{"id":33158,"date":"2015-10-24T08:37:52","date_gmt":"2015-10-24T08:37:52","guid":{"rendered":""},"modified":"2015-11-19T11:58:19","modified_gmt":"2015-11-19T11:58:19","slug":"dietro-il-velo-della-luce","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.artevarese.com\/dietro-il-velo-della-luce\/","title":{"rendered":"Dietro il velo della luce"},"content":{"rendered":"
Si intitola "Iconica-Analitica<\/strong>" la mostra personale di Juan Eugenio Ochoa<\/strong>, vincitore del Premio GhigginiArte Giovani 2015. Nato in Colombia nel 1983, laureatosi in Medicina, Ochoa è oggi ricercatore in Cardiologia presso l'Università degli Studi di Milano-Bicocca. Nel 2013 ha conseguito a Brera il diploma del Biennio specialistico in Pittura. <\/div>\n
L'attuale evoluzione della ricerca di Ochoa<\/strong> è presentata da Claudio Cerritelli, critico, storico e docente di Storia dell'Arte Contemporanea presso l'Accademia di Belle Arti di Brera che tra l'altro così descrive nel testo Luce e profondità<\/em><\/strong> l'opera del giovane artista: "Se all'inizio del percorso Ochoa definiva la sua ipotesi rappresentativa con il termine "lirica-analitica", magico punto d'incontro tra realtà osservata e forma immaginata, nella recente serie di opere si potrebbe parlare di una linea "iconica-analitica", sintesi astratto-figurale, duplice soglia mentale del dipingere, in bilico intorno al lento disvelarsi dell'immagine, misterioso luogo di slittamenti e variazioni percettive che seducono lo sguardo".<\/div>\n
Quando nasce la passione per l'arte?<\/strong><\/div>\n
Molto presto, da bambino, quando ho iniziato ad articolare i primi segni, rispondendo a quella che si potrebbe chiamare non solo una passione ma una vocazione: quella della pittura.<\/div>\n

Parliamo delle tue opere. Se dovessi definire la tua pittura a un profano dell'arte, cosa diresti?<\/strong>
La mia pittura verte su un processo di creazione molto tradizionale. I lavori nascono strato per strato rispettando i principi della pittura ad olio e mostrando un riguardo e uno studio verso la storia dell'arte. Tuttavia, per quanto il metodo sia rigoroso, c'è sempre una parte non del tutto programmata che rende il quadro aperto alla trasformazione, all'imprevisto. Il mio lavoro intenta a trovare ad una ridefinizione di una immagine che si trasforma progressivamente durante il fare pittorico tramite la sovraposizione di altre immagini o di velature di colore, che coprono o esaltano selettivamente la morfologia dei soggetti di partenza. Un pigmento copre l'altro, del sottostante porta con sé una sorta di me­moria fisica mentre del vicino ne accentua o ne smorza certi timbri. La struttura dell'immagine iniziale è scossa dalla sua stabilità per mettersi in movimento e in trazione e articolarsi in un sistema complesso di accordi reciproci. Al termine, le immagini di partenza perdono le tracce dell'identità ma solo per portare ad altre possibili identità, pur rimanendo in uno stato di sospensione, ai confini di se stessa, al punto di rivelarsi. Mettendo in risalto il carattere sfuggente dell'immagine, creo opere in cui spazio astratto e forma umana convivono e si fondono in un'atmosfera sognante e rarefatta.<\/div>\n

Come nascono i tuoi lavori? <\/strong>
Le immagini di partenza delle mie opere possono venire da scatti fotografici ritrovati negli albums familiari, nei libri della storia dell'arte o da immagini digitali trovate su internet. Tuttavia, l'elaborazione dei dipinti segue un processo molto tradizionale in quanto l'immagine è costantemente sottoposta alle regole e alle procedure della pittura a olio, rigorosa scelta tecnica che ho fatto per esaltare il valore delle trasparenze e la qualità della luce dipinta. La morfologia dell'immagine non è mai precedentemente stabilita tramite l'esecuzione di uno studio preparatorio: il quadro è un organismo che cresce sotto le mie mani. Alle immagini di partenza, si sovrappongono gradualmente altre immagini, in un processo di stratificazione pittorica. Nell'ultima fase realizzativa, trasparenze e velature di luce e di colore si assestano ulteriormente in determinate zone dell'immagine a intervalli irregolari dando luogo a strutture di colore ad alto potenziale generativo, attivando dinamicamente lo spazio bidimensionale della superficie. In questo modo si assiste a una trasformazione costruttiva dell'immagine, la quale, anziché trovare una nuova identità, afferma il suo carattere mutevole, la sua "vita" paradossale e la sua natura di "fantasma". <\/div>\n

Cosa vuoi raccontare attraverso i tuoi dipinti?<\/strong>
In realtà quello che interessa nella mia pittura non è la riconoscibilità del soggetto ma l'energia dello spazio-luce in cui l'immagine è immersa. La sovraposizione di trasparenze e veli luminosi avvolge il profilo morfologico dell'immagine allontanandola da una precisa definizione, dalla possibilità di essere riconoscibile. A emergere dalle trasparenze dei quadri è il mistero primordiale dei volti, i quali appaiono nello spazio evanescente del quadro sempre sul punto di rivelarsi, ma rimangono sospesi al confine di se stessi, lontani da ogni rivelazione: è il processo stesso del rivelare quello che conta. Ogni dipinto è un messaggio parzialmente svelato che ha come funzione operare una selezione tra un "insieme di stati possibili". Nello spazio dei quadri anche il fattore tempo ha un suo ruolo preciso: la percezione delle strutture cromatiche, che producono incertezze dello sguardo, richiede un certo tempo per assestare e comprendere l'evento pittorico a cui siamo invitati. La proposta è una sfida, soprattutto in tempi di fretta come i nostri. Partendo da un'immagine che io definisco non surreale ma ipo-reale (ovvero immagine vista come potrebbe percepirla un miope o uno strabico) invito a chi è davanti al quadro di non solo guardare ma vedere oltre.<\/div>\n

"Lirica Analitica" non è solo il titolo dell'opera presentata per il Premio Ghiggini, ma un programma di lavoro portato avanti negli anni. Puoi parlarcene?<\/strong>
Lirica-Analitica, è stato il nome con cui ho intitolato le mie prime ricerche in pittura durante il periodo di formazione presso l'Accademia di Belle Arti di Brera, la riflessione sulle proprietà del colore e sulle strutture compositive è stata l'orizzonte di riferimento iniziale per apprendere i fondamenti della disciplina pittorica. L'interesse per il colore-luce si è in seguito sviluppato attraverso la conoscenza storica delle ricerche pittoriche contemporanee, dagli alfabeti dell'astrattismo alle implicazioni scientifiche della percezione, dal costruttivismo geometrico alle conseguenti forme dell'arte aniconica. Partendo dalle componenti basiche del colore e lavorando su strutture compositive primarie, ho avviato una ricerca sulle trasparenze del colore in rapporto all'aspetto strutturale della forma attraverso la sequenza di fasce cromatiche disposte verticalmente per far emergere il rigore strutturale della forma astratta, e per affermare il primato della superficie bidimensionale. Dopo questa fase di costruzione aniconica, ho sviluppato la compresenza di due piani di configurazione cromatica, un versante astratto-strutturale e un referente iconico figurale. Dalla reciproca tensione di questi elementi apparentemente inconciliabili, è nata la possibilità di unificare la percezione del campo astratto e la morfologia della forma umana, basato sulla sovrapposizione astrazione e figuralità. In questo sistema, è il rapporto fra spazialità costruttiva e codice figurale a determinare la soglia del visibile come continua interrelazione tra superficie e profondità, tra velo luminoso del colore e apparizione di figure indistinte e fantasmatiche. <\/div>\n

Dipingere per alcuni è un atto liberatorio, c'è chi lo considera addirittura un momento di pura magia, nel tuo caso cosa rappresenta?<\/strong>
La pittura è un mezzo attraverso il quale il pensiero e l'azione concettuale possono essere rappresentati. Vista da un punto di vista fenomenico, può essere anche un momento di epifania della luce e del colore, ove si assiste alla trasfigurazione delle forme e alla manifestazione di qualcosa non del tutto programmata. In un piano più personale, vedo il dipingere come un attimo di sospensione meditativa, di pura contemplazione, che può assumere una dimensione spirituale ed intima. Non penso la pittura come un mezzo per affermare o rappresentare ideologie e chiudere un discorso, ma come la possibilità di aprire sempre nuovi orizzonti. Assumo il mio ruolo di pittore, come un mediatore, che cerca continuamente di collocare l'immagine tra mondo immaginifico e realtà, non svelandola ma restituendole il suo mistero primordiale. <\/div>\n

Bruno Munari diceva " L'arte è ricerca continua, assimilazione delle esperienze passate, aggiunta di esperienze nuove, nella forma, nel contenuto, nella materia, nella tecnica, nei mezzi." Cosa ne pensi a riguardo? Quanto le tue esperienze ti hanno influenzato e in che modo si ritrovano nelle tue opere?<\/strong>
L'arte per me è sinonimo di ricerca, e l'atelier, un vero e proprio laboratorio. Tuttavia, a differenza della ricerca scientifica, l'arte non segue sempre un percorso lineare\/accumulativo\/evolutivo come la ricerca scientifica. È un sistema di pensiero ancora più complesso e sofisticato che sfugge ad ogni tentativo di essere spiegata con gli strumenti del metodo scientifico. È proprio li, nel suo mistero, nell'impossibilita di essere spiegata che risiede il valore sociale dell'arte. L'artista abita dunque eternamente nel mistero: la sua esistenza non è più che un continuo cercare di senso a una vita nella soglia fra corpo e anima, fra frivolezza e spiritualità, fra finito e infinito. Nell'era della visione digitale, seguire il ritmo delle immagini, celermente propugnate dalle rumorose operazioni del sistema mediatico è tutta una sfida, soprattutto quando non c'è più né il vuoto, né la pausa, né il silenzio. In questo flusso inarrestabile d'immagini, dove tutto insorge e trasmuta aprendosi all'avvenire, è difficile, se non impossibile individuare un'immagine, che da sola sia in grado di riflettere lo spirito della nostra epoca. Nell'impossibilità di trovare una sola visione della realtà in questo continuo succedersi d'immagini, non resta che seguire il film del mondo risultante dal loro montaggio, e disseminare lo sguardo all'infinito delle possibilità. Sperimentare fino in fondo l'anarchia, l'assenza di principio, e l'instabilità visiva, proprie della cultura contemporanea. Per leggere, per vedere e per immaginare il nostro mondo in modo nuovo, occorre iniziare un vero e proprio processo di ricerca, depurare ciò che vediamo da ciò che sappiamo, formare di nuovo la visione in un totale coinvolgimento a ogni livello dei sensi, ma superando le misure del sensibile e andando oltre il vedere, oltre la "aestesis". Essenziale per la ricerca artistica, diventa dunque la capacità di vedere l'arte come attesa, e non come conferma ai saperi precostituiti. Perché e proprio dal fondo dell'ignoto che emerge l'inattesa novità. Uno sguardo rinnovato, deve inevitabilmente portare a un nuovo stato di pensiero, poiché attenendosi al solo vedere, si può anche conoscere di nuovo, e non il contrario. Sotto il sole dell'arte contemporanea, nonostante la vasta produzione, si ha la sensazione che dopo avanguardie, neoavanguardie e postavanguardie, non ci sia qualcosa di nuovo da vedere che non abbia il sapore del deja vù. Per approcciare e apprezzare la complessità dei fenomeni dell'arte contemporanea, è insufficiente applicare i criteri tradizionali del "bello" o del "bene", e la chiave di lettura non la troveremmo più nella memoria remota della cultura visiva, ne ritornando alla sfera auratica dell'arte. Bisogna aprocciare l'arte contemporanea a partire dalla figura dell'artista- ricercatore, che va al di là di ogni calcolo, di ogni retorica, di ogni narratologia, di ogni semiotica, di ogni codice prestabilito rompendo lo strato che arresta la visione dentro al clichè, al contesto culturale, alla lettura semiotica. Il destino dell'artista e quindi cercare e ricercare continuamente l'immagine del mondo, e la sua ossessione è trovare l'immagine più difficile da vedere: L'immagine di se stesso.<\/div>\n

Quali sono gli artisti contemporanei italiani\/stranieri dei quali ammiri il proprio lavoro?<\/strong>
Per la mia tesi di laurea a Brera ho realizzato un‘indagine sulla Pittura Analitica, area di ricerca che negli anni Settanta del secolo scorso è stata caratterizzata da esperienze disseminate in Italia e in Europa. In particolare, l'approfondimento su alcuni caratteri della pittura analitica quali Carlo Battaglia, Riccardo Guarneri, Claudio Olivieri, Claudio Verna (Italia), Claude Viallat, Daniel Dezeuze, gruppo Supports\/Surfaces (Francia), David Leverett , Alan Charlton (Inghilterra); Georg Baselitz, Penck, Markus Luppertz, Winfred Gaul , Bernd Koberling, Sigmar Polke, Gerhard Richter (Germania) è servita per assimilare le ragioni del dibattito sulla pittura e sulle prospettive del suo ruolo nell'arte contemporanea.<\/div>\n

Cosa pensi del futuro dell'arte in Italia? <\/strong>
Il futuro e il mondo esterno vengono nominati solo in quanto conseguenze di un passato sempre più sentito e importante. In questo senso la "Grande Arte Italiana", rappresenta per gli artisti contemporanei un enorme punto d'appoggio su cui far leva, un'ancora nel caos contemporaneo. Tuttavia, il futuro dell'arte Italiana non si può trovare solo nel rimpianto e la malinconia per un arte grandiosa e insuperabile che fu, ma mettendo in gioco la più grande potenza della quale il paese dispone attualmente, il "saper fare" degli italiani stessi. Gli artisti Italiani devono dunque guardare dentro, quindi, cercare in se stessi uno stimolo chiaro, trovare un punto fermo nella propria persona, e nuovi orizzonti su cui puntare.<\/div>\n

Vuoi anticiparci qualche progetto o evento futuro?<\/strong>
All'inizio del mio percorso definivo la mia ipotesi rappresentativa con il termine "lirica-analitica", punto d'incontro tra realtà osservata e forma immaginata. Nella serie di opere presentate alla mia recente personale presso la galleria Ghiggini si potrebbe parlare di una linea "iconica-analitica", sintesi astratto-figurale, duplice soglia mentale del dipingere, in bilico intorno al lento disvelarsi dell'immagine, misterioso luogo di slittamenti e variazioni percettive che seducono lo sguardo. E proprio su questa sottile soglia fra l'iconico e l'aniconico, il visibile e linvisibile che vorrei stare a lavorare durante i prossimi anni. <\/div>\n
***<\/div>\n
Contemporaneamente, sarà possibile approfondire l'attività di Adua Martina Rosarno<\/strong>, vincitrice della VII edizione del premio ArteVarese 2015. A lei è dedicata una mostra online, visitabile da questo link. <\/div>\n

ICONICA-ANALITICA
JUAN EUGENIO OCHOA <\/strong>
Vincitore Premio GhigginiArte XIV edizione<\/em>
1-22 novembre 2015
Galleria GHIGGINI 1822, via Albuzzi 17, Varese
Orario: da martedì a domenica 10-12.30 \/ 16-19
Info: 0332.284025 galleria@ghiggini.it
Inaugurazione: sabato 31 ottobre ore 18<\/em><\/div>\n

Si intitola "Iconica-Analitica" la mostra personale di Juan Eugenio Ochoa, vincitore del Premio GhigginiArte Giovani 2015. Nato in Colombia nel 1983, laureatosi in Medicina, Ochoa è oggi ricercatore in Cardiologia presso l'Università degli Studi di Milano-Bicocca. Nel 2013 ha conseguito a Brera il diploma del Biennio specialistico in Pittura. 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