{"id":34036,"date":"2016-11-23T05:56:26","date_gmt":"2016-11-23T05:56:26","guid":{"rendered":""},"modified":"2016-11-29T14:31:01","modified_gmt":"2016-11-29T14:31:01","slug":"gli-affreschi-giotteschi-tornano-visibili-in-digitale","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/gli-affreschi-giotteschi-tornano-visibili-in-digitale\/","title":{"rendered":"Gli affreschi “giotteschi” tornano visibili in digitale"},"content":{"rendered":"
La tecnologia è ancora una volta al servizio dell'arte. Ne abbiamo avuto l'ennesima dimostrazione, ammirando gli affreschi della "Grande Sala Dipinta di Giovanni Visconti<\/strong>" al Palazzo Arcivescovile di Milano, attribuiti a pittori lombardi che si rifacevano a Giotto e che sbalordivano i contemporanei dei Visconti.<\/div>\n
Grazie all'innovativo progetto del City Innovation Lab<\/strong> dell'Alta Scuola Impresa e Società dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, insieme al dipartimento di Storia, archeologia e storia dell'arte, e in collaborazione con Thingk del Politecnico di Milano, possiamo ammirare un po' di questa bellezza viaggiando, grazie alla fedele riproduzione digitale<\/strong>, dentro il ciclo di dipinti, di cui si possono ammirare nella piattaforma "Milano-Augmented Identity<\/strong>" i dettagli.<\/div>\n
Un frammento di questi affreschi trecenteschi l'avevamo potuto ammirare da vicino nell'importante mostra "Arte lombarda dai Visconti agli Sforza<\/strong>", curata da Serena Romano<\/strong> docente di Storia dell'Arte Medievale all'Università di Losanna, e Mauro Natale.<\/div>\n
È stata lei, infatti, a studiarli appena sono stati ritrovati,<\/strong> datandoli "attorno al 1340, quindi subito dopo la presenza di Giotto a Milano, che fu la chiave di volta del cambiamento culturale voluto da Azzone Visconti. Milano era una delle più splendide tra le capitali della cultura del Trecento" e riconoscendo nel tema, la fondazione di Roma, il progetto propagandistico perseguito da Azzone e dallo zio Giovanni, vescovo di Milano e poi suo successore nel governo della città. <\/strong><\/p>\n

Tale progetto era perseguito anche attraverso il lusso delle loro dimore<\/strong>, specie quella di Giovanni (l'attuale Palazzo Arcivescovile), che stupì anche Francesco Petrarca, reduce dalla Corte papale di Avignone, quando nel 1353 lo visitò, e vi riconobbe il fasto di una "reggia": "Vi è una gran sala, scrisse, con i muri e le travi coperti d'oro, meravigliosa nel suo grande splendore". <\/p>\n

"Il palazzo di Giovanni – spiega Serena Romano – era un'immensa residenza dell'arcivescovo<\/strong> e degli uffici della curia, che Giovanni realizzò nel corso di circa dieci anni, fra il 1335 e 1345. La parte del palazzo dove si trova il salone è probabilmente quella finita entro il 1338; il ciclo dipinto appartenne agli anni in cui Giovanni, diventato signore della città dopo la morte di Azzone nel 1339, e arcivescovo a pieno titolo nel 1342, lanciava il suo programma di propaganda per immagini nella città ormai totalmente sotto controllo". <\/p>\n

Un ciclo "profano" <\/strong>dunque dall'alto valore simbolico e dal chiaro messaggio politico. Una storia in cui Giovanni desiderava per certi versi "identificarsi", con i due fratelli che lottano contro gli usurpatori fino a fondare un nuovo regno destinato a dominare il mondo nei secoli, vista quale metafora delle vicende dei Visconti, cacciati, scomunicati, ma infine ritornati come signori di una "nuova" Milano.<\/p>\n

Di quella ricchezza si credeva che tutto fosse andato perduto<\/strong> nelle molte trasformazioni subite dal palazzo, specie in epoca borromaica; invece all'inizio del XX secolo apparvero alcuni lacerti di affreschi trecenteschi. Pochi altri comparvero nel secondo dopoguerra, ma quasi indistinguibili, e solo di recente ne sono apparsi i nuovi, vasti brani. <\/div>\n

La loro reale riscoperta è invece di pochi anni fa, ed è anche legata a una pura casualità<\/strong>: nel 2011 un canale di gronda ostruito ha fatto tracimare l'acqua nel muro di mattoni e ha fatto fiorire la superficie a tempera portando alla luce una figura femminile, a fianco di un grande camino. <\/div>\n
Convocati esperti e studiosi, è stato subito chiaro che si era davanti a un lavoro pregiato<\/strong> il cui recupero era indispensabile per aggiungere un tassello importante alla storia dell'arte milanese, quella in cui Azzone Visconti si adoperava per rendere la città al passo con i più raffinati centri europei. Si è quindi cominciato il recupero e il restauro (che è ancora in corso), <\/strong>sostenuto dagli studi di Serena Romano e del professor Marco Rossi dell'Università Cattolica.<\/p>\n

Accertato il tema del ciclo pittorico, e individuati i tempi della sua realizzazione (entro il quarto decennio del XIV secolo), resta ancora da definire chi ne fu l'autore.<\/strong> Il primo a occuparsene, Pietro Toesca, parlò di un seguace di Giotto, "interamente educato all'arte fiorentina".<\/div>\n

Ma la Wittgens, e più recentemente la Castelfranchi Vegas, hanno pensato a un modello riconducibile a Lorenzetti e ai suoi lavori nella basilica di Assisi. Così come innegabili sono alcune consonanze stilistiche tra questi frammenti e i coevi dipinti prodotti alla corte avignonese.<\/p>\n

Secondo Serena Romano<\/strong> "il gruppo di pittori attivo per Giovanni Visconti mostra alcuni significativi punti di contatto con le opere storiograficmanete riferite a Stefano fra Assisi, Pisa e Chiaravalle, ma anche forti nessi con la cultura di corte avignonese, come indicano gli scorci e le prospettive, nonchè le sue preziosità materiche e soprattutto una già raggiunta autonomia, specie per le scelte formali vigorosamente plastiche e per il naturalismo stupefacente delle scene ancora in situ". <\/p>\n

Nomi certi, è evidente, non se ne possono fare, <\/strong>in mancanza di ulteriore documentazione. Ma alla luce delle nuove indagini, considerando il gusto per lo scorcio e il dinamismo narrativo delle scene, le scelte formali vigorosamente plastiche e i preziosismi materici, "si può pensare a maestranze locali di alto livello – conclude Serena Romano- capaci di innestare il celebre, e a questo punto precocissimo, naturalismo lombardo<\/em> nell'alveo della grande pittura di matrice giottesca".<\/p>\n

La visione che ebbe dunque Petrarca della "grande sala dipinta di Giovanni Visconti" è un'esperienza non più replicabile, per noi oggi. Ma possiamo almeno immaginarne lo splendore, partendo da pochi, mirabili frammenti e aiutati dalla moderna tecnologia.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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