografia, abbiamo pensato di fermarci per qualche mese sulle montagne del Nord Camerun e devo dire che \u00e8 stata un’esperienza incredibile, dove abbiamo scoperto le tradizioni legate alla morte e alla nascita\u201d<\/strong>.<\/p>\n

\u201cVoglio proprio raccontarvi di un momento che abbiamo vissuto con la gente del posto: un parto.<\/strong> Il parto \u00e8 un atto fisiologico, ma l\u00ec esiste tutta una serie di rituali che precedono e seguono questo momento. <\/strong>Siamo saliti su una montagna, cosa non facile perch\u00e9 era notte e faceva molto freddo. Abbiamo aspettato con fatica che una donna partorisse. Il fatto di essere rimasti tanto tempo fermi con loro ci ha permesso di entrare a far parte del gruppo: non ci consideravano pi\u00f9 estranei<\/strong>. Cos\u00ec abbiamo visto il parto e per noi, 22enni, \u00e8 stato quasi uno shock! La donna avrebbe partorito sullo stesso sasso \u201cmagico\u201d su cui partorivano tutte le donne del villaggio. La partoriente veniva aiutata dalle altre, in particolare dalle anziane e da una sorta di \u201clevatrice\u201d, che la sostenevano per le spalle, mentre apettavano che nascesse la piccola, perch\u00e9 quella volta era una femmina. Il rituale \u00e8 stato complicato, perch\u00e9 la bimba non riusciva a nascere, allora hanno chiamato il marito. Gli uomini, in realt\u00e0, non partecipano a questi riti femminili, ma nel momento della difficolt\u00e0 il padre, come depositario della cultura religiosa del gruppo, \u00e8 andato in cima a una collina e, nel buio assoluto, ha invocato l’aiuto degli antenati, dei morti<\/strong>. Si dirigeva verso i quattro punti cardinali e diceva le sue preghiere. Poi, fatta la sua parte, \u00e8 tornato a dormire!\u201d.<\/p>\n

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\u201cMa i problemi non sono finiti e, allora, \u00e8 entrata in campo la magia<\/strong>: la vecchia \u201costetrica\u201d ha preso un pulcino, gli ha inciso il collo e ha fatto colare del sangue sul ventre della partoriente, in una sorta di magia di richiamo: il sangue del pulcino richiamava il sangue del parto. E, finalmente, la bambina \u00e8 nata. Bianca, perch\u00e9 i neri nascono bianchi. C’\u00e8 stato tutto il rituale del taglio del cordone ombelicale. La \u201cfattucchiera\u201d ha aiutato la piccola a respirare prendendo in bocca naso e bocca e poi l’ha bagnata per provocare il pianto. E\u2019 stato un rituale molto interessante.<\/p>\n

Marco Castiglioni<\/strong> ricorda che \u201cc’\u00e8 un altro risvolto dietro questa nascita. Il pap\u00e0 e lo zio, filmavano tutti questi rituali \u2013 le pellicole sono tutte conservate al Museo Castiglioni<\/strong> \u2013 e, per aiutarli, li seguiva un ragazzo che avevano incontrato da dei missionari e conosceva un po\u2019 di francese. Lui aveva il compito di ricaricare la macchina con la pellicola. Mio padre gli diceva in francese \u2018dammi la telecamera, donne moi la camer\u00e0\u2019. E che nome \u00e8 stato imposto alla bimba? \u2018Camer\u00e0\u2019. Quindi oggi, sui monti del Camerun, c’\u00e8 una signora settantenne che si chiama \u2018Camer\u00e0\u2019!\u201d.<\/strong><\/p>\n

“Infatti – aggiunge Angelo Castiglioni – i Matakan del Camerun portano i nomi di avvenimenti speciali<\/strong>. Molte donne si chiamavano \u2018Zarai\u2019, che vuol dire cavalletta, ed erano nate proprio in un periodo di migrazione di sciami di questi insetti che mangiavano tutto il raccolto. Una cosa che mi ha molto colpito \u00e8 stato il fatto che poi sono stati tratti gli auspici per vedere se la bambina avrebbe avuto una vita lunga e felice o sarebbe morta prima del tempo<\/strong>, perch\u00e9 \u2013 purtroppo \u2013 la mortalit\u00e0 era molto elevata. Allora il capovillaggio ha tracciato un cerchio sulla sabbia e poi ha preso dell’acqua e l’ha fatta cadere a gocce dall’alto. Tutti\u00a0 i componenti del villaggio lo circondavano, attenti. La goccia, toccando suolo, si spezzava. Se gli schizzi restavano dentro al cerchio la vita sarebbe stata lunga e felice, con tanti figli. Ma se gli schizzi uscivano dal cerchio tutti si mettevano a piangere e gridare, perch\u00e9 i presagi erano negativi\u201d.<\/p>\n

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\u201cAbbiamo deciso di fissare questi momenti perch\u00e9 stava cambiando tutto<\/strong>. C’era \u00a0una modifica in atto. Noi siamo andati in Camerun nel 1960, quando il paese era passato dall\u2019essere un protettorato francese all’indipendenza. Abbiamo assistito anche a un cambiamento di tipo politico e alle guerriglie e alle lotte interne nate per prendere il potere: i diversi gruppi etnici lottavano tra loro. Questi mutamenti erano molto rapidi e io e mio fratello abbiamo pensato che valesse la pena di preservare il ricordo del passato, di ci\u00f2 che stava scomparendo<\/strong>\u201d.<\/p>\n

\u201cUna delle cose che ci ha spinti a fare questo tipo di ricerca sono state le parole di L\u00e9opold Senghor<\/strong>: un grande poeta, oltre che presidente del Senegal. Senghor \u00e8 stato primo nero, il primo africano, a entrare nell’Accademia di Francia<\/strong>. L\u2019Accademia di Francia\u00a0 era riservata ai bianchi, ma lui \u00e8 riuscito a farne parte. Ha detto una frase bellissima: \u2018uomini bianchi, andate nelle mie terre, negli sperduti villaggi e parlate con gli anziani depositari della tradizione, i gri\u00f2, che sono i cantastorie. Il sapere \u00e8 dentro la loro testa. Poich\u00e9 non esiste una tradizione scritta, ma solo quella orale, quando questi anziani moriranno \u00e8 come se per voi bruciassero tutte le biblioteche<\/strong>\u2019\u201d.<\/p>\n

Tornando in Italia Angelo Castiglioni, che per noi \u00e8 un gri\u00f2 bianco<\/strong>, conclude questo suo ricordo sottolineando che \u201cun\u2019importante amicizia e umana e lavorativa \u00e8 stata quella con il professor Guglielmo Guariglia che era direttore dell’Istituto di Antropologia Culturale e di Etnologia all’Universit\u00e0 Cattolica di Milano<\/strong> – era docente di cattedra. Con lui e con la sua assistente Giovanna Salvioni<\/strong>, che ha preso il suo posto quando \u00e8 mancato, ci trovavamo per risolvere problemi e quesiti che nascevano durante le nostre ricerche. \u00a0 \u00a0 Noi documentavamo tutto, ma poi volevamo anche capire perch\u00e9 accadevano certe cose<\/strong>\u201d.<\/p>\n

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E, infine, belle le parole di Marco Castiglioni che afferma: \u201ctutto quello che so di etnologia ed archeologia \u00e8 frutto dei ricordi di mio padre mio zio<\/strong>. Stavano via a lungo, mesi e mesi, ma quando tornavano mi raccontavano cose meravigliose, che i miei coetanei non avevano il privilegio di poter ascoltare. Erano avventure vissute, uno sguardo da dentro, un contatto diretto con un mondo sconosciuto\u201d.<\/p>\n

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