{"id":41250,"date":"2017-07-21T18:02:29","date_gmt":"2017-07-21T16:02:29","guid":{"rendered":"http:\/\/artevarese.com\/?p=41250"},"modified":"2017-11-30T18:03:42","modified_gmt":"2017-11-30T17:03:42","slug":"galdino-da-varese-tra-moda-e-devozione","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/galdino-da-varese-tra-moda-e-devozione\/","title":{"rendered":"GALDINO DA VARESE.TRA MODA E DEVOZIONE"},"content":{"rendered":"\n\n\n\n
Riportati in luce<\/strong> negli anni ’60<\/strong> dal noto restauratore varesino Carlo Alberto Lotti <\/strong>i numerosi affreschi di Santo Stefano custodiscono secoli di storia varesina.<\/span><\/td>\n<\/tr>\n
\n\n\n\n
Tutto ebbe inizio nel lontano Aprile del 1964<\/strong> (come forse pochi ricordano), quando a Varese si costitu\u00ec l’iniziativa \u00abItinerari\u00bb<\/strong>, promossa dal restauratore Lotti<\/strong> e dall’architetto Alberto Ferrari.<\/strong>
\nI due diedero cos\u00ec inizio a un vero e proprio tour de force nel Varesotto<\/strong> volto in primis alla ricerca e alla scoperta di quel vasto patrimonio artistico che andava sempre pi\u00f9 diminuendo, per il passare del tempo, ma anche per l’inarrestabile incuria degli uomini.<\/span>Fu il rione di Bizzozero<\/strong>, con la sua chiesa di Santo Stefano<\/strong> (e il suo frescante sconosciuto Galdino Da Varese<\/strong>) la loro prima meta (che \u00e8 per noi la seconda).
\nLa chiesa romanica<\/strong> conserva al suo interno, precisamente nella cappella devozionale dedicata a Santa Maria<\/strong> a destra dell’ingresso principale, un ciclo affrescato risalente al 1498<\/strong> e riconosciuto, grazie alle targhe dipinte nei sottarchi laterali della cappella, come frutto della collaborazione tra il maestro Galdino da Varese e Giovanni Battista De Prioris<\/strong>.
\nSulla parete in corrispondenza dell’ingresso della cappella \u00e8 dipinta una Madonna del latte<\/strong> (in greco Galaktotrophusa), un’immagine di forte valore devozionale venerata nel XV secolo in tutto il circondario di Bizzozero, ai cui lati un Santo Stefano<\/strong> e una Madonna in trono con bambino<\/strong>, riportati alla luce dal Lotti nel 1964, completano la scena.<\/p>\n

<\/span>Nei sottarchi del ciborio sono dipinti, all’interno di finestrelle rettangolari, i mezzi busti di diciotto sibille e profeti <\/strong>disposti a gruppi di tre facilmente riconoscibili dalle targhette identificative alla base di ogni singola finestrella.<\/p>\n

Sulla volta i simboli dei quattro Evangelisti si affiancano ai tondi raffiguranti i quattro massimi Dottori della chiesa (San Girolamo, Sant’Agostino, San Gregorio e Sant’Ambrogio) e, come vuole la tradizione (si pensi alla vicina Rocca di Angera) l’Annunciazione<\/strong> \u00e8 dipinta sulla fronte dell’arco centrale accompagnata tutt’intorno da angeli musicanti. L’intero ciborio \u00e8, infine, decorato da formelle in cotto, largamente diffuse nel XV secolo.<\/p>\n

Attribuibile alla mano di Galdino \u00e8 anche quel che resta di una Madonna in trono con bambino<\/strong>, collocata tra altre pitture devozionali su un muro esterno alla cappella di Santa Maria e gli affreschi scialbati, riscoperti dal Lotti durante i lavori di restauro, dell’abside della chiesa.<\/p>\n

Lo studio approfondito condotto sugli affreschi di Galdino da Varese rese possibile anche unadescrizione dettagliata della moda di fine Quattrocento<\/strong>: elegante e aderente alle forme del corpo l’abbigliamento femminile e di valenza simbolica quello maschile. Se per la moda (come anche per le stoffe) Galdino rimase sempre fedele, seppure con qualche variazione, alla realt\u00e0, fu nei copricapi e nelle acconciature che diede libero sfogo alla sua fantasia. Eccentrici e stravaganti copricapi – cuffie, balzi, corna, selle, berrette, veli, frenelle, trecce, coazzoni, peducci – difficilmente riconducibili a un modello esistente, ornano le teste di sibille e profeti.<\/p>\n

Giulia Lotti<\/td>\n<\/tr>\n<\/tbody>\n<\/table>\n<\/td>\n<\/tr>\n<\/tbody>\n<\/table>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

Riportati in luce negli anni ’60 dal noto restauratore varesino Carlo Alberto Lotti i numerosi affreschi di Santo Stefano custodiscono secoli di storia varesina. Tutto ebbe inizio nel lontano Aprile del 1964 (come forse pochi ricordano), quando a Varese si costitu\u00ec l’iniziativa \u00abItinerari\u00bb, promossa dal restauratore Lotti e dall’architetto Alberto Ferrari. 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